Ruolo simile, un passato Nba da mettere nel cassetto, un carattere diffidente e silenzioso. Ma soprattutto un’eredità pesante: la chiamata numero 1 al draft. Da una parte Anthony Bennett, dall’altra Andrea Bargnani, da una parte il Fenerbahce, dall’altra il Baskonia. Per la prima volta nella storia del basket europeo, due prime scelte Nba incrociano le armi. Almeno in linea teorica, visto che è tutto fuorché scontato che entrambi riusciranno a scendere sul parquet ed ancora più complicato che riescano a farlo contemporaneamente.

Così vicini, così lontani. Quando Il Mago sbarca a Toronto, avvolto da un hype che manco il Papa in visita a Mortara, Anthony ha 13 anni e sta prendendo per la prima volta in mano una palla color mattone solcato da delle righe nere ad una quarantina di chilometri dall’Air Canada Centre.

Sono nato a Brampton ed andavo spesso a vedere i Raptors, per cui Bargnani me lo ricordo bene per aver avuto l’occasione di guardarlo da vicino in quegli anni. E’ un grande giocatore, può segnare da fuori e fare molto altro su un campo da basket. Ma la Nba è una lega dura, nella quale bisogna sempre continuare a darci dentro”.

Keep moving è l’espressione che usa Bennett mentre lo sto intervistando dopo la sudatissima vittoria interna del suo Fener sull’Olympiacos. Una vittoria cui ha contribuito in maniera marginale: 7’ o poco più nel terzo quarto quelli che gli concede coach Obradovic e l’impatto non è di quelli da ricordare: una tripla aperta sbagliata, un rimbalzo tirato giù, il ritorno in panca ad applaudire il rush finale firmato Bogdanovic-Datome. In silenzio, timidamente, lontano da quel mondo che aveva cliccato per lui su fast forward senza che fosse pronto, il prodotto di Unlv (Bennett a Las Vegas? Come è potuto succedere?) sta cercando la sua via nel solo modo possibile: keeping moving.

Mi sto trovando bene qui a Istanbul, sembra una città americana per certi versi”, dice Anthony, quasi con paura di guardarmi negli occhi. Ma a gettare un occhio fuori dalla Ulker Sports Arena, tra i grattacieli scintillanti di recentissima costruzione e le Toyota ibride che sfrecciano da tutte le parti, potresti anche dargli ragione.

Mi sto allenando duro e cerco di conoscere il gioco di tutti i miei compagni. Tutti mi stanno aiutando ad inserirmi, sono arrivato a metà stagione per cui tutti fanno del loro meglio per farmi sentire a mio agio il più in fretta possibile”.

D’altro canto, parliamo pur sempre di un ragazzone di 24 anni da compiere la prossima settimana. E non chiamatelo Ciccio: vi assicuro che è scolpito nel marmo.

Gli anni sono 24 per Bennett, ma da quel draft 2013 ne sono già passati tre e mezzo.

Se è stato un male per me essere scelto alla 1? Non è stata una cosa buona o cattiva in sé. Da ogni cosa che mi è successa ho imparato qualcosa. Ho fatto esperienze, mi sono allenato duro ed ora sono qui”.

Qui pronto ad incontrare per la seconda volta in carriera Il Mago. La prima volta risale al 2013, in un anonimo Cavs-Knicks del 10 dicembre 2013: vince Cleveland per 109-94, il primo Bargnani post-Raptors ne mette 11 con un terribile 5/17 dal campo, il rookie Bennett nei Cavs pre-Lebron 2 appare per soli 6’ mandando a segno un canestro. Ci sarebbe in mezzo un altro incrocio, in un Knicks-Timberwolves del 19 marzo 2015, ma Bennett guarda dalla panchina la vittoria dei suoi su una New York che ha un Bargnani da 14 punti con 7/16 dal campo. A Istanbul, due settimane fa, si sono solo sfiorati: il giovedì il successo interno del Fener di Bennett sull’Oly, 24 ore dopo il Baskonia del Mago (4 punti e 4 rimbalzi) ko all’Abdi Ipekci contro l’Efes.

Se Bennett sta faticando anche solo a ricavarsi i suoi spazi, a Bargnani Sito Alonso spazio vorrebbe darne e pure tanto. Ma i continui infortuni, quelli che gli hanno dato il colpo di grazia nei suoi ultimi anni americani, ne stanno martoriando un’annata che a ottobre prometteva benissimo. La prima stagionale in Eurolega, dopo un ventello rifilato a Murcia e i 18 al Barcellona, è alla Fernando Buesa di Vitoria contro l’Efes.

Sembra di avere davanti il Mago dei 41 punti al Madison Square Garden.

Subito lanciato in quintetto, l’ex Raptor si ripresenta sui campi dell’Eurolega a 11 anni dall’ultima volta spiegando perché l’aveva lasciata con l’aurea di nuovo Nowitzki: palleggio-arresto-tiro, jumper poppando sul blocco sulla palla, tiro da 3 and so on

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Sembra la rinascita del Mago, uno che di solito le interviste le schiva e che invece nel post-Efes si scatena.

La gente dice molte cose. Io però ho giocato in Nba, questa gente dove ha giocato?”, tuona il lungo romano, che poi rincara la dose sul suo presunto (…) non essere un buon difensore. “Chi le dice queste cose? Le dite voi? Ho giocato in Nba per molti anni – ha dichiarato il Mago – la gente e i media parlano di qualunque cosa. Noi siamo professionisti e siamo esposti a questo tipo di commenti, sia quelli positivi sia quelli negativi. Quando giochi bene sei un dio, quando giochi male sei scarso”.

I tifosi del Baskonia gli tributano la standing ovation, lui si conferma una settimana dopo a Kaunas (17 punti con 6/10 dal campo), ma il primo infortunio della stagione, un problema al polpaccio, spezza la magia già sul finire di ottobre. Resta fermo tre settimane e al rientro, a parte qualche lampo in Acb, non si avvicina più a quegli standard. Dopo il polpaccio il ginocchio, poi il virus intestinale, ultimamente la schiena. E va bene che Voigtmann si stia dimostrando una gran presa e Diop cresca a vista d’occhio, ma ad Alonso l’amaro in bocca non lo toglie nessuno.

Bargnani ha viaggiato con noi ad Atene ma è stato così sfortunato da beccarsi una gastroenterite e le condizioni fisiche non erano quindi abbastanza buone per giocare in una competizione così importante – diceva il coach dopo l’amara sconfitta in volata a Oaka contro il Panathinaikos – stiamo giocando senza di lui, ma non da tre settimane, da tutto l’anno. In alcune partite ha aiutato, dimostrando il suo valore ed il suo livello, ma la squadra che sta giocando questa stagione è una squadra senza Bargnani. Sappiamo che ha avuto molti problemi fisici anche in passato, ma lo abbiamo scelto come nostra stella. E dobbiamo essere realistici, finora non ne è stato all’altezza. Ha ancora tutto da dimostrare. Cerchiamo di recuperarlo al più presto, lo possiamo aiutare. Non credo sia venuto a Vitoria come turista, vuole fare una buona stagione qui. Se dovesse fallire, avrebbe il futuro segnato.

Futuro. Chissà se Bennett si aspettava questo come futuro quattro anni fa, quando David Stern, all’ultimo draft della sua carriera, gli stendeva il berretto dei Cavs.

Ho scelto l’Europa perché ho sentito che era la miglior scelta per me – spiega l’ex Cavs – giocare qui è dura, specialmente in Eurolega ed è un bene per me. Ora non penso alla Nba, quello che succederà succederà, vedremo. Mi trovo bene al Fenerbahce, mi sto allenando duro cercando di conoscere il gioco di tutti i miei compagni per inserirmi al meglio. Tutti mi stanno dando una mano a farlo il più in fretta possibile, sono arrivato a metà stagione per cui tutti fanno del loro meglio per mettermi a mio agio impiegandoci meno tempo”.

Ma l’orologio gira ed Antonio da Toronto, pure se ormai da quasi due mesi sulle rive del Bosforo, di spazio continua a trovarne poco. Soprattutto in Eurolega, perché in campionato il suo lo starebbe facendo: 3 punti complessivi (la tripla in apertura del match della scorsa settimana contro lo Zalgiris) per un desolante 1/7 dal campo e 3 rimbalzi in 32’ complessivi giocati in Europa, ottimissimi 9,5 punti e 8,7 rimbalzi in 26,7 minuti di media nelle quattro gare giocate in terra d’Erdogan.

Non so perché mi stia usando in questa maniera coach Obradovic, è una sua decisione. Quello che posso dire è che sto ancora imparando, devo farmi trovare pronto ad ogni occasione”.

[Freimanis non sarà Anthony Davis, però…]

Anche a Bargnani, nell’ormai lontano 2006, il cappellino lo stese David Stern, quello dei Raptors in quel caso. Quei Raptors che, con la partenza di Bosh qualche anno dopo, sembrava pronto a prendersi in spalla, trovando invece l’inizio del lento e prematuro declino di una carriera che sembrava avviata verso ben altro destino dopo aver infilato quel cappellino. E di certo non ha aiutato un’immagine pubblica resa ancor più negativa da un carattere che fatica ad aprirsi all’esterno e, di conseguenza, uno scarso lavoro sulla propria immagine. Mettiamoci qualche uscita “curiosa” nelle rare interviste rilasciate ed il quadro è bell’e fatto.

Essere chiamato alla 1 è stata una cosa grandiosa, non l’ho mai vista come qualcosa di negativo. Significa essere il numero 1 e questo è buono, per esempio, sotto l’aspetto contrattuale”, affermava molto candidamente a fine estate presentandosi ai tifosi baschi in questa intervista. Mica da biasimare, per carità, voi sputereste sopra 73 milioni di dollari?

Gli stipendi del Mago anno per anno in Nba. fonte: Basketball-reference.com

Cosa sarà del futuro di B&B? Affermarsi in Europa o sperare in un’altra chance in Nba? Alla soglia dei 32 anni e con tanti, troppi acciacchi, per Bargnani l’America sembra un capitolo chiuso. Diverso potrebbe essere per Bennett: i 24 anni e, quindi, un bagaglio tecnico ancora da arricchire potrebbero un giorno schiudergli di nuovo le porte. Oggi, però è Fenerbahce-Baskonia, una sfida col profumo di Final Four e l’Eurolega nel mirino. Per diventare davvero numeri uno.

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Marco Pagliariccio

Di Sant'Elpidio a Mare (FM), giornalista col tiro dalla media più mortifero del quartiere in cui abita, sogna di chiedere a Spanoulis perché, seguendo il suo esempio, non si fa una ragione della sua calvizie.

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