Tanto per focalizzare un minimo l’attenzione su chi fosse Earl Monroe, meglio conosciuto come The Pearl, o ancora meglio conosciuto come Black Jesus, si può parlare di rivoluzione. Come George Mikan è stato la rivoluzione nel ruolo di centro, il turning point nel ruolo di guardia è stato senza dubbio Earl Monroe. Un metro e novantuno centimetri di creatività, classe e talento, fin dalla John Bartam High School a Philadelphia (Southwest Philly, la stessa High School di Joe Bryant), sua città natale, The Pearl è stato sinonimo di spettacolo. Un uomo da campo aperto, un circus shooter degno degli Harlem Globetrotters, e con un jump shot piazzato che giustiziava senza pietà.
41.5 punti di media nella sua stagione da senior a Winston-Salem State, Monroe arrivò nella NBA e spaccò letteralmente in due la Lega ai Baltimore Bullets prima, e ai New York Knicks poi, vincendo il Titolo NBA nel 1973 con i Knicks.
Ma facciamo un passo indietro, partiamo da Winston-Salem State, College NCAA di Division II.
Siamo tutti abituati a vedere le grandi superstar NBA già predestinate fin dal college. Anche se poi come sappiamo, negli ultimi anni i grandi prospetti se ne rimangono al campus solamente per un anno, prima del salto in NBA.
Ovviamente sono tutti college comunque di primissima categoria, grande tradizione, grande palmares, grandi programmi di basket, grandi coaches, sontuose facilities e seguito di culto assoluto in tutti gli Stati Uniti. Villanova, North Carolina, Duke, Kentucky, Kansas, Uconn, UCLA, Arkansas, Florida, Wisconsin, Maryland, Syracuse, Ohio State, UNLV, queste università sono solo la punta dell’iceberg delle decine di college di NCAA Division I che hanno fatto la storia del Tournament, e che hanno dato i “natali” alla stragrande maggioranza delle superstar NBA di tutte le decadi.
Vi sono però anche giocatori, come Black Jesus, che hanno fatto la storia della NBA e di questo gioco, pur venendo da quello che è chiamato “small college”, ovvero i college di Division II e III, i college NAIA, gli USCAA e i NCCAA, tutti college considerati minori, dove però esiste un infinito sottobosco di promesse e di prospetti in tonalità minore, al di fuori del prime time che illumina il torneo NCAA, con campus in luoghi spesso sconosciuti ai più, ma con squadre anche capaci di sorprendere college titolati e rinomati di Division I.
Questo accade quando hai un serio programma di basket, e quando hai forza, coraggio e passione per scommettere su qualcuno che, al momento del recruiting, non sia stato adocchiato dagli scout dei college più rinomati.
La notte del 17 novembre al Ford Center di Evansville, Indiana, davanti alle telecamere di ESPN, si è svolta la cerimonia per la celebrazione di 14 Hall of Famers nella Small College Basketball Hall of Fame.
Tra questi 14 tra giocatori e allenatori, vi erano delle vere e proprie leggende, come i Campioni NBA 1970 e 1973 con i New York Knicks Dick Barnett (da Tennessee A&I), Phil Jackson (North Dakota), Willis Reed (Grambling), e il già citato Earl Monroe da Winston-Salem State.
Vi era anche Lucious Jackson da Pan American, Oro olimpico con gli USA a Tokyo nel 1964, 522 partite in 8 anni e Campione Nba con i Philadelphia 76ers nel 1967, Bob Hopkins da Grambling, 5 stagioni dal 1956 al 1960 con i Syracuse Nationals (poi diventati Philadelphia 76ers), Travis Grant da Kentucky State, 5 stagioni tra NBA e ABA con Los Angeles Lakers, Kentucky Colonels, San Diego Conquistadores e Indiana Pacers.
Altro personaggio di assoluto spessore a ricevere l’onorificenza è Jerry Sloan da Evansville, entusiasmante giocatore dei Chicago Bulls, All Star NBA e 4 volte All Defensive Team, l’epitome del giocatore che dà tutto sul campo, nonchè indimenticato e leggendario allenatore degli Utah Jazz dal 1988 al 2011. Sloan si è presentato alla cerimonia con un tutore al piede, reduce da una frattura. Voci di corridoio dicono che la frattura sia avvenuta cercando di scendere di corsa dal suo John Deere 5820 verde d’ordinanza, anche se la versione ufficiale dice che è semplicemente scivolato dalle scale.
Entusiasmante è invece la storia di Clarence Bevo Francis, scomparso nel 2015 all’età di 83 anni. Contadino da famiglia di contadini a Hammondsville, Ohio, Bevo si fece notare alla Wellsville High School come un incredibile realizzatore. Bevo, semplicemente, segnava sempre. Per quei tempi, primi anni 50, Francis era un gigante, un 2.06 molto meno rozzo di altri giganti della sua stazza, e con quella scaltrezza e velocità in più che, tra giocatori di taglia perennemente inferiore, faceva la differenza. Reclutato nel 1952 da Rio Grande, sempre in Ohio (terra che non lascerà mai), in due anni con i RedStorm Bevo ha inanellato performance da 116 punti, 113, 84, 82, 76, 72, e molte altre da 60 o 50 punti. Una macchina da canestri senza soluzione di continuità. Nel 1956 venne selezionato con il Territorial Draft dai Philadelphia Warriors, ma Bevo preferì rimanere nella sua fattoria in Ohio, senza diventare mai un giocatore professionista.
Un nostro amico era presente alla cerimonia, ANZI, era proprio uno dei protagonisti della serata, era uno di quei 14 nuovi Hall of Famers.
John Michael Ebeling, da Trenton, New Jersey, arrivato in Italia a 22 anni e mai più ripartito, scegliendo la nebbiosa pianura padana come casa per la vita, non prima di essere stato un giocatore di primo piano del campionato italiano, svizzero e spagnolo.
Ma ancora prima di questa sua vita cestistica europea, Ebeling, centro di 2.05 ricco di movimenti in post basso e ottimo rimbalzista, è stato una superstar a Florida Southern, college esattamente a metà strada tra Tampa e Orlando, nella Florida centrale più afosa che ci possa essere. A Florida Southern Ebeling è stato All American nel 1981 e nel 1982, NCAA Division II National Championship Most Outstanding Player nel 1981, All-Tournament Team nel 1980, 81 e 82, unico giocatore nella storia ad essere selezionato per tre anni consecutivi. 2514 punti e 1362 rimbalzi totali nella sua permanenza a Florida Southern sono l’ancora imbattuto record della Università, mentre la cifra dei rimbalzi è l’Ottava migliore prestazione di sempre nella storia della NCAA Division II.
Ebeling fu scelto all’NBA Draft del 1982 con la Numero 101 dai Detroit Pistons, e la stessa estate venne chiamato in Serie A2 dalla neo promossa Mangiaebevi Ferrara. Da qui poi la sua ultra-ventennale carriera europea attraverso Ferrara, Firenze, Forlì, Massagno, Granada, Granollers, Murcia, Badalona, Cantù, Reggio Emilia, Fabriano e Soresina, una grande, solida e importante carriera costruita su fondamentali e sane basi di NCAA Division II.
In queste cerimonie accade anche che qualcuno, come Earl Monroe, porti con sé un amico, e se l’amico è Sonny Hill, diciamo che il livello di qualità di basket si alza, se possibile, ulteriormente.
Purtroppo o per fortuna, chi vi scrive è un ammalato di basket, ammalato di basket di strada, ammalato di basket di strada di Philadelphia, e niente e nessuno più di Sonny Hill rappresenta The City of Brotherly Love quando si parla di concrete basketball. Anzi, forse è meglio dire “rappresentava”, visto che nella ultima decade almeno, tutti i talenti più in vista delle High School di Philadelphia non si avvicinano più molto alla leggendaria Sonny Hill League, che dal 1968 mette pace tra le gang e valorizza i migliori prospetti della città a livello di High School, e che negli ultimi anni è stata letteralmente surclassata dalla Chosen League, forte di sponsor milionari e di dirompente visibilità mediatica. In ogni caso Sonny Hill rimane una vera e propria leggenda del basket philadelphiano, presente pure lui alla cerimonia nelle vesti di “amico” di Black Jesus…che coppia!!
La cerimonia è stata suggestiva, condotta dall’organizzatore John McCarthy, con discorso di tutti gli intervenuti e con i suggestivi ricordi di chi non c’era, con il prezioso intervento di James Naismith Jr. (nipote di James Naimsmith), per una serata assolutamente da ricordare.
John Ebeling, forse il più esaltato e coinvolto di tutti, ci racconta le sensazioni di quella giornata:
“La prima persona che ho incontrato quando sono entrato in hotel è stato James Naismith, il nipote di colui che ha inventato il basket. Poi ho visto Earl Monroe, Lucious Jackson e Sonny Hill, praticamente i miei eroi quando ero bambino!
Probabilmente sarò sembrato fuori luogo, ma non potevo esimermi dal fare una foto assieme ai miei idoli! Durante il prenzo tutti assieme mi guardavo intorno, e vedevo la storia del basket, di fronte a me infatti c’era Jerry Sloan, mentre di fianco a me c’era Earl The Pearl! Anche durante gli incontri con i media guardavo chi era con me in quel momento, gente normalissima, sorridente e disponibile, pensavo a cosa questi giocatori e allenatori avevano fatto nella loro carriera…shocked!
Gli unici giocatori viventi che non erano presenti alla cerimonia erano Phil Jackson e Willis Reed. Peccato, non ho mai incontrato Phil e mi sarebbe piaciuto fare una chiacchierata.
Tirando le somme di questa esperienza, essere ricordati così, dopo 35 anni, è stato veramente incredibile, ed essere ricordato assieme a questi giocatori e allenatori, è stato semplicemente un sogno che diveniva realtà!”
Aspettando la prossima tornata di Small College Basketball Hall of Famers, che magari molto probabilmente includerà qualcuno tra Scottie Pippen, Mario Elie, Wayne Cooper, Jerome Kersey, Rick Mahorn, Dennis Rodman, Darrell Armstrong, Manute Bol, Haywoode Workman, Devean George, Charles Oakley, Ben Wallace o Flip Murray, almeno per un secondo ricordiamoci che il grande basket che amiamo, che trova il proprio oblio e la propria straordinaria sublimazione nel magico mondo NBA, non nasce solo da Duke o North Carolina, e non nasce nemmeno da qualche suggestiva località dei Balcani o dell’Europa dell’est. Ricordiamoci che il polmone, il sottobosco, la linfa vitale, la famosa e famigerata “base”, è quella dove i sogni sono molto più difficili da raggiungere. This is Small College Basketball.