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Se hai la Effe nel cuore, probabilmente lo ricordi così
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Se invece vivi per le Vu Nere, facile che l’immagine che ti venga in mente sia questa
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Se, in particolare, sei Sasha Danilovic, lo rispetti, si, ma ogni volta che lo vedi ti ricordi di questa memorabile rissa
Se sei un appassionato di basket e non sei di Bologna, probabile che tu lo ricorda così
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Se non segui la pallacanestroe sei un uomo, forse lo conosci cosi (a voi l’ardua sentenza su chi sia “meglio” tra Carlton a Wild ed il Poz a Candid Camera con Samanthona De Grenet).
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Se non ti interessi di basket e sei una donna, forse invece potresti averlo conosciuto cosi

 

Tutto questo per rendere l’idea del fatto, se ce ne fosse bisogno, che stiamo per percorrere la storia di uno dei piu’ grandi personaggi dell’intera storia della pallacanestro italiana:

Carlton Ettore Francesco Myers

 

Nato a Londra, dove i suoi genitori lavoravano, il 30 Marzo 1971, Carlton si sposto’ in Italia, precisamente a Rimini, all’eta’ di 10 anni.

Fino a quando non si avvicino’ alla maggiore eta’, nessuno ancora aveva realizzato di trovarsi in presenza di una potenziale futura stella nel panorama cestistico nostrano.

Figlio di un musicista (il padre, giamaicano, suonava il sassofono), sembrava che quello che poi sarebbe diventato un pilastro del movimento italiano fosse destinato a seguire le orme paterne, dedicandosi principalmente a suonare, pur avendo pero’ scelto uno strumento diverso: il flauto.
Col passare del tempo pero’, fortunatamente per tutti noi, gradualmente il flauto ebbe la peggio e ad esso fu preferita la palla a spicchi: Carlton lascio’ la scuola di musica per dedicarsi a tempo pieno allo sport e gioco’ nelle file della Marr Rimini, nella seconda serie nostrana, a partire dal 1988.

Dopo due annate interlocutorie e di ambientamento, Myers esplose nel 1991-1992, con una media punti salita di ben 20.9 punti (da 5.9 a 26.8!) in una sola stagione, e mostrando l’abilita’ di fare bottino non solo a referto, ma anche negli scout reports, dove non capitava di rado che fosse anche tra i primi a rivello di rimbalzi portati a casa o di assist smazzati.
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Come avrete intuito, Carlton era pronto per il salto: nell’estate arrivo’ la firma con la Scavolini Pesaro.

Nella prima stagione, in 39 partite, 16.8 punti ad allacciata di scarpe ed una percentuale dagli allora 6.25 del 33.5%. Quella che poi sarebbe divenuta la rivalita’ sportiva piu’ importante della sua carriera (proseguendo poi a Bologna ma anche con le rispettive Nazionali), ovvero gli epici faccia a faccia con lo Zar Predrag “Sasha” Danilovic, vide scrivere il suo primo capitolo in Euroclub e, se siete nostalgici, qui sotto ne trovate il video

L’anno seguente, la percentuale di realizzazione da dietro l’arco balzo’ oltre il 40% (+7%), e la media punti sali a 25.1, annoverandolo definitivamente tra le guardie italiane piu’ letali che abbiano mai calcato il parquet.

 

Memorabile una dichiarazione del suo compagno di squadra Haywoode Workman che, vedendosi chiedere una domanda sul sistema di gioco della Scavolini, rispose candidamente come segue: “It’s pretty simple. It’s about giving the ball to Carlton so that he decides what to do with it at the right time”, ovvero “E’ piuttosto semplice. Si tratta di dare la palla a Carlton in modo che possa decidere cosa farci al momento giusto”. Semplicistico per certi versi, ma non lontano dalla realta’ ”.

Nella stagione 1994-1995, pero’, il rientro a Rimini, scendendo di una categoria. Menzionando quel periodo, e’ impossibile non ricordare la data del 26 Gennaio 1995: in una partita contro Udine, Carlton segno’ 87 punti. Si, avete letto bene: 87, frutto di 14 su 22 da 2, 9 su 12 da 3 e 32 su 35 dalla linea della carita’. Record italiano, ma non europeo, quello delle segnature fu condito inoltre da un altro record: 94 di valutazione, n-o-v-a-n-t-a-q-u-a-t-t-r-o.

Facile che i piu’ giovani che ci seguano, nel pensare ad una simile prestazione, se la immaginino come quella degli 81 punti di Kobe Bryant contro i Toronto Raptors.

Ebbene, una cosa in comune c’e’: a partire dal terzo quarto, avendo intuito che si trattasse di una di quelle serate che sarebbe facilmente potuta passare alla storia, tutti i compagni (ed inconsciamente anche lo staff) iniziarono a cercare quasi ossessivamente Carlton to “keep him going”. E il Celentano della pallacanestro italiana, cosi come l’altro fenomeno pocanzi menzionato che qualcosa a che fare con l’Italia ce l’ha avuto eccome, ovviamente non li deluse, schiaffeggiando la retina con la stessa foga con cui probabilmente voi vorreste schiaffeggiare Guido Bagatta.

(qualità video da sangue agli occhi)

 

Il capitolo successivo della sua carriera e’ celeberrimo, nonche’ il piu’ intenso: Bologna, sponda Fortitudo.

Subito beniamino della Fossa e dei tifosi, Carlton trascino’ la Effe in finale scudetto in tutte le prime tre stagioni, non riuscendo pero’ ad aggiudicarsi il titolo: sconfitte per mano rispettivamente di Milano nel ‘96, di Treviso nel ‘97 e della Virtus nel ‘98 con la celeberrima giocata da 4 punti del suo rivale Sasha Danilovic.

L’ultima delle 3 pero’, fu, per quanto possibile, una stagione comunque positiva, che vide la Fortitudo riuscire ad accaparrarsi e mettere in bacheca i primi trofei della sua storia: Coppa Italia contro Treviso e Supercoppa nazionale contro i cugini virtussini.

Il primo scudetto della storia non si fece attendere molto piu’ a lungo: dopo un’altra stagione caratterizzata da un’eliminazione bruciante (semifinale playoff, contro la Benetton), finalmente nel 2000 Carlton e la Effe si aggiudicarono il titolo nazionale, rialzandosi da una sconfitta in Gara1 proprio contro i “verdi” di Treviso.

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La stagione 2000-2001 fu l’ultima di Carlton in canotta Fortitudo, e fu proprio quella del Grande Slam Virtus. A tal proposito, mi piace sottolineare, per una serie di numerosi motivi, un unico fatto sopra gli altri: gli applausi e l’ovazione tributatagli dal pubblico virtussino in occasione della sua uscita dal campo nel capitolo conclusivo della serie finale.

Le annate sportive successive, e ci volle un po’ ad abituarsi al vederlo in una canotta che non fosse quella delle aquile bolognesi, Myers le ha disputate a Roma (3), Siena, in Spagna al Valladolid (che, curiosita’, pur non avendo mai vinto alcun titolo, ha potuto annoverare tra le sue fila tre dei grandissimi del basket europeo: Arvydas Sabonis, Oscar Schmidt e Carlton) e poi Pesaro e Rimini di nuovo, quasi a chiudere fisiologicamente un ciclo.
Aneddoto sconosciuto ai piu’ sul periodo post-Effe risulta essere il seguente: ai tempi in cui militava in canotta Virtus Roma, venni a sapere da fonti molto vicine allo spogliatoio che un infortunio alla schiena che lo avrebbe bloccato per un certo numero di partite, Carlton se lo fosse procurato in spogliatoio a Settebagni a causa di una caduta durante una delle sue perfette performances di imitazione di Adriano Celentano.

 

Un capitolo a parte lo merita la Nazionale: dopo un positivo esordio ad Eurobasket 1993, e la mancata partecipazione alla medesima competizione nel 1995, due anni dopo arrivo’ un argento Europeo (1997). La sconfitta in finale (Myers 17 pt) arrivo’ per mano della Yugoslavia di Danilovic, che era stata battuta nel corso della medesima competizione nella fase a girone (Myers 24 pt). Parlando dei due eroi di Bologna e della loro rivalita’, nel menzionarli non si puo’ che ripensare alla fuoriosa rissa che li ha visti protagonisti nel derby di Eurolega, in cui se non fossero stati separati, se le sarebbero veramente date di santa ragione.

Il fatto che si affrontassero sul parquet con tale foga e tale cattiveria agonistica, pero’, non ha impedito loro di rispettarsi, e nominarsi a vincenda nel vedersi chiedere quale fosse un grande campione o un giocatore particolarmente difficile da fronteggiare. Non a caso, in occasione del ritiro dello Zar, Carlton fu uno dei primissimi a sapere la notizia.

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Tornando alla Nazionale, invece, il riscatto, anche stavolta, non si fece attendere: nell’estate del 1999 Carlton fu infatti il nostro condottiero alla storica medaglia d’oro di Parigi-Bercy!

A coronamento di quello che abbia significato per il nostro beneamato sport, Myers fu scelto, in occasione dell’ultima competizione internazionale cui abbia preso parte in canotta azzurra, come portabandiera alle Olimpiadi di Sydney 2000 (a detta sua altri atleti avrebbero meritato di piu’, come ad esempio Yuri Chechi, ma, sempre citando le sue dichiarazioni in sintesi, si scelse di dare un messaggio contro il razzismo).

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Delle tante righe e dei fiumi di inchiostro che nel corso degli anni sono stati spesi su Carlton, ricordiamo quelle del Vate, Valerio Bianchini: «Allenare Carlton è allenare l’uomo nuovo, l’uomo del futuro, l’uomo che è nero ma anche bianco, l’uomo della razza primigenia che mosse i suoi passi da un unico ceppo e che un giorno riunirà tutti i colori e tutti i cuori nell’uomo nuovo, nell’uomo giusto».

 

Carlton non e’ stato semplicemente un eccelso cestista, e’ stato quello che non oserei definire uno dei pochissimi uomo-franchigia, dove per i motivi di cui sopra il concetto di franchigia si e’ potuto a tratti estendere all’intera nazione. E lo dico con cognizione di causa, avendo ad esempio avuto la fortuna di vedergli fare da vicinissimo (una delle quattro persone all’interno della struttura oltre a loro due) gli onori di casa (nel vero senso del termine) nell’accogliere Anthony Parker al centro sportivo di Settebagni.
Se, dopo aver ripercorso passo passo insieme la sua straordinaria carriera, vi stiate chiedendo se all’epoca, una punta di diamante come Carlton fosse stata considerata in orbita NBA, la risposta me l’ha data relativamente di recente lui stesso via Twitter: la chiamata arrivo’, anzi il fax a volerla dire tutta… Un invito formale da parte dei New York Knicks, al quale pero’ Myers pero’ non rispose: Quando c’è stata la mia occasione non l’ho sfruttata… Mi avevano invitato ad un provino per i New York Knicks ma non ho mai risposto…#robadacestisti”.

Altri tempi… Non solo perche’ si veniva approcciati da una franchigia NBA tramite fax e perche’ internet non era ancora cosi diffuso, ma anche perche’ ogni angolo di Basket City pulsava basket in un maniera davvero impressionante, perche’ nonostante una rivalita’ viscerale come se ne vedono poche un campione come quello in questione e’ stato giustamente omaggiato anche dai tifosi di “opposta fazione” nel suo ultimo tragitto verso la panca, perche’ la Nazionale portava a casa medaglie… Per questi e tanti altri motivi.

Altri tempi… Che spesso appaiono troppo diversi e troppo lontani: di un campione come Carlton, di un Signore della pallacanestro italiana, a distanza di poco tempo, non si sente gia’ piu’ parlare. La nostalgia, in questi casi, puo’ aiutare ad avere chiari i valori giusti per far si che i tempi futuri possano regalarci le grandi soddisfazioni che questo movimento merita, e che potra’ conquistare solo tenendo bene a mente chi del nostro sport e’ stato prima di tutto, a prescindere dalla squadra per cui si tifi, un Esempio.

Grazie di tutto, Carlton.

 

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Valerio D'Angelo

Ingegnere romano malato di palla a spicchi. Lavoro a WhatsApp (ex-Google, ex-Snap, ex-Facebook) e vivo a Dublino, in una nazione senza basket, dal 2011. Per rimediare ho scritto il libro "Basket: I Feel This Game", prefazione del Baso. Ho giocato a calcetto con Pippen e Poz, ho segnato su assist di Manu Ginobili, ho parlato in italiano con Kobe in diretta in una radio americana e mi e' stato chiesto un autografo a Madrid pensando fossi Sergio Rodriguez.

6 comments

  1. Ricordo che il Pozzecco di Candid Camera mi mandò ad un passo dall'ischemia con una stupidissima imitazione mal fatta di Sean Penn. Avevo 13 anni, forse…

  2. impossibile per me che ha vissuto gli anni di Bologna da Virtussino, non onorare anche quello che è stato il più grande avversario che abbiamo mai avuto, la vittoria è tanto più grande quanto è grande il tuo avversario e nonostante io gli abbia sempre imputato una scarsissima lucidità nei finali di partite tirati, sopratutto in Nazionale è stato uno dei giocatori più forti mai visti in Italia

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