E’ il 14 Giugno del 1987, é ormai buio da un pò, ma la zona “greco-russa” di Atene, o ad esser più precisi il quartiere di Neo Psychiko, fatica ancora a ricomporsi. In particolare, c’é un ragazzino di 10 anni che, nonostante l’orario tardo ed il fatto che la maggior parte dei vicini e degli altri abbiano ormai smesso, si ostina a restare sul balcone a festeggiare e, dall’alto dei suoi due anni in più, fa sì che vi rimanga anche suo fratello più piccolo Costas.

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La giornata é stata davvero speciale: dopo un tempo supplementare a dir poco al cardiopalma, la Grecia si é imposta contro l’URSS col punteggio di 103 a 101, riuscendo ad ottenere primo piazzamento e medaglia d’oro agli Europei giocati tra le mura ed i confini amici.

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A far decidere definitivamente a Theo (questo il nome del bambino) che avrebbe voluto giocare a basket, fu proprio la memorabile finale di quel torneo (del quale Nikos Galis fu MVP con una media punti di 37.0 ad allacciata di scarpe). Certo, il fatto di avere il campo dell’Ethnikos Ellinorosson a soli 20 metri da casa di mamma Nikos e papà Popi non guastava.

Due le cose che colpivano subito vedendolo giocare: il farsi sistematicamente (ed a detta sua anche di proposito) battere in palleggio per poi andare per la rubata da dietro e i due facili in contropiede solitario, ed il fatto che, pur trovandosi in una posizione ideale per fare canestro, preferisse sempre cercare l’assist ad effetto, anche nelle situazioni in cui sarebbe stato rischioso.

Dopo solo un anno, quando ne aveva 11 ed era alto 1.65m, Theo aveva già iniziato a distinguersi ed emergere rispetto ai propri coetanei, aspetto che sarebbe rimasto una costante negli anni, dapprima rispetto ai cadetti, poi agli juniores fino alla prima squadra dell’Ethnikos Ellinorosson.

Le sue capacità sopra la media cominciavano ad essere sulla bocca di tutti, sempre affiancate pero’ da qualche timore dovuto al suo fisico non ancora molto sviluppato e piuttosto gracilino all’epoca (mentre, come potete apprezzare nella foto qui sotto in cui é immortalato con Costas e con l’amata sorellina Mixalia, occhiaie e naso son sempre stati quelli).

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Papaloukas mentre imita Pippo Franco

Nonostante ciò, ecco arrivare la firma con l’Ampelokipoi, che lo catapultava nella massima serie, cosa ben diversa dal circuito della terza divisione locale di Atene. Fu allora che il nostro rinunciò alla sua idea di studiare scienze agrarie all’università e si tuffò ancora più a capo fitto negli allenamenti. Con un buon tempismo relativamente ai dubbi fisici di cui sopra, proprio in quegli anni (tra i 18 ed i 22) Theo crebbe parecchio, vedendo esaudire un proprio desiderio espresso fino ad allora quotidianamente.

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Oltre al desiderio espresso ogni sera di diventare più alto, anche quello di avere una prima macchina tutta sua: diciamo che il primo é riuscito meglio

Il primo anno nella massima serie i minuti giocati furono pochi e la squadra retrocesse. La stagione successiva in A2, invece, il nostro poté godere di più minutaggio e responsabilità, fu impiegato da ala piccola (esplorando nuovi aspetti del gioco che in futuro gli sarebbero tornati alquanto utili), e si distinse attirando le attenzioni della compagine del Dafni che lo mise sotto contratto a fine anno per rilanciare le proprie ambizioni di promozione. La scalata riuscì il secondo anno, in cui Theo prese le redini della squadra: migliore per assists e rubate, ed anche tra i migliori marcatori.

History repeats. La seconda stagione fu un trampolino di lancio e culminò con la firma per il più quotato Panionios, pressappoco con il medesimo copione: inizio stentato, mancanza di feeling con il coach italiano Andrea Mazzon, presto compensati da una stagione successiva impressionante sotto la guida di Slobodan Subotic. Nel campionato 2000-2001 Theo iniziò a mostrare tutte le caratteristiche che lo avrebbero portato a diventare ‘il Papa’: partendo dalla panchina e mettendo per la prima volta piede sul parquet solitamente al quinto minuto del primo quarto, il nostro fu il miglior assistman della lega greca, mettendo anche a referto 14.5 punti ad allacciata di scarpe e formando con Diamantopoulous una coppia sensazionale che mandava in visibilio la Nea Smyrni ed il suo caldo pubblico.

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Quel tipo di prestazioni gli diede la possibilità di coronare quel sogno che aveva cominciato ad inseguire 14 anni prima: indossare quella canotta dell’Hellas che idolatrava da bambino e grazie alla quale aveva iniziato ad appassionarsi a questo meraviglioso sport.

Entrato in pianta stabile nel roster greco, non avrebbe saltato nessuna convocazione nelle rassegne previste di lì a poco (gli Europei in Turchia nel 2001, in Svezia nel 2003 ed in Serbia & Montenegro del 2005, le Olimpiadi casalinghe del 2004 ed il mondiale d’argento in Giappone 2006).

La tanto agognata canottiera bianco-azzurra e la recente esposizione mediatica diedero il ‘la’ alla parte più gloriosa della sua carriera e con la quale tutti voi siete maggiormente familiari (ragion per cui su di essa mi soffermerò di meno): a farla da protagoniste, neanche a farlo a posta, la Grecia e la Russia, ovvero le due facce del quartiere di Atene (quello menzionato in apertura) in cui Theo era cresciuto inseguendo proprio quel sogno.

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Innumerevoli le soddisfazioni ottenute con i gloriosi club dell’Olympiacos e del CSKA Mosca (unica parentesi una stagione col Maccabi in conclusione di carriera e prima del secondo approdo in Russia), tra le quali spiccano una doppia Eurolega (una condita dal titolo di MVP) e l’inclusione nel novero dei 50 top contributors nella storia della massima competizione europea stessa.

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Non male per un ragazzino, finito ad essere uno dei più versatili playmaker visti in circolazione dall’alto dei suoi 2 metri, che fino alla maggiore età faticava a prendere sonno pensando ai dubbi nutriti nell’ambiente a proposito del suo fisico, pregando con costanza affinché quest’ultimo si sviluppasse a dovere e non gli impedisse di perseguire l’obiettivo che si era prefissato.

La maggiore età, ovvero 18 anni: lo stesso lasso di tempo trascorso da quella calda sera di Giugno al giorno in cui, se qualcuno di voi avesse avuto qualche dubbio a riguardo, quello stesso ragazzino che esultava come uno scalmanato sul balcone per l’oro europeo ottenuto dalla sua Grecia, la medaglia derivante dalla vittoria della stessa competizione (Eurobasket 2005 in Serba e Montenegro) se l’é messa al collo in prima persona e da protagonista:

theo

HABEMUS PAPA.

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Valerio D'Angelo

Ingegnere romano malato di palla a spicchi. Lavoro a WhatsApp (ex-Google, ex-Snap, ex-Facebook) e vivo a Dublino, in una nazione senza basket, dal 2011. Per rimediare ho scritto il libro "Basket: I Feel This Game", prefazione del Baso. Ho giocato a calcetto con Pippen e Poz, ho segnato su assist di Manu Ginobili, ho parlato in italiano con Kobe in diretta in una radio americana e mi e' stato chiesto un autografo a Madrid pensando fossi Sergio Rodriguez.

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