Ci sono semplici partite, ed esistono momenti di sport. Con le prime ci abbiamo a che fare ogni weekend, guardandole in televisione con l’assistenza del binomio divano & copertina, oppure vivendole in prima persona sudando, cercando di dare il meglio, o il meno peggio, di noi stessi. I secondi sono molto di più. Capitano raramente, restano indelebili nella memoria, sono imprese che avvicinano definitivamente una persona allo sport, a quello sport. Chissà quanti italiani ha fatto innamorare del ciclismo Marco Pantani, braccia al cielo sul Mont Ventoux; per non parlare della Nazionale di calcio e dei rigori contro la Francia, a Berlino, la finale del 9 Luglio 2006. A volte, però, la scintilla è molto più personale: a 17 anni ero già perso di pallacanestro, ma avevo appena cominciato a capire che in America non davano i classici due punti per ogni partita vinta, si contava la percentuale. Sulla NBA le idee erano chiare, a scuola facevo Educazione Fisica con la canotta di Duncan. E stavo cercando qualcosa che mi appassionasse al College Basket, alla NCAA.
Worcester, 18 Marzo 2005. Siamo in piena March Madness, negli anni d’oro di Paola Ellisse & Federico Buffa. Si affrontano i favoriti Syracuse Orange del leggendario Jim Boeheim (nato nel ’44, capo-allenatore su quella panchina dal ’76 fino a quest’estate), e i favolosi Vermont Catamounts, classica squadra senza pedigree né pretese a livello collegiale, totalmente ignoti su quello internazionale. Gli “orangemen” avevano vinto il titolo un paio d’anni prima, trascinati da quella Superstar assoluta che è, tuttora, Carmelo Anthony, e di quella squadra erano rimasti alcuni ragazzi di futuro interesse, come Gerry McNamara e Hakim Warrick. I “coguari”, etichettati da tutti come Cenerentola del torneo e in gita scolastica, si presentano in Massachussets con i propri, personalissimi, Big 3: Taylor Coppenrath, probabilmente la cosa più alta e talentuosa mai uscita dai dintorni di Burlington, con la strana idea di tirare i liberi partendo da dietro la testa ma con mani educatissime, tanto da viaggiare nell’anno da senior a 25, 8 rimbalzi e 4 alberi disboscati di media. TJ Sorrentine, di chiara origine meridionale e classico play tiratore primadivisionesco, non foss’altro perché ha la tendenza a tirare tutto quello che vede dai 9 metri in su e di continuare a tirare, nel caso non faccia canestro le prime dieci, undici volte; Germain Mopa Njila, ala piccola bassa e atletica e altro vero personaggio di culto, perché vedere un Camerunense in Vermont è un po’ come chiedere uno spaghetto allo scoglio in Alto Adige. Potenza della globalizzazione.
Con queste premesse, si passa dai 3500 malcontati spettatori della Patrick Gym ai 13000 di Worcester, in diretta televisiva e contro la squadra che, tolto Melo, aveva vinto l’NCAA nel 2003. La tensione è palpabile e la partita comincia subito con le marce basse, anche perché contro Syracuse ci si deve preparare a 40′ di zona 2-3 (Coach Boeheim l’ha resa famosa per quello) e tenere il ritmo controllato è esattamente quello che vogliono i Catamounts: a parte i già citati “Big3”, l’unico altro giocatore che si avvicina a un pallido concetto di pallacanestro è il mezzo lungo Klimes, tutto il resto di cui dispone in panchina il buon Tom Brennan sono solo future guardie forestali e tagliapietre. Gli Orangemen si adeguano, non giocano per chiudere la pratica il prima possibile e il primo tempo, fra i ferri di McNamara e i salti a rimbalzo di Warrick, è di una bruttezza sconcertante. Buffa prova a renderlo un po’ più gradevole, fra gli aneddoti racconta che il Coppenrath era diventato l’idolo della scuola, tanto da diventare l’unità di misura della neve in Vermont. Il 23-19 Syracuse con cui si chiude il primo tempo, però, non ammette scuse. E siamo a tanto così da spegnere il televisore.
Ripresa. Gli arancioni sono a 15 palle perse e McNamara, l’esterno di punta, è a un sobrio 1/9 da 3. Gli altri continuano a giocare la loro personalissima pallamano, nel senso che i piccoli fanno melina vicino alla linea della metà campo, verso la fine dei 35” c’è un tentativo di penetrazione, qualche alto-basso, più spesso una bomba da 10 metri. Tutto questo, per evitare di incorrere in quei ‘turnovers’ che possano scatenare il contropiede avversario: forse non è basket, ma è l’unico modo che hanno i Catamounts per provare a vincere la partita. Un’incursione di Mopa Njila e il primo squillo di Sorrentine dall’arco chiudono un 16-6 di parziale Vermont: per Syracuse butta malissimo, persino una facile schiacciata di Roberts viene sanzionata dagli arbitri col fallo tecnico per essersi appeso al ferro ed è allora che Boeheim ordina la zona-press, col risultato di pareggiare il match a quota 41, prima di farsi infilare da due contropiedi chiusi con una bimane dal nuovo idolo Mopa Njila. Caccio un urlo beduino sul divano, mi appassiono alla causa neroverde e comincio a credere, per la prima volta, che questi ce la possano fare seriamente. L’energia di un ritrovato Warrick, tuttavia, rimette le cose in discussione: Coppenrath pareggia dalla media a 51, di là lo stesso Warrick sfonda con un gomito alto sui denti del povero Klimes e il canestro del solito, ineffabile Mopa Njila sarebbe valido, non fosse per il piede sinistro sulla linea di fondo. La preghiera di McNamara in terzo tempo da metà campo non va, sarebbe stato davvero troppo. 102 punti in due, Overtime. Neanche in CSI, ma bellissimo.
Altri 5′ per fare la storia. Warrick ritorna ad essere un problema per la difesa, McNamara si sblocca in contropiede: sembra finita. Non proprio.
Il buon TJ, o’ scugnizzo.
Syracuse non ci sta e torna a -3 grazie ai falli sistematici, dopo un airball dalla lunetta piuttosto clamoroso di Martin Klimes. Il 41% dal campo contro il 37% avversario e il predominio a rimbalzo (35-24), però, non sarà sufficiente: McNamara conclude sul ferro la serata peggiore della sua vita cestistica. Vermont vince 60-57 con 4 giocatori a referto e 9 minuti totali dalla panchina su una partita ai 45′.
Sports Illustrated ha inserito questa partita nei 10 upset più clamorosi del decennio. Hakim Warrick chiuse con una doppia-doppia amarissima da 21 e 12 la sua permanenza a Syracuse. Coach Brennan lasciò la panchina di Vermont una partita più tardi, dopo vent’anni, a seguito della sconfitta 72-61 con Michigan State. Ma questa era la prima vittoria di sempre dei Catamounts nel torneo NCAA, questa è storia. Questa è anche la mia storia. Finita la verifica di matematica, innamorarsi del College Basket.
E gli altri?
Taylor Coppenrath, il fratellino mai avuto di Dirk Nowitzki, si è dimostrato l’unico potenziale giocatore di basket della compagnia. Visto anche a Biella con alti e bassi, nella stagione 2006-07, ha poi trovato la sua dimensione nella seconda divisione spagnola, dov’è rimasto sino a quest’estate. Ha infatti deciso di ritirarsi, a 34 anni, dopo aver ottenuto la promozione con Burgos e tanti Burger King.
TJ Sorrentine ci ha provato, fra Portogallo, Slovenia e Trapani, dove ha giocato solo 9 partite nella stagione 2005-2006. Aveva provato a fregare gli europei con l’alibi del tiratore, gli è andata male: attualmente è vice-allenatore a Vermont dove sta insegnando il lancio dal parcheggio ai boscaioli locali.
Germain Mopa Njila non ci ha mai pensato. Meno di 6 punti di media nei quattro anni dell’ateneo, 20 punti, 9 rimbalzi, 5 assist e 4 recuperi contro Syracuse. Ora è ingegnere informatico, sposato con due figlie neonate, dice che di quella sera non ricorda praticamente nulla, a differenza del suo allenatore Brennan. “TJ mi ha detto di stare tranquillo, perché sapeva quanto avessi fiducia in lui. Beh, io ho creduto a Babbo Natale per un sacco di tempo. Ma secondo voi era un buon tiro?”
(immagine di copertina a cura di http://fanciullodelghetto.blogspot.it/)
Nel 2005 avevo già smesso di allenare 3 volte, però condivido il fatto che è stato un upset di college basket a farmi innamorare definitivamente di questo sport: Villanova-Georgetown, esattamente 30 anni prima