Articolo di Eugenio Agostinelli
Disegno di copertina di Diego Di Nunzio
Brooklyn, 25 giugno 2015
Che Kristaps Porzingis non fosse un giocatore come un altro non lo sapevano in molti, prima di quel caldo giorno statunitense, che coincise con il suo sbarco nella Grande Mela. Al Barclays Center, Adam Silver chiamò per quarto il suo nome (con non poche difficoltà di pronuncia), accompagnato da fischi, mugugni e ignoranza dei classici tifosi Knicks, che come al solito non erano consapevoli di avere davanti agli occhi uno dei più grandi diamanti dell’Europa orientale. Persino Carmelo Anthony, dopo qualche attimo di incazzatura con Phil Jackson per la scelta un po’ così, avvisò tutti: “He’s a steal”.
Istanbul, 12 settembre 2017
La Lettonia cede il passo alla Slovenia per 103-97 dopo una partita spettacolare, ed esce ai quarti da Eurobasket 2017 nonostante i 34 punti e 6 rimbalzi in 32’ di un Kristaps Porzingis che è ormai di diritto nella Top 3 dei giocatori europei più forti ad oggi.
Prima ed in mezzo a questi due avvenimenti chiave della sua vita, peripezie ed ostacoli che, in una maniera o nell’altra, il giovane Kristaps avrebbe poi superato agilmente insieme alla sua famiglia.
Specialmente uno.
Perché mamma Ingrīda e papà Talis sapevano che sarebbe stato speciale, già dal primo giorno di luce. Prima di lui, nell’albero genealogico venivano Janis e Martins, ma lui era il quarto figlio. Il terzo era Toms, morto a 14 mesi per cause che la famiglia non volle mai divulgare. Quattro anni dopo nacque Kristaps. “Dalla sua nascita, era come se avesse dovuto vivere due vite contemporaneamente”, disse la madre.
Cresciuto nell’ombra di suo fratello Janis (visto anche nei parquet italiani), Kristaps ha sempre dimostrato un folle amore per la pallacanestro, che cresceva di pari passo con il suo corpo. A 15 anni l’altezza dice 2.03 m, mentre la bilancia soltanto 71 kg. Ma c’è tempo, e il Siviglia, in Spagna, lo sa bene. Perché la corsa per accaparrarsi questo diamante grezzo se la aggiudicarono proprio loro. Dopo un periodo di prova ed esami medici che rischiarono di comprometterne lo sbarco in Spagna per problemi cardiaci ed una significativa anemia e un anno e mezzo di giovanili che lasciarono intravedere del rozzo talento, Porzingis Jr esordì nella Liga spagnola. Anni? 17.
Una delle tante perle nei 3 anni a Siviglia di Kristaps Porzingis fu la partita da 20 punti in casa del Real Madrid, accompagnata da standing ovation del pubblico avversario a fine partita. La sua risposta? “Avrei potuto fare meglio”. In queste 4 parole si racchiude fondamentalmente il perché, oggi, il gigante lettone sia arrivato così in alto, così presto.
Un Eurobasket da stella assoluta per il nativo di Liepāja: 23.6 punti (3° miglior marcatore del torneo), 5.9 rimbalzi, 1.8 stoppate in 7 partite, e la consacrazione a stella assoluta del basket non solo europeo, ma mondiale. Come d’altronde testimonia anche l’inserimento di Porzingis, da parte di ESPN, come numero 22 tra i 100 migliori giocatori NBA. E proprio quella che si presta ad iniziare, potrebbe facilmente essere la stagione della definitiva consacrazione anche nella lega a stelle e strisce.
Cosa ci ha dimostrato Kristaps Porzingis durante questo Eurobasket?
Innanzitutto, ci ha fatto vedere che può essere il go-to-guy della sua squadra. Isolamenti fuori dall’arco, giochi per servirlo spalle a canestro, 1vs1 dal palleggio… PorzinGod, non a caso.
Risulta 5° nella classifica generale nel dato dei possessi per partita, con 18.6 di media: se è vero che la Lettonia non ha altri giocatori tanto talentuosi a cui affidarsi così ciecamente, d’altro canto Porzingis a New York era 3° per Usage%, alle spalle di Carmelo Anthony (fin qui, ok) e Derrick Rose (ecco…), con quasi 1/4 dei possessi totali dei Knicks che passavano per le sue mani.
Perché prima di diventare davvero Kristaps Porzingis anche negli USA, in particolare prima del draft, il giovane europeo non godeva di grande stima ed ammirazione nemmeno da parte dello staff dei Knicks, tantomeno da Phil Jackson, che molto presto divenne uno dei suoi più grandi fanboy. L’uomo che merita più credito di tutti per la scelta alla #4 di Porzingis risponde al nome di Clarence Gaines, scout internazionale e uomo fidato di Coach Zen.
– Ehi Phil, avete la scelta n.4 al Draft. Non potete passare Kristaps Porzingis.
– 218 cm di eleganza ed atletismo straight from Latvia.
– Un lungo? Europeo, oltretutto?
– Phil, trust me. Non è uno tra tanti… È unico.
Jackson (a ragione) si fidò del suo uomo, ma nei primi giorni non era ancora troppo affezionato all’idea di aver draftato quello lì, arrivando addirittura a dichiarare che il nuovo numero 6 dei Knickerbockers sarebbe stato “Il nuovo Shawn Bradley”, salvo poi correggersi non appena si rese conto di aver appena scelto uno dei lunghi che dominerà la pallacanestro nei prossimi 15 anni. “He’s magical”. Eh, facile adesso Phil!
In Lettonia, dove la popolazione è 8 volte inferiore a quella newyorkese, lo conoscevano ormai tutti quanti. E sapevano quello che sarebbe potuto diventare, già nel giro di un paio d’anni. A New York, come dimostra il dato dell’Usage% di sopra, se ne sarebbero accorti dopo un po’…
Il gioco di Porzingis in maglia Knicks nell’anno da rookie parte sviluppandosi primariamente lontano da canestro, con Robin Lopez ad occupare per gran parte dei 48’ lo spot di centro titolare, dividendosi i minuti con Kevin Seraphin. Con questo ruolo da 4 più esterno che interno all’area, Hornacek vuole dargli una dimensione perimetrale, mettendo al fianco di Anthony un giocatore sì in grado di segnare da 3 punti con costanza, ma anche bravo a giocarsi il pallone spalle a canestro. Gioco in post che, in questo EuroBasket, ha dimostrato di poter utilizzare facendo male in qualsiasi modo alla difesa avversaria.
Dal post mette in difficoltà il difensore in qualsiasi modo: prima col tiro appoggiato al tabellone ed il tiro dalla media dopo jab step (Melo insegna). Anche Randolph, abilissimo difensore di post, deve commettere fallo per contrastare il tiro che parte da altezze impensabili.
La statistica che spicca è quella della % di realizzazione dei suoi tiri spalle a canestro, un 66.7% che gli garantisce il secondo gradino del podio nella competizione, con 1.16 punti per possesso. Balza all’occhio anche la semplicità con cui Porzingis tira letteralmente sulla testa dei propri avversari, complice una standing reach disumana di quasi 2.90m (!!!!) e due mani degne del miglior pianista dell’intera Lettonia, oltre che una fluidità nei movimenti spalle a canestro che gli permettono di mandare fuori giri il difensore prima di scoccare un tiro a vette irraggiungibili anche per le aquile.
Interessante anche il dato sulla %FT, ossia in quanti casi, in percentuale, il giocatore viene contrastato fallosamente producendone un viaggio in lunetta: nel 20% degli attacchi in post Porzingis subisce un fallo sul tiro, vale a dire 1 azione ogni 5. Numeri che parlano da soli sulla pericolosità di un giocatore all’interno del perimetro.
Parlando dei tiri all’interno dell’area…
Porzingis ha giocato l’intero EuroBasket da centro della sua Lettonia, con Meiers come primo ed unico cambio e uno tra Bertans, Smits e Timma ad agire come 4 duttile in grado di garantire fisicità e rapidità, ma al tempo stesso precisione dall’arco, al gioco prevalentemente perimetrale di coach Bagatskis. Un ruolo che, giocoforza, ha avuto pro e contro. E considerando che a New York, Jeff Hornacek lo impiegava come 4 atipico al fianco di Robin Lopez prima, e Kyle O’Quinn poi… Diciamo che non è proprio la stessa cosa. Una delle chiavi dell’attacco di Porzingis da pivot è sicuramente la mobilità nel pitturato, e la sua abilità di portare fuori dall’area il suo diretto avversario per fronteggiarlo o, molto spesso, attaccarlo con movimenti senza palla che possano disorientarlo, garantendogli una ricezione indisturbata vicino a canestro. La differenza tra il gioco dei Knicks e quello della Lettonia è certamente il pace, il ritmo di gioco: più lento e statico quello della franchigia americana, per lo più basato sul triangle offense di Jackson fino allo scorso anno, e più dinamico e frenetico quello della nazionale baltica, favorendo giocatori rapidi ed atletici come lo stesso Porzingis sia in transizione che in area o sul perimetro.
La differenza di giocare in due squadre (e stili di gioco) differenti: nel triangolo dei Knicks passa almeno 5-6 secondi fermo ad aspettare lo svolgimento dell’azione nel lato palla. Poi prende un blocco verticale, riceve e segna dalla media. Con la Lettonia va fisicamente in cerca del pallone, dando ai compagni linee di passaggio valide sul lato debole; poi ricezione e schiacciata sono formalità.
Proprio a proposito del triangolo tanto adorato e proposto (o meglio, imposto) da Phil Jackson in qualsiasi squadra abbia avuto potere decisionale, Porzingis nei suoi 2 anni NBA ha avuto pareri discordanti. “Mi piace il triangolo. Mi ci trovo bene, è un’ottima soluzione offensiva. Può funzionare solo se tutti quanti lo eseguono alla perfezione”, affermava nell’inverno del 2016. Poi, il cambiamento pochi mesi dopo: “Non possiamo fare affidamento soltanto sul triangle offense. Non sappiamo eseguirlo così bene da poter sfruttare solo quel tipo di movimento. Ci crea tanta, troppa confusione”. Non è un caso che nella primavera 2017 siano nati forti contrasti tra Jackson e Porzingis, minacciato anche di venir inserito in una trade per allontanarlo da New York.
Le larghe spalle di un ragazzo di soli 21 anni, capaci di schivare ogni insulto, ogni booo proveniente dagli spalti nel giorno del Draft. Capaci di smentire tutti gli scettici lasciando parlare il campo. Capaci di caricarsi un intero paese su di esse, per portarlo fino ai quarti di finale di un Europeo per la terza volta nella sua storia.
Tornando al parquet, un aspetto chiave del gioco di Porzingis è l’interpretazione del pick and roll, nel quale è paragonabile ad un coltellino svizzero: ha un arsenale di soluzioni illimitato. Roll, short roll, pop, slip… E chi più ne ha, più ne metta. In un contesto europeo, lo Slip the pick (il “fintare” di portare un blocco per poi tagliare a canestro) è un’arma che può usare senza timori reverenziali, vista la sua innata agilità e coordinazione ma soprattutto per la debole opposizione che, la maggior parte delle volte, la difesa può presentargli.
https://www.youtube.com/watch?v=rQTjyEkbZxY&feature=youtu.be
L’agilità e l’intelligenza di Porzingis gli permette di fintare il blocco sul pallone per gettarsi verso canestro: con due passi percorre tutta la distanza tra perimetro e canestro, senza dare tempo al lato debole difensivo di scalare e provare ad opporre un’impercettibile resistenza.
Ma andiamo a vedere, numeri alla mano, come è cambiato il suo modo di giocare il pick and roll tra i primi 2 anni a New York e l’Europeo appena terminato. Le disuguaglianze tra questi due mondi, simili tra loro ma differenti per essenza, la si può esprimere mediante un interessantissimo dato: %Time, ossia il tempo, in percentuale, che un giocatore passa in campo svolgendo una determinata azione.
Se nell’anno da rookie Porzingis prediligeva il pick and pop (ossia il portare un blocco al palleggiatore per poi aprirsi, ricevere e tirare) nel 57.5% dei casi e l’anno scorso nel 53.4%, ad EuroBasket tale dato è sceso vertiginosamente al 38.5%, sempre mantenendo alte le percentuali al tiro (61% di aFG%). Il perché di questo calo? Risposta semplice quanto banale: l’aumento delle altre voci. Come per esempio il roll verso canestro: 22.5% la %Time della scorsa stagione ai Knicks, 42.3% quella con la maglia della Lettonia. Quasi raddoppiato.
– maggior fisicità degli avversari (NBA) = pick and pop = meno contatto, più tempo di recupero nei closeout per i difensori;
– minor fisicità degli avversari (Europa) = pick and roll/slip the pick = può arrivare a canestro con facilità sopra la testa dei difensori o arrestarsi e tirare in area.
Maggior fisicità degli avversari (NBA) = pick and pop = meno contatto, più tempo di recupero nei closeout per i difensori. Minor fisicità degli avversari (Europa) = pick and roll o slip the pick = può arrivare a canestro con facilità sopra la testa dei difensori o arrestarsi e tirare in area.
Una parola chiave nella vita di Kristaps Porzingis: miglioramento.
Fin da bambino, quando Janis si allenava nelle palestre di Liepāja, Kris era sempre lì. Con un pallone in mano, provando ad emulare i movimenti del fratello, lavorando sodo e sudando il necessario e sempre qualcosa in più per arrivare a fine giornata ed esclamare “Anche oggi ho dato il mio massimo”.
Come racconta sua mamma Ingrīda, al compimento del suo primo anno di età chiese come regalo soltanto una palla ed un canestro. Quando li vide, iniziò a giocarci ed a saltare e schiacciare il pallone nel canestro in continuazione. “La sua prima parola non fu mamma, tantomeno papà. Fu palla”.
Saltare e schiacciare… Questo ci ricorda sicuramente qualcosa di molto familiare.
Una cosa che ha da sempre caratterizzato Porzingis nel suo modo di giocare è l’attenzione per i rimbalzi in attacco. Non tanto la quantità (ne ha raccolti appena 1.7 a partita su 7.2 totali la scorsa stagione), quanto la qualità: ha una spiccata predisposizione per il tap-in schiacciato, chiamato anche putback nel gergo americano. Il timing e la violenza con cui raccoglie il pallone rimbalzato via dal ferro, per poi schiacciarlo con cattiveria inaudita nel canestro.
Le immagini parlano da sole: quelle braccia e quelle gambe gli permettono di fare cose che tanti altri non possono neanche immaginare. Arriva a raccogliere palloni lontanissimi dal ferro per schiacciarli dentro con una cattiveria inaudita, e la difesa non ha nemmeno il tempo di provare a saltare.
Dal vangelo secondo Kevin Durant: “Sa tirare, sa fare la giocata giusta, sa difendere e stoppare, il tutto essendo alto 220 cm… Sembra un unicorno”. Da questo paragone completamente senza senso, il curioso soprannome che Porzingis accettò di farsi affibbiare.
E come ha già anticipato KD, il tiro, specialmente da 3 punti, è una delle specialità della casa.
Per buona parte ci ha messo lo zampino il talento genetico, ma in grande percentuale è merito delle tantissime ore di allenamento individuale. “Arrivare in NBA per Kristaps è stato qualcosa di incredibile. In famiglia credevamo che fosse materiale da Eurolega, ma mai pensavamo che avrebbe potuto raggiungere questi livelli. È grazie alla sua perseveranza ed alla sua forza di volontà che è arrivato fin qui”. La prima cosa che disse a suo fratello Janis, una volta scelto al Draft, fu che “Non dovrò più chiedere le chiavi della palestra ai custodi alle 2 di notte per potermi allenare sul tiro!”.
Delle sue abilità di pure shooter non serviva una dimostrazione ad Eurobasket, ma soltanto una conferma. Ed è arrivata puntualissima. Una grande dote è la velocità di preparazione e rilascio del jumpshot, oltre che la precisione. Grazie ad una meccanica da guardia e ad un punto di rilascio altissimo, Porzingis ha tenuto il 35% da 3 punti nei 2 anni di NBA, migliorandolo lievemente con un 37.5% al torneo. La differenza la fa nel catch&shoot: 1.4 punti per possesso e 71.9% di aFG% da smarcato all’Europeo. Numeri superiori a quelli di giocatori ben più volti al tiro pesante come Shved, Datome o il fresco campione sloveno Prepelic, per capirci…
La velocità di rilascio del jumpshot è pazzesca, da esterno puro. E anche quando il pallone scotta ed i secondi sul cronometro sono pochi, ha già la faccia tosta di prendersi i tiri che contano. E segnarli, cosa non indifferente.
Dopo due anni da 16.1 punti e 7.3 rimbalzi di media in NBA in una piazza difficile come quella di New York, ed un Eurobasket da Top 3 tra i lunghi della competizione oltre ad aver portato la sua Lettonia a giocarsela ai quarti contro la Slovenia, possiamo sbilanciarci nel dire che Kristaps Porzingis è appena passato dalla lista delle giovani grandi promesse a quella dei prossimi dominatori del pianeta. Tutto questo mentre tanti suoi coetanei e tantissimi giocatori NBA anche più rinomati di lui sono a fare il bagno alle Bahamas, a fare escursioni con la famiglia o ad ubriacarsi in allegria nei vari club della costa occidentale degli Stati Uniti. Da ormai 15 anni, le estati del ragazzo da Liepāja sono esclusivamente dedicate al lavoro, con allenamenti quotidiani nella sua città natale con i suoi fratelli ed amici più stretti, o alla sua cara Lettonia, che anno dopo anno conta di allargare sempre più i propri orizzonti e sognare ancora più in grande, un po’ come successo alla Slovenia questa estate. I Knicks continuano ad essere un cantiere aperto senza una precisa data di conclusione, ma al contrario il processo di sviluppo del giovane lettone non terminerà certo entro breve.
Tutto quello di cui abbiamo parlato qualche riga sopra è soltanto un antipasto di quello che vedrete dal prossimo 17 ottobre in NBA, perché questo ragazzo è in missione. Non per sé stesso, i traguardi che si era prefissato li ha già raggiunti già 2 anni fa.
È in missione per un intero paese.
1.96 milioni di anime, dal basso, stanno sospingendo tutte insieme una sola persona verso l’olimpo della pallacanestro.
Perché, come ci insegna Kristaps Porzingis, è partendo dal basso, con sacrifici e sudore, che si arriva più in alto di tutti gli altri.
Ar Latviju sirdī.
Errata corrige: baltica non balcanica
Bell’articolo, grazie
Bellissimo articolo, però il paragone con l’unicorno non è affatto senza senso, visto che in America qualsiasi cosa praticamente impossibile da trovare viene definita “un unicorno”… 😉