C’era una volta, tanto tempo fa, un regno in cui le genti per le strade esclamavano a gran voce: “Sei alto, allora giochi a basket!”.
In quei giorni, la pallacanestro era considerata principalmente un sport per i tanto temuti giganti e, nel reame NBA, circolavano poderosi eroi di mastodontica mole che con il loro coraggio si impegnavano a combatterli in epiche battaglie.

[Fast Forward]

Questa invece, è la storia di un folletto.
Un folletto che ha trovato un quadrifoglio nella cittadina di Boston.

Senza rovinarvi il finale, sappiate solamente che non è detto che tra folletto e quadrifoglio, il solo fortunato sia necessariamente il folletto; magari citofonate a qualche tifoso Celtics per sapere cosa ne pensa.

[Flash Back]

Come nella migliore delle storie in cui l’eroe non è mai baciato dalla fortuna fin da subito, si può dire che anche Isaiah Thomas non sia stato fornito del miglior equipaggiamento possibile per affrontare queste epiche battaglie.
Quando sei alto poco più di un metro e settanta, probabilmente già da adolescente cominci a farti un’idea di quali dovranno necessariamente essere le tue armi.
Non c’è scelta. Non ci saranno centimetri o chili che potranno aiutarti contro nessuno: dal liceo fino all’università, se mai ci arriverai.
L’NBA? Un sogno lontano tanti centimetri… davvero tanti.

Eh già, un sogno.
Forse è il sogno di un liceale che, a dispetto delle abilità cestistiche (31,2 punti nell’ultimo anno di liceo), già immagina che la strada verso il successo potrebbe essere un po’ più avventurosa di quanto non lo sia per tutti gli altri personaggi della storia.
D’altra parte essere un folletto, in uno sport da giganti, non ti apre tante porte; però, in alcuni rari casi, potrebbe aprirti quelle giuste, come quella che lo ha condotto in quel di Washington.

Noto agli scout della nazione, ma di certo non annunciato come il condottiero che avrebbe portato onore e gloria in qualunque ateneo dei 52 stati (listato come 92esimo miglior prospetto del 2008), Thomas trova la sua nuova dimensione universitaria come membro della squadra degli Huskies.

Nei suoi tre anni a Washington, Isaiah, come anche al liceo, mostra a tutti cosa è in grado di combinare quando è armato di un pallone tra le mani, ma per l’ennesima volta, questa faccenda della statura sembra incombere sul suo destino come una specie di maledizione.
Ed anche in questa occasione, le porte cominciano a chiudersi.
Sono le 60 porte del draft NBA che, una dopo l’altra, paiono sbattersi inesorabili sul futuro del folletto.
Quando ormai tutto sembra perduto, l’ultima porta, quella più piccola, non si chiude, lasciandogli uno spiraglio per arrivare al traguardo tanto desiderato.

Sembra tutto un po’ triste, eh?
In realtà, un po’ meno del previsto da adesso in poi, a dire il vero.
Infatti, tra mille peripezie, passando per squadre in cui dimostra di poter far bene, ma senza trovare un vero ambiente che gli affidi completamente il comando di una squadra, la storia del nostro eroe giunge quindi, quasi per caso, nelle terre biancoverdi.

Sarà che i folletti sono fortunati, sarà che i folletti che trovano un quadrifoglio sono ancora più fortunati, resta il fatto che Isaiah Thomas nella stagione in corso, sta segnando per i suoi Celtics ben 29 punti a partita (considerando le sue prime 41 partite, esatto sparti acque di metà regular season).
Sì, avete letto bene: non 2, non 9, non 2+9 (che dovrebbe fare 11), ma assolutamente 29 (ventinove).
In una lega come l’NBA, dove ormai è quasi consuetudine essere prima un atleta e poi un cestista, l’impresa del #4 di Boston ha dell’incredibile.

Col grafico interattivo sottostante, da filtrare in termini di punti settando un range, potete rendervi conto della distribuzione per peso ed altezza di tutti i giocatori NBA contraddistinti da un cerchio tanto più grande quanto è alto il numero di punti che segnano ogni sera.


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Qualcuno potrebbe storcere il naso e dire:
“Grazie tante, ha sempre la palla in mano e di fatto è l’unico attaccante vero di Boston”.
Da un certo punto di vista, questo è vero nel senso che gran parte dell’attacco dei Celtics passa dalle sue mani; resta però il fatto che Thomas, come detto, gioca da folletto in una lega di giganti in cui comunque deve poi segnarli questi 29 punti.
Al che si potrebbe obiettare:
“Ah ok, vorrà dire che tirerà a dismisura e su tanti tiri qualcuno entrerà pure…”.

Valutando le percentuali di tiro del folletto biancoverde, non deve stupire quanto invece siano solide le sue cifre stagionali (46,1% complessivo al tiro), specialmente nei pressi del canestro dove normalmente stazionano energumeni a cui il buon Isaiah concede qualcosa come 30 centimetri e altrettanti chili.
Potete verificare distribuzione e percentuali di realizzazione per ogni zona del campo.


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Come in ogni storia che si rispetti, anche se questa forse non lo è più da almeno qualche paragrafo, ogni eroe notoriamente ha una figura di riferimento, un mentore, una specie di modello a cui rifarsi.
E questa storia non fa eccezione, quindi anche in questo caso c’è una fonte di ispirazione.

In questo improbabile Indovina Chi (sottotitolo, “segna tanti punti”), gli elementi in comune dovrebbero essere: davvero basso, non ha il cappello e segna dei trentelli come se non ci fosse un domani.
Detto che, tra i papabili, mi sento di escludere Pozzecco solo perchè non ha giocato nella NBA e perchè aveva i capelli rossi (senza il cappello), a occhio e croce mi rimane un unico candidato.

La risposta è La Risposta!

Da amante dei palindromi quale sono, spero abbiate apprezzato questo gioco di parole per introdurre niente meno che Allen Iverson, conosciuto anche come The Answer.
Esattamente come Thomas, a dispetto di un fisico assolutamente sottodimensionato, seppure performante dal punto di vista atletico, Iverson ha devastato per anni le difese delle squadre avversarie con risultati numericamente analoghi a quelli del playmaker dei Celtics.
Siccome ho preso in esame le prime 41 gare di Thomas, ho voluto paragonarle con le prime 41 di Iverson durante la stagione 2002/2003 nella quale AI aveva gli stessi 27 anni attuali di Isaiah.

Potete cimentarvi in questo paragone interattivo per scoprire quante gare i due abbiano registrato con almeno TOT punti, TOT assist e TOT rimbalzi: spostando le leve dei singoli parametri vedrete come e quando i due hanno collezionato gare che rispettano i tre criteri da voi impostati in modo da poterli paragonare alle loro medie stagionali complessive (sulle 41 gare esaminate).


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Qualcuno dal popolo grida:
“Non starai mica dicendo che Isaiah Thomas vale Allen Iverson? Tu non sai che, bla bla bla…”

Credo fermamente che nessuno di voi lo stia anche solo minimamente pensando.
Ma non tanto per una mancanza di rispetto nei confronti di Thomas, quanto invece per la riverenza alla carriera di Iverson, specialmente per il cuore che metteva in ogni gara, giocandola come se fosse l’ultima anche alla luce dei numerosi infortuni con i quali ha convissuto.

Paragonare una stagione, magari anche fin troppo produttiva nel caso di Thomas, con una carriera da fresco Hall of Famer è senza dubbio un’impresa davvero titanica, anche per la nostra storia.
Resta il fatto che da un punto di vista prettamente statistico, il paragone tra le due stagioni esaminate è quanto meno attendibile in termini di valori assoluti sebbene, come detto, non ha il minimo senso cercare di estrapolare dai numeri più di quanto essi non dicano.

Ma siccome questa è una DataStoria, con tutte le precauzioni del caso, diamo voce ai dati.
Se a livello di numeri assoluti le cifre di Thomas e Iverson si assomigliano parecchio, c’è un dettaglio che non può non apparire evidente: la media minuti giocati.
Da un lato, il #3 di Philly è stato per anni sinonimo di energia inesauribile dall’alto del suo minutaggio medio sempre attorno, se non superiore ai 40 minuti per gara; dall’altro, non si può dire invece lo stesso per il folletto della storia che normalmente gioca poco più di 30 minuti per partita.

Da qui, il passo è breve e probabilmente avrete già capito dove voglio arrivare: proviamo a normalizzare il minutaggio considerando le cifre rapportate ad un valore “standard” come i 36 minuti.

Inutile girarci troppo attorno: i 7 punti di scarto a favore di Thomas sembrano un abisso.

Il tutto però, può e deve essere contestualizzato.
L’attacco dei Celtics di questa stagione è sicuramente più strutturato e coinvolge maggiormente i giocatori di quanto potesse esserlo quello dei Sixers stagione 2002/03.
La conseguenza diretta, che trova ulteriore conferma nelle cifre mostrate, è che a parità di numero di tiri (20 contro 20,9) le percentuali saranno decisamente migliori, incrementando il boxscore come si può verificare dalla differenza nei punti segnati analizzata in precedenza.
E’ altrettanto vero però, che giocare più di 40 minuti ogni sera, in stile Iverson, si trasforma necessariamente in un maggiore affaticamento e che, spalmato su un’intera stagione, non può fare altro che influire sulla riduzione di efficienza di un giocatore per comprensibili ragioni.

Quindi, a prescindere da tutte le possibili e plausibili interpretazioni, è chiaro che lo spirito di questa analisi non è quello di decretare un ipotetico vincitore o sancire una inconfutabile uguaglianza tra due giocatori, quanto invece cercare di capire quanto moralmente possa aver influito sull’eroe di questa storia una figura come quella del suo ipotetico mentore.
Che poi qua, forse va a finire che di ipotetico c’è meno del previsto.

Giunti a questo punto, come ogni storia che si rispetti, anche questa dovrebbe avere un finale, possibilmente con lieto fine.
Qua però sorge un problema: la storia è tutt’altro che finita.

Nell’attesa che il destino del nostro folletto si compia, l’unica cosa che posso fare è ricordarvi che in tutte le altre storie che sentirete, di folletti, giganti o chi per loro, ci sarà sempre un eroe e che la sua gloria, di solito, partirà dal basso.

In questa storia forse, siamo partiti un po’ più in basso del normale.

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Fabio Fantoni

Nonostante sia stato una delle più grandi promesse della storia, quando si parla di basket sono decisamente più dominante davanti ad un computer. Specie se "do i numeri"

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