Questo fine settimana, al Madison Square Garden di New York, ossia la capitale mondiale del basket, si giocherà il 64esimo All Star Game NBA.

Sì, lo so, “è una baracconata”, “è l’epitome dell’americanata”, “è il circo con la palla da basket” etc etc, sono tutte obiezioni validissime quelle che sostenete. Ma vi invito un attimo a soffermarvi sul fatto che stiamo parlando di quella che potenzialmente è la miglior partita di pallacanestro che questo nostro benedetto pianeta possa offrire.
I migliori 24 giocatori del mondo (al netto di infortuni) sullo stesso parquet, 1 pallone, 2 canestri a 28 metri di distanza l’uno dall’altro, 4 quarti da 12 minuti l’uno, insomma: il sogno bagnato di ogni innamorato di pallacanestro.

1990 Eastern Conference All-Star Team Portrait

Come presumo sia successo a tutti i giocatori di pallacanestro, quando da bambino ero in cortile da solo e prendevo in mano il pallone nel tentativo di fare canestro (il mio era verde, degli Charlotte Hornets, e portava il simbolo di Zo Mourning) e la fantasia aveva ancora diverse piste di vantaggio sull’oggettività, sognavo di giocare in NBA, e quel tiro che scheggiava il ferro o quella penetrazione con 7-8 passi era SEMPRE in un contesto NBA: segnavo in faccia a John Starks, battevo in 1 vs 1 Michael Jordan, tiravo sopra le braccia di Ewing, e via discorrendo. L’unico modo per poter giocare contro tutti quei campioni era quindi sognare ad occhi aperti di partecipare all’All Star Game. Per farla breve: son cresciuto col mito di quella partita, e non vedevo l’ora arrivasse febbraio ogni anno.

Sull’allora Tele+2 registravo tutto il weekend in videocassetta, e nei giorni successivi riguardavo la partita fino a che il nastro non si strappava dall’usura. La gara del tiro da 3 non mi interessava granché (tanto da 3 faccio canestro anch’io qualche volta, pensavo), e nemmeno la gara delle schiacciate, perché non capivo ancora la difficoltà tecnica che stava dietro ai voli che compivano quei ragazzi di colore.

Crescendo e sviluppando, con colpevole ritardo, capacità critica, mi sono accorto nel corso degli anni che la partita non è poi così avvincente, ok vedo giocate che porcavaccacomehafattoafarquelnumero, ma tolte quelle parliamo sostanzialmente di un’esibizione fatta e finita. E ho cominciato a sentire le sirene dei puristi del gioco, quelli che “non sarà mica una partita questa!” cui accennavo all’inizio di questo articolo. Ho iniziato a guardare l’All Star Game con più distacco emotivo: sì ok la guardo giusto per vedere due giocate spettacolari, dicevo tra me e me. Però la guardavo SEMPRE. E la guardo tuttora. Le sirene dei puristi evidentemente non sono così forti da dovermi legare al palo come Ulisse.

Anzi.

Col passare del tempo ho iniziato ad appassionarmi anche al resto dell’All Star Weekend: 3 Point shootout, Slam dunk contest, Rookie game, Skills challenge, e via discorrendo. Le esibizioni degli artisti. La presentazione dei giocatori. D’accordo, non è basket sul campo, ma è la sublimazione dello spettacolo legato e dovuto al basket. Chiunque parli di comunicazione del basket deve considerare l’All Star Game come Orsa Maggiore dei propri obiettivi. Decine di milioni di voti ai giocatori per la partecipazione, diritti tv venduti a cifre inimmaginabili, star dello show business esaltate a bordo campo. Cosa poter chiedere di più?

snoop

Forse potremmo solamente chiedere che la partita delle stelle, ossia il piatto principale del weekend, sia una partita vera, combattuta, tesa, agonistica. Ma è uno show, sarebbe una pretesa che va al di là delle intenzioni della NBA e gli attori principali, ossia i giocatori, non hanno MAI deluso le aspettative in termini di “show” dei propri mandanti.

Vorrei condividere con voi, che avete il coraggio e la pazienza di leggere questa mia serie di deliri sul weekend più esaltante dello show-business NBA, i  10 momenti che più velocemente mi hanno fatto scattare in piedi dal divano durante l’All Star Weekend (l’ordine è, volutamente, sparso):

  • Le due stoppate di Kobe Bryant a LeBron James sul finire dell’ASG 2013

Il paradiso degli haters insomma, LeBron che tenta di far recuperare la sua squadra e Kobe che per due volte di fila gli dice no. Una sorta di rivendicazione dell’autorità dei “vecchi” sulla Lega, vista in chiave molto romantica

 

  • L’uno contro uno di Shaq con Jordan in riscaldamento

“adesso sto Shaquille O’Neal si mette in uno contro uno con Jordan, ma pensa te sto cogl…..opporcatroiacoshafatto” devo aver pensato. Jordan all’epoca dominava l’NBA, il mondo dello sport, il mondo dell’abbigliamento sportivo, era uno dei personaggi più conosciuti al mondo (e su circa 5 miliardi di persone direi che non è un risultato da sottovalutare per un cestista); Shaquille O’Neal si apprestava a diventare una stella di prima grandezza del panorama NBA, ma lasciava ancora molte domande senza risposta nella testa degli addetti ai lavori. Quello che si è capito da subito, però, è che ci avrebbe senz’altro fatto divertire negli anni a venire (l’ultimo movimento spalle a canestro poteva farci anche capire qualcos’altro eh)

 

  • Il record di Glen Rice (20 punti in un quarto – 26 in un tempo)

Il terzo quarto dell’All Star Game del 1997 mi ha fatto innamorare di un giocatore che all’epoca (io adolescente sbarbatello) non conoscevo, se non per essere “quello di Charlotte che mi fa sempre canestro dall’angolo” quando giocavo a Nba Live con la Playstation: Glen Rice. 20 punti in un quarto (record), 26 punti in un tempo (record), espressione del viso di quello che sa esattamente cosa sta facendo. Attaccanti puri di tutto il mondo, gioite.

 

  • Arenas e McGrady che tirano da metà campo

All Star Game 2005, partita anche abbastanza noiosa onestamente fino a quel punto. Arenas che si prende un altro tiro ignorante, senza ritmo, toh, ha fatto canestro. McGrady porta la palla nell’altra metà campo, si arresta senza senso a 9 metri dal canestro, nessuno lo pressa, lamadonnachecanestro. Agent 0 la prende in sfida. Se non ve la ricordate, per vedere come finisce guardatevi il video.

 

  • 2003, ultimo ASG di Jordan che allo scadere la vinc….ah no, quello bravino con l’8 ha rovinato la festa.

Partita bellissima, Iverson e Marbury a fare i funamboli con la palla, Francis che mi fa impazzire, Yao Ming che polverizza ogni record di preferenze, Shaq, Brad Miller (Brad Miller?), Kobe, KG, e soprattutto, sua maestà His Airness che saluta tutti all’ultimo giro sulla giostra dell’All Star Weekend. Roba da magoni seri. Come dicevo, partita tesa, squadre quasi sempre appaiate, si arriva a 10” dalla fine con punteggio in perfetta parità, palla in mano a Jordan, a chi se no?
Ovviamente canestro. Ovviamente difficilissimo, ovviamente elegantissimo, ovviamente toccante, ovviamente fa cadere le braccia a tutti, ovviamente a tutti tranne a uno. E quell’uno è il suo erede naturale, quello che prova più di tutti a raggiungere il suo status di grandezza (solo in campo, “fuori” l’aurea di Jordan è inarrivabile per qualsiasi altro sportivo ever).

 

  • Vince Carter spiega al mondo intero come si schiaccia

Piccola premessa: lo Slam Dunk Contest non mi ha mai esaltato. Voli a canestro, fantasia, gesti atletici che si vedono solamente in quel contesto, ok. Ma quasi mai mi è venuta voglia di andare su Youtube a cercare un’esibizione passata, e difficilmente saprei fare un ipotetico podio delle schiacciate che più mi hanno impressionato durante la gara nei diversi anni. TRANNE IN QUESTO CASO. Nessuno aveva mai fatto prima né nessuno farà mai dopo quello che ha fatto Vincredible ad Oakland nel 2000. Se non ci credete, vi basti guardare la reazione dei giocatori a bordo campo. It’s over, it’s all over.

 

  • La remix di T-Mac

McGrady spiega il suo punto di vista sulla conduzione della transizione secondaria. Difesa schierata, attacchi l’angolo della lunetta, lanci la palla al tabellone e inchiodi a due mani mentre i difensori (e l’intero mondo della pallacanestro che sta guardando la partita) attoniti stanno cercando di capire cosa stia succedendo sopra le loro teste.

 

  • I promo

In questo gli americani, e il marketing NBA a maggior ragione, sono 4 spanne avanti rispetto al resto dell’umanità. Ne hanno fatti di tutti i gusti: energici, psicologici, musicali, ma il comune denominatore dei promo relativi all’All Star Game è la capacità di suscitare emozioni.
Vi metto a disposizione quello che negli anni ricordo con più piacere, enjoy

 

  • Belinelli “è caldo come una stufa” (cit.)

Orgoglio. Orgoglio immenso. Non so come altro descrivere il fatto che un nostro connazionale, partito da comprimario (per non dire da totalmente ignorato) in NBA diventi protagonista della parata delle stelle del basket mondiale. Già partecipare è una cosa da tatuarsi addosso il testo dell’invito, ma vincere la gara è il sogno di tutti che si avvera. Anni fa aveva partecipato anche Gallinari, ma non ha lasciato il segno. Belinelli ha dominato, sempre con la faccia di chi è lì per caso ma con la testa di chi vuol togliersi delle soddisfazioni. Quest’attitudine lo porterà a vincere anche qualcos’altro qualche mese dopo, ma non voglio divagare. 3, 2, 1, Belinelli for three, go.

 

  • Magic ci da l’arrivederci nel migliore dei modi

Nel novembre del 1991 Earvin Johnson, universalmente riconosciuto come Magic, dichiara al mondo di aver contratto l’Hiv. In quei tempi essere sieropositivo era poco meno di una condanna a morte. Io ero troppo piccolo per ricordare la reazione del mondo alla notizia, solo anni dopo sono riuscito a capire cosa significasse avere l’Hiv. Non sono ancora però riuscito a capire come un essere umano potesse giocare a pallacanestro in quel modo, sempre col sorriso sulle labbra. Basti pensare a cosa dicevano i suoi avversari di lui, solo stima infinita per la più grande point guard di sempre, rispetto incondizionato da parte di ogni persona che esprima la sua opinione a riguardo. Nel suo ultimo All Star Game c’era il mondo intero che gli si stringeva attorno e, manco a dirlo, ha illuminato e dominato il campo. Dal mio punto di vista, il momento più toccante della storia dell’All Star Game

 

Prepariamo quindi i divani, le birre, i salatini, i caffè, le Redbull e quant’altro possa tenerci svegli questo weekend. Perché al Madison Square Garden, New York, c’è in campo il meglio del basket mondiale, e avremo la possibilità di assistere a qualcosa di eccezionale, di divertente, di goliardico, di spettacolare.
D’altra parte tutti, dal malato di basket a quello che è solamente mosso da curiosità, abbiamo un immagine legata all’All Star Game ben fissata nella memoria. Volete farmi credere che quando sentite le parole “Michael Jordan”, la prima cosa che vi viene in mente è qualcosa di diverso da questo?

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1 comment

  1. Ci terrei inoltre a ricordare l'assist col gomito di Jason Williams al Rookie Challenge del 2000, dove a seguire commenterà: "L'ho fatto così tutti voi non mi chiederete mai più di rifarlo". Quando lo vidi, saltai! Dissi: "Non credo a ciò che ho appena visto."

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