immagine Candi in copertina Fabio Pozzati – Iguana Press
7 scudetti, 6 supercoppe, 9 Coppe Italia, 2 Coppe Saporta dopo, sono di nuovo l’una contro l’altra e anche, o forse, proprio perché stavolta si giocano “solo” una semifinale di A2, o più correttamente un grande pezzo di rinascita, entrambe rinuncerebbero ben volentieri ad una parte del loro prestigioso palmares, pur di tornare a respirare aria di serie A. Quella che, per la verità, non è mai mancata nemmeno nei due precedenti di stagione regolare ed ora, finalmente, impreziosisce un campionato che per tutto l’anno abbiamo descritto come un pezzo di serie A (c’erano 14 degli ultimi 20 scudetti) ma che senza loro due avrebbe seriamente rischiato di essere già assegnato alle partecipanti storiche della categoria.
Domenica alle 18, infatti, quasi 10 anni dopo l’ultima sfida playoff tra le due squadre (era il 18 Giugno 2006, gara 4 di finale), il PalaVerde riapre le porte ad un Treviso – Fortitudo che resta ancora oggi la sfida più giocata nella post-season di A (37 precedenti, 21-16 per i trevigiani) e poco importa che la prima non si chiami più Benetton, perché la sfida continua a conservare lo stesso fascino di quando in palio c’erano scudetti e partite europee.
Un passo indietro?
1997, gara 4 di finale con la F avanti 2-1 e tre volte con la palla del titolo:
Niente da fare, c’è bisogno di gara 5, che si gioca clamorosamente il giorno dopo, e nonostante 41 di Myers
1998, con un gran secondo tempo la Teamsystem batte la Benetton 73-55 e vince la Coppa Italia
1999, non vale direttamente un titolo, ma forse è la più incredibile
2000, la F va 0-1 sotto le triple di Edney, ma non molla e…
2006, l’ultima gara di playoff l’una contro l’altra, aspettando domenica:
Ma, “nella gioia e nel dolore”, due delle squadre storiche della nostra pallacanestro hanno dovuto superare anche pagine ben più amare della loro storia recente, trovando, però, entrambe soprattutto nella passione del proprio pubblico la forza di risalire abbastanza rapidamente dai bassifondi del panorama nazionale.
Disputato l’ultimo campionato nel 2012 (11^), dopo che patron Benetton aveva già anticipatamente annunciato la volontà di mettere fine all’attività agonistica di Basket e Volley (articolo sulla gazzetta), Treviso è rimasta senza basket nei campionati nazionali per un anno, trovando nella neonata Universo Treviso (colori biancoblù, come quelli della città) la sua massima espressione senior cestistica cittadina o più in generale la scialuppa di salvataggio e la speranza di tornare velocemente nel basket che conta. Il purgatorio, però, è durato poco, perché ha vinto il campionato di Promozione Regionale al primo colpo.
La società, tornata nel frattempo a giocare al PalaVerde, ha chiesto ed ottenuto l’ammissione direttamente in una Serie B finita però troppo presto, con la precoce eliminazione ai quarti di finale.
L’organizzazione e struttura societaria, guidata da Paolo Vazzoler, (presidente che in quanto a passione è unico in Italia) procede però spedita tanto da ritenere poco utile un altro anno di Serie B ed acquisire il titolo sportivo del Basket Nord Barese per partecipare subito alla A2 Silver: in panchina un coach abituato a primeggiare a queste latitudini, Stefano Pillastrini.
Vinta platonicamente la Silver al primo tentativo (la formula prevedeva il transito delle prime 13 squadre alla A2 attuale) impreziosita dalla partecipazione alla Coppa Italia di Rimini ed al turno di playoff contro Agrigento, nonostante il raddoppio delle candidate (da 16 a 32) e la presenza di formazioni attrezzatissime, la De’ Longhi non ha sofferto lo scotto del noviziato, vincendo la sua seconda regular season consecutiva, perfettamente costruita da quell’Andrea Gracis uno dei grandi anelli di congiunzione rispetto alla tradizione precedente (assieme a Giovanni Favaro). Treviso Basket, oltre ai risultati sul campo, ha ottenuto un risultato molto più importante: l’affetto e la ritrovata passione del pubblico che non si vedevano da tanto tempo.
Questo è l’altalenante e vicendevole andamento nei playoff i veri punti di rottura rispetto ad una Fortitudo che ha dovuto soffrire decisamente di più, prima di riappropriarsi, sul campo, di una categoria più consona ai suoi standard ed al suo seguito, ma sempre, a differenza di Treviso, nel segno di chi la “F” ce l’aveva tatuata sotto pelle: Cittadini prima, Sorrentino e Quaglia ieri e oggi, Montano e Candi a tracciare già adesso la strada per un futuro tornato luminoso con una promozione in A2. Un palcoscenico riottenuto cinque anni dopo la prima volta, solo quando un grande ex come Matteo Boniciolli ha deciso, lui che di certo non è insensibile alle sfide cariche di emozione e passione genuina, di tuffarsi forse “per amore, solo per amore” della F in un campionato molto più che ignoto come la Serie B, a lui che era di ritorno dal Kazakistan. Cinque anni dopo, dicevamo, perché nel 2010, dopo un’amara retrocessione in A2 causata da un canestro non convalidato a Matteo Malaventura nella gara di Teramo poi persa 73-72 ed una ulteriore esclusione per pendenze economiche che da quella A2 la escluse e la costrinse a chiedere di essere ammessa alla serie A dilettanti, quel campionato la “F” lo giocò e lo vinse, al termine di una ancora adesso indimenticabile gara 5 di finale vinta a Forlì.
Scherzo del destino fu ancora Malaventura a mettere il timbro decisivo, stavolta valido, in una serie di corsi e ricorsi storici che riconducono prima di tutto a due nomi: Davide Lamma e PalaCredito di Romagna. Perché ancora per inadempienze finanziarie la F quella A2 per la seconda volta di seguito non la giocherà mai, originando quasi un lustro di maldestri tentativi di imitazione (Biancoblu Bologna in A2 dopo aver scambiato il titolo con Ferrara) ed una serie di infruttuosi tentativi di rinascita (gli Eagles, la squadra della Fossa, ripescati dopo una finale di B persa con Lucca ma esclusi dopo due mesi di pellegrinaggio alla ricerca di un campo anche dalla DNA per non aver pagato la prima tassa), di apparizioni inizialmente poco pronosticabili (Matteo Imbrò e Gherardo Sabatini, tra gli altri), ritorni non concretizzati come quelli di un altro fortitudino “doc” come Alessandro Piazza che in quegli Eagles che fallirono ci giocò, premature eliminazioni (0-2 con Cento al primo turno dei playoff ’13-14), la F, con tutti i crismi storici (Fossa, logo e codice federale) lo scorso anno si presenta all’ultimo atto verso la A2, dopo aver vinto il proprio tabellone playoff anche a causa delle cocenti uscite delle prime due teste di serie, Udine e Cento. C’è ancora Davide Lamma, come nel 2010, di nuovo alla F dopo aver trovato anche il tempo di vincere un campionato con la Mantova di altri due grandi ex, Jordan Losi ed Alex Ranuzzi.
Dove si gioca? Fin troppo facile. Ancora Forlì, una partita che un decennio prima sarebbe valsa traguardi ben più prestigiosi.
Stavolta, però, le parti sembrano fin da subito destinate ad invertirsi e a Forlì va in scena la prima partita con tre tifoserie, perché mentre è ancora in corso Agropoli – Rieti, per la prima promozione, la “Fossa” invade quella curva dove aveva già festeggiato anni prima, pronta per la sfida agli otto volte campioni d’Italia.
Poca storia, in campo e sugli spalti: Montano e Candi segnano, i più esperti difendono alla morte e sul 66-42 rispediscono nuovamente la F in serie A.
Al termine della stessa stagione sportiva, dunque, sfruttando anche la scorciatoia della già citata riforma della A2 unificata, Treviso e Bologna tornano non solo a giocare lo stesso campionato, ma soprattutto a respirare aria e profumo di Serie A. Ma i verdetti di otto mesi di stagione regolare – la De’ Longhi sempre in prima fila, la F troppo sofferente e claudicante lontano da casa – rischiano di essere sovvertiti in quella pazza ed imprevedibile roulette russa dei playoff, dove, all’improvviso, Treviso rischia più volte l’eliminazione (va sotto 1-2 con Casale, è -14 nella quinta contro la Ferentino di Bulleri) perdendo in casa in meno di un mese quanto in tutta la stagione regolare (due volte). L’Aquila, invece, si riscopre improvvisamente squadra da corsa e da trasferta, vincendo una volta e sciupando la seconda al supplementare da +20 ad Agropoli ed espugnando per due volte in fila il PalaMoncada di Agrigento, prima di firmare lo sweep nell’ultimo minuto di gara 3.
Allora adesso è la settima che la prima, presa per mano (19 punti in gara 5, 12 di fila e l’assist decisivo) dal più piccolo di tutti e figlio d’arte, Davide Moretti (’98), che di derby ne giocherà parecchi all’interno della stessa serie. Contro la Fortitudo che solo per una stagione fu del padre, colonna virtussina dei primi anni ’90, e che il Bulleri un decennio in maglia Benetton, l’ha eliminato così
Ma più in generale oltre che dall’entusiasmo del pubblico (assisteremo a spettacoli coreografici e di tifo unici in Italia) e la sagacia tattica di due allenatori tanto diversi caratterialmente tra loro, quanto strepitosamente capaci di modellare le rispettive squadre a propria immagine e somiglianza, le due squadre si presentano a questa semifinale accumulata dalla grande propensione difensiva e dall’innato agonismo e spirito di sacrificio di un gruppo di italiani che ha saputo anteporre ed esaltare il sistema al singolo e rendersi indispensabile nel completare il primario apporto degli americani.
Poco importa, allora, se probabilmente assisteremo a partite molto tattiche ed a punteggi bassi, perché anche se non giocano più Myers e Pittis, tiferemo per le prodezze di uno strepitoso playmaker che risponde al nome di Fantinelli e le scorribande del talento di Montano come se in campo ci fossero ancora Edney e Pozzecco, sapremo lasciarci conquistare dalla carica di Amoroso e dalle bombe di Carraretto, dalla concretezza di Fabi e dalla solidità di Matteo Negri, dalla grinta di Italiano e Rinaldi e quando guarderemo verso le due curve, non ci accorgeremo che si starà giocando “solo” una semifinale di A2 e non per lo Scudetto, perché per il momento l’importante è poter dire ad entrambe: BENTORNATE!