articolo di Edoardo Caianiello
foto in copertina di Vincenzo Del Negro (Ciamillo-Castoria)

 

 

I temporali estivi forse fanno ancora più paura. Era il luglio del 2015 ed un temporale inaspettato e dalle nubi nerissime aveva colpito la Roma dei canestri: l’autoretrocessione. Qualche giorno prima l’arrivo di questa dura decisione, un tweet aveva confermato il pagamento del bollettino freccia, valido per l’iscrizione alla Serie A. Ma le nubi si addensano e qualcosa sembra non tornare, i tifosi della Virtus Roma scendono in piazza al grido di “Salviamo la Virtus Roma”, proprio sotto al Campidoglio.

Ma non più tardi di una settimana dopo, il 15 luglio, il tuono: il presidente Toti annuncia che non è in grado di poter sostenere i costi della massima serie e che quindi la Virtus Roma ripartirà dalla serie A2, per provare a rigenerarsi e ristrutturarsi soprattutto nel territorio della sua città.

Da quel giorno sono passate quattro stagioni. Tito Livio diceva che è tipico dei romani saper agire e saper soffrire in grande e dalla decisione di scendere in A2, di sofferenza ne è passata tanta sotto i ponti della Capitale.

#Ripartiamo, è questo lo slogan che sceglie la società per la campagna abbonamenti, a sostegno di una squadra fatta totalmente di volti nuovi e di un coach che poi tanto nuovo per i canestri di Roma non era. La scelta della dirigenza capitolina ricade su Guido Saibene ma un passo indietro è necessario. Nei giorni antecedenti l’inizio della stagione sono tante le voci che corrono lungo i corridoi della città eterna, di una possibile fusione tra diverse realtà proprio della stessa città, con Eurobasket (all’epoca militante in Serie B e negli anni precedenti forza “giovanile” della stessa Virtus) pronto ad unirsi con la società del presidente Toti. Ma tra una cena e l’altra, una riunione e poi un’altra ancora, quell’accordo non si trova e dunque ognuno per la sua strada.

Dunque è Guido Saibene il nuovo allenatore, lui che Roma la conosce bene, essendo stato dal 2002 al 2008 assistente dei diversi allenatori che si sono succeduti sulla panchina capitolina, compresa una piccolissima parentesi da head coach nella stagione 2005.

Tra i tifosi circola rabbia e paura, è difficile accettare una situazione del genere ed al centro delle critiche c’è il presidente Toti. Nel frattempo l’inizio della stagione incombe e il tempo è sempre di meno e c’è una squadra da costruire. Sono giorni strani, non si sa cosa aspettarsi, dove guardare e cosa sperare, ed anche per quello che riguarda il “basket mercato”, i nomi che i tifosi leggono non sono quelli a cui ci si era abituati.

La A2 prevede la possibilità di poter schierare due extracomunitari ed un giocatore con passaporto, il resto sono tutti italiani. Il nuovo capitano è Giuliano Maresca, romano (cresciuto sotto gli insegnamenti di Roberto Castellano), con esperienza per la categoria, arriva da Barcellona Pozzo di Gotto insieme a Ennio Leonzio, giovane che Roma l’aveva conosciuta con la maglia della Stella Azzurra di Germano D’Arcangeli. L’altro ragazzo della squadra è Gabriele Benetti, promessa che arriva in prestito dalla Virtus Bologna, la regia invece viene affidata a Guido Meini. Da Senigallia e da Montichiari, società di serie B, arrivano due realizzatori della categoria, Riccardo Casagrande e Simone Bonfiglio ed un mestierante dal taglio istrionico, Davide Zambon.

Foto di Federico Rossini

Ma quello che il pubblico di Roma impara sin da subito è che per la categoria sono importanti gli “stranieri”: da Biella arriva Alan Voskuil, da Israele il nigeriano Jamal Olasewere e da Varese, Craig Callahan.

La stagione si apre il 4 Ottobre del 2015, ore 18, Palazzetto dello Sport di Piazza Apollodoro. E’ tutto strano, è tutto così strano, c’è uno strano silenzio che dentro nasconde un sentimento schizofrenico e bipolare: tifo, rabbia, passione sono battiti di uno stesso cuore, di quello “zoccolo duro” che siede sui gradini dell’impianto di Viale Tiziano. La paura e la responsabilità di vestire una maglia come quella di Roma si sente in campo, la squadra non gira ed arriva la sconfitta: vince Derthona 57-64.

Il pallone da pallavolo incastrato tra le volte del tetto del PalaTiziano osserva ed ascolta, Roma è triste. Coach Cavina dichiara: “La prima di campionato non ci si aspetta mai una bella partita e io definisco la vittoria di oggi storica per il Derthona… E’ la nostra prima giornata nella lega nazionale, e grazie ai nostri tifosi venuti fino a qui perchè quando sei stanco e li senti ti dà una carica speciale.” Guido Saibene prova a risollevare un morale che nemmeno una gru potrebbe risollevare, sembra tutto buio ma lui ci crede: “Ai giocatori ho chiesto di trovare il modo di essere riconoscibili: vogliamo dare un’identità alla nostra pallacanestro, nella speranza di riuscire a dare a chi ci segue qualcosa. Abbiamo una squadra appena fatta e poco lavoro in preseason, ma non voglio attaccarmi a questo: questi sono i miei ragazzi e per me sono i più forti giocatori del mondo. Questi sono i giocatori della Virtus Roma, e questi ragazzi si parlano, si allenano, lavorano e faticano tanto; oggi la partita difensivamente è stata accettabile, ma ora la squadra ha bisogno di trovarsi, abbiamo delle difficoltà oggettive da superare, ma qui la gente lavora e migliorerà. Quello che voglio è riportare Roma dove le spetta, e voglio fare il primo passo perchè qualcuno lo deve fare: non vi dico che sarò io a riportarla dove stava, ma vi dico che il primo passo lo faccio sicuro.”

Un vecchio detto dice che quando piove, grandina. A Roma pure ma quando piove non grandina solo, si aprono buche ovunque. Quella che si stava aprendo sotto i piedi di Roma era una vera e propria voragine: arriva la sconfitta con Ferentino, poi quella con Agrigento, la partita successiva vede la squadra di Saibene impegnata sul campo di Rieti. E mentre la società presenta il “Progetto Virtus” volto a ricollegare la Virtus Roma con altre società del territorio, il prepartita non è dei migliori e sui quotidiani sportivi escono le foto che testimonierebbero un alterco tra Ennio Leonzio e Guido Saibene, coach della squadra. Nella tempesta la squadra scende in campo ed arriva la quarta sconfitta consecutiva, quella che sommata a quanto successo negli spogliatoi, costa la panchina a Saibene.

La società sceglie l’esperienza di Attilio Caja. Nelle due partite successive ci si mette anche la sfortuna: arriva la sconfitta con Casalpusterlengo dove Daniele Sandri (tenere aperta l’icona) schiaffeggia letteralmente la difesa di Roma e poi una tripla allo scadere di Tavernari (sino a quel momento 1/10) condanna la squadra di Caja alla sconfitta con Agropoli, alla sesta in campionato.

06-, il prefisso di Roma per le telefonate ma dall’altra parte della cornetta ora c’è l’incubo della retrocessione. La Virtus sembra pagare a caro prezzo, come vittima del karma, la scelta dell’autoretrocessione e vede concretamente la serie B.

Quando il buio sembra farsi prepotente, ecco la luce. Arrivano cinque vittorie consecutive, la prima contro Biella e l’ultima di queste contro Siena, una sfida che non sarà mai come le altre, in un pomeriggio da ricordare. I ragazzi in campo sembrano “posseduti”: Callahan è una montagna troppo larga da aggirare per i senesi che si arrendono sotto i colpi dei romani.

Renzi e Mays (41 punti) rovinano la festa di Roma nella trasferta di Trapani e poi ci si mette anche a Latina a riportare con i piedi per terra Maresca ed i suoi. Tra alti e bassi Roma prova a risalire la china ma la zona playout non sembra voler lasciare andare la Virtus che si gioca tutto le ultime giornate. Ed è proprio lì che i playout diventano una “quasi” certezza: arrivano le sconfitte con Siena e Latina fuori casa e con Trapani tra le mura amiche dove sono ancora una volta Renzi e Mays a piegare la resistenza della difesa virtussina. “Ma lei lo sa chi è Renzi?” chiede Attilio Caja in conferenza stampa ad un giornalista che a sua volta domandava come avesse potuto Renzi dominare così (nonostante quanto già fatto all’andata), “Ci salveremo?” si chiedono i tifosi di Roma.

La sorpresa arriva alla giornata successiva quando Roma, contro ogni pronostico, batte la capolista Scafati, che aveva vinto non più tardi di un mese prima la Coppa Italia di A2. All’ultima giornata dunque c’è ancora qualche incastro che potrebbe salvare Roma dai playout: vincere a Casale Monferrato sarebbe bastato ed in alternativa sperare nella contestuale sconfitta di Latina in casa contro Casalpusterlengo.

I tifosi ci credono, sperano che la squadra dopo un anno così, ce la faccia. Non succede ed a Casale Monferrato una partita umiliante condanna Roma a sperare in Latina. Latina non gioca bene e Casalpusterlengo va sopra, ma nel finale i pontini si rifanno sotto ed arrivano ad avere nelle mani il tiro per la vittoria. Quel tiro non entra, Roma è ai playout.

Niente sembra andare per il verso giusto ed anche quella che sembra un’ancora di speranza si rivelerà poi essere un’altra voragine: nel mese di Marzo l’università Niccolò Cusano decide di diventare sponsor e partner della Virtus Roma.

Ai playout Roma al primo turno trova Recanati. Per via del fattore campo a favore, la prima sfida si gioca al Palazzetto dello Sport di Viale Tiziano: Roma gioca una buona partita e si porta sull’1-0 e tra i tifosi inizia a serpeggiare quella che gli animi puri sono soliti chiamare “speranza”.  Speranza che dura il tempo di giocare gara-2 dove Kenny Lawson maltratta i padroni di casa ed è parità.

Si va a Porto San Giorgio, dove pare si mangi un ottimo brodetto. Una partita folle il terzo episodio della serie, termina 102-95 per i marchigiani con Smith che bombarda Roma senza pietà. Ma più dura della sconfitta è quello che succede dopo a gettare un’ombra ancora più sinistra sul futuro di Roma. I tifosi presenti non ce la fanno più e chiedono un confronto con la squadra e con l’allenatore, dopo un’ora dal termine della partita Attilio Caja comunica di voler lasciare la panchina.

Le parti provano a trattare ma il pomeriggio del giorno dopo sul sito ufficiale della società compare scritto ciò: “La Virtus Roma comunica di aver temporaneamente sospeso il sig. Attilio Caja dall’incarico di coach della prima squadra. La squadra verrà affidata per l’attività al vice Riccardo Esposito”.

Foto di Federico Rossini

Si deve tornare a Porto San Giorgio per gara-4 con Caja che ha lasciato la nave nella tempesta e con Riccardo Esposito ed Umberto Zanchi a dover portare tutti in salvo: a Roma non si tornerà mai per la “bella”, ci si gioca tutto contro Omegna, all’ultimo turno, ancora una volta con il fattore campo.

La presenza di Esposito e Zanchi sulla panchina non placa l’ira verso la dirigenza ma sembra compattare il pubblico intorno alla squadra che davvero ha bisogno della sua città, in un momento così nero. Questa volta tutto va come deve andare: Roma non sbaglia in gara-1, non sbaglia in gara-2 e non sbaglia nemmeno in gara-3. E’ salva: Riccardo Esposito ed Umberto Zanchi ce l’hanno fatta.

Ma non è un’estate tranquilla. Lo sponsor che ha firmato non più tardi di due mesi prima decide di ritornare sui suoi passi e fa iniziare con Roma un botta e risposta di comunicati che poi si trasformerà in battaglia legale (vinta da Roma). Ma non è tutto e sempre per quella storia che quando piove, grandina e quando piove, nella Capitale, si aprono voragini impressionanti, un altro incubo si abbatte nei sogni dei tifosi.

Un ritardo dei pagamenti, valido per l’iscrizione, esclude Roma dal campionato. Si ricorre agli organi federali che in due gradi di giudizio da torto alla società del presidente Toti, che dunque si rivolge al CONI. Nonostante il caldo atroce di quei giorni, con l’asfalto bollente in grado di sciogliere persino le suole delle scarpe, il sangue nelle vene è gelato.

I tifosi sono esausti e sui social network la sopportazione è al limite. Non ci si riesce davvero a spiegare come sia possibile, dopo un’autoretrocessione, dopo un anno chiuso all’ultimo turno dei playout, trovarsi in una situazione del genere. Il CONI riammette la squadra al campionato, la Virtus è ancora una volta, salva.

In panchina arriva Fabio Corbani, che aveva lasciato Cantù qualche mese prima mentre l’architetto è Simone Giofrè, che già da qualche tempo si era avvicinato alla Capitale. La mente di Corbani e Giofrè è sul campo, non nei tribunali dove si sta decidendo il futuro di Roma e nonostante tutto, strappano il sì di giocatori che con coraggio e lealtà, accettano la sfida della Virtus.

Il budget non è copioso, complice anche quanto successo con lo sponsor, ma c’è un’idea dietro a questa squadra. Si firmano Massimo Chessa, Aristide Landi, Daniele Sandri (al suo primo ritorno) ed il giovane talento Tommaso Baldasso, c’è la firma di Jacopo Vedovato e sono confermati Maresca e Benetti. La coppia di americani è di quelle che non si scorda: Anthony Raffa e John Brown III.

Già dalla prima amichevole di precampionato, il pubblico sembra essersi riavvicinato alla squadra. Perché a Roma non si potranno mai levare i borbottii, l’onniscienza, la tuttologia ma quando si tratta di tifare e di esercitare la propria fede, è in grado di provare un senso di appartenenza senza eguali.

E’ una squadra che sin da subito vive e si nutre della sua idea, non perfetta, ma è perfetta la sua applicazione nel volerla giocare. Paga in difesa ma in attacco è una macchina da guerra e quello che sembrava un fuscello troppo leggero per giocare sotto canestro e per reggere i contatti, si rivela essere uno dei giocatori più intelligenti e dominanti del campionato, il cui nome e cognome è John Brown.

Foto di Federico Rossini

Si crea un gruppo fantastico in cui quello che lega la squadra va aldilà del semplice rapporto sportivo ed in campo si vede. Si corre e si segna e Brown è l’arma in più che le difese non riescono ad arginare: il pubblico si diverte e come sempre gioisce e critica ma finalmente si parla di campo e le vibrazioni sono assolutamente positive.

Si apre con tre vittorie il campionato, poi arrivano anche le sconfitte ma questa volta non c’è la paura negli occhi dei tifosi. Un po’ di delusione monta il giorno del “derby”: l’Eurobasket, che l’anno prima aveva colto la promozione dalla B alla A2, vince la stracittadina con Deloach che punisce la Virtus allo scadere. Da lì la reazione di Roma è rabbiosa e getta il cuore aldilà dell’ostacolo e degli infortuni: si arriva alla sfida con Scafati che vale la Coppa Italia. Dopo sei minuti si fa male John Brown, costretto ad uscire, Maresca non è al meglio e Chessa recupera in extremis.

Manco circa ventisette secondi alla fine, Scafati non riesce a segnare e commette infrazione di ventiquattro secondi. Roma è sotto di un punto, Raffa si va a prendere il pallone e con tutta la sua “sacra” follia attacca l’uomo, penetra ed all’ultimo scarica per Sandri che taglia e deposita sul fondo della retina. Lui, proprio lui, che aveva fallito il tiro della vittoria con Eurobasket e contro Legnano, segna il canestro che vale la qualificazione alla Coppa Italia.

Bologna vale sempre una gita e se ci si va per la Coppa Italia, è ancora meglio. L’avversaria è Treviso, una delle squadre più forti della categoria. Veder giocare Davide Moretti è bellissimo ma Roma in campo è nervi ed emozione, non arretra di un passo di fronte a quello che a tutti gli effetti è un avversario più forte, che alla fine vince, complici anche un paio di scelte di Raffa, da Raffa.

Il campionato prosegue sugli stessi binari e Roma chiude al quinto posto, che vuol dire playoff. L’avversario per la post season è Ravenna, magistralmente guidata da Antimo Martino e che accoglie i ragazzi di Corbani in un ambiente caldo ed appassionato con tanti tifosi della Virtus saliti per l’occasione. Roma non ce la fa ad arginare l’offensiva bizantina e con qualche dubbio su un paio di fischi, di cui uno su Landi, si torna nella Capitale sul 2-0 per i romagnoli.

Con orgoglio la Virtus combatte ed accorcia ma cede in gara -4 e termina il suo campionato, tra gli applausi. Che hanno un rumore diverso rispetto ai sospiri di sollievo dell’anno precedente. Al saluto della squadra con i tifosi, partecipa un sacco di gente, e Raffa è il mattatore del pomeriggio: fuori dall’impianto apre il cofano della sua macchina ed inizia a regalare gadget ai tifosi presenti, sino a lanciare le sue scarpe.

Foto di Federico Rossini

Cantava Antonello Venditti che vivere a Roma è sempre un problema, soprattutto se in mente viene un’idea e che per un giorno di gloria, ci sono mille notti di insonnia. E dopo la bella stagione dell’anno passato, non era più tempo di dormire sogni tranquilli.

La stagione si apre con l’allontanamento di Simone Giofrè, con la squadra ancora in costruzione, ma con l’annuncio di Paolo Ronci nel ruolo di direttore generale. Roma non trova la quadratura del cerchio e in campo la squadra non sembra né carne e né pesce. Torna a montare la delusione, torna a montare la rabbia, torna a riaffacciarsi la paura.

Ed in campo non si vince e fuori non sembra esserci la serenità dello scorso anno: dopo tre sconfitte, arrivano due vittorie ma è a Napoli che la squadra tocca il fondo, contro una squadra che sino a quel momento non aveva mai vinto una partita. Sembra davvero che qualcosa si sia spento e non sembra esserci il modo di poter riaccendere un fuoco che sembra del tutto assopito.

Al Palazzetto dello Sport arriva Rieti, guidata da un ex come Jamal Olasewere. E poteva finire diversamente da un canestro da tre di Olasewere (che non è proprio per meccanica e percentuali un tiratore dalla lunga distanza) nel finale? No. E così il destino punisce Roma e sancisce l’addio di Fabio Corbani che viene sostituito da Luca Bechi.

Arriva Valerio Spinelli come direttore sportivo ma la stagione non migliora e la strada di Roma verso i playout sembra inesorabile. Viene allontanato anche Luca Bechi e ad inizio Marzo viene annunciato Piero Bucchi per provare a raggiungere quello che è un obiettivo assolutamente da raggiungere: la salvezza.

Roma prova ad aggiustare anche il roster: vengono presi Demian Filloy (che non sembra però dare garanzie fisiche) e Davide Parente, per cercare di sopperire alle difficoltà di Tommaso Baldasso che partito e scelto come playmaker titolare, complice la stagione sfortunata, non stava rendendo secondo quelle che erano le aspettative.

Sono tante le delusioni ed i bocconi amari da ingoiare nel corso della stagione, ultimo la sconfitta nel girone di ritorno con l’Eurobasket, con i ragazzi delle giovanili di quest’ultima a cantare “Serie B, Serie B” ai tifosi virtussini. I playout sono oramai una certezza ed una fortuna si para lungo il cammino dei capitolini: Napoli non ci crede più da tempo ed ha iniziato a dismettere già da tempo a livello di energie e nonostante la firma di un Turner irriconoscibile, porta avanti un cammino davvero disastroso. Ed è proprio la presenza di quella Napoli – divenuta intanto penultima dopo i 34 punti di penalizzazione inflitti a Reggio Calabria – a far stare non tranquille, ma almeno più serene, le altre partecipanti alla fase dei playout del campionato: Roma incontra Roseto al primo turno ed al terzo episodio, raggiunge l’agognata salvezza.

No, un altro anno così no: i due playout hanno messo troppo alla prova il cuore dei tifosi che purtroppo vivono nella disillusione. Sempre in quei famosi corridoi della città capitale inizia a spargersi la voce che qualcosa intorno alla società stia cambiando e che le ambizioni sono diverse rispetto agli scorsi anni.

Viene chiuso il Palazzetto dello Sport senza sorta di appello, il Comune deve fare i lavori di cui da tanto tempo si parla. Da quel giorno, da quella chiusura, nessun lavoro è stato iniziato.

Iniziano a circolare rumors di ogni sorta che vogliono la Virtus Roma lontana dalla sua città in stagione a causa dell’assenza di un campo da gioco. Rumors che vengono zittiti senza sorta di appello alcuno dall’annuncio che sconvolge la città e che accende l’entusiasmo nei tifosi, che ora davvero ci credono: la Virtus Roma giocherà al PalaEur, la sua casa e la casa dei suoi trionfi.

Viene confermato Piero Bucchi e con lui anche Landi, Baldasso e Chessa (che diventa capitano) e vengono presi Santiangeli, Saccaggi ed Alibegovic, con il ritorno (il secondo) di Daniele Sandri. Gli americani fanno esplodere i tifosi: il play sarà Nic Moore ed il centro invece è Henry Sims.

Foto di Federico Rossini

La prima amichevole è piena di gente che vuole vedere questa squadra, la gente ci crede, la gente sa che il primo posto può valere il diretto ritorno in Serie A. I bambini impazziscono per Moore e Sims e non potrebbe essere altrimenti e chi da tempo la sostiene non può non notare la bravura nel sapersi rinnovare pur mantenendo ben saldi i suoi punti fissi che da anni, nel bene e nel male, vivono accanto alla squadra.

C’è un’aria diversa, c’è il PalaEur, c’è una squadra forte. Il campionato si apre con Cassino (neo promossa) e con una vittoria ma alla seconda qualcosa sembra già scricchiolare: Roma vola a Bergamo dove esce con le ossa rotte dal confronto, si riaffacciano i fantasmi del passato.

La reazione della squadra è rabbiosa: sette vittorie consecutive, di cui la più importante con Capo D’Orlando, proprio sul campo dei siciliani. La sconfitta riabbraccia la Virtus Roma proprio al Palazzo dello Sport dell’Eur quando arriva la Rieti di chi su quel campo aveva vestito l’ultima maglia della serie A1, e cioè Bobby Jones. L’ex di turno fa una partita di pura leadership e dominio tecnico, autentico enigma per i ragazzi di Bucchi, irrisolto.

La partita con Treviglio è una partita particolare, non per quello che succede sul campo ma per quello che accade dopo il primo canestro realizzato dalla Virtus Roma. Un applauso sale forte e commosso, è nel ricordo di Pier Carlo Zini, appassionato tifoso della squadra capitolina, scomparso qualche giorno prima.

Landi cresce partita dopo partita e le sue statistiche raccontano di un “americano aggiunto”, Sandri è l’ago della bilancia difensiva di Roma e la sua assenza tanto si è sentita nel corso della stagione. Sims è il totem e quello a cui dare la palla quando scotta, a volte troppo. Ma la squadra e forte ed anche non giocando bene, vince. Vince dunque ma mentalmente a volte cade in momenti di blackout che le costano caro e quando ce la fa, rimonta e vince, quando non ce la fa, viene sconfitta. Così succede contro Scafati, a Capodanno, Roma rimonta ma nel finale, complice una propria follia e complice un tiro di Thomas allo scadere (vedi la famosa legge dell’ex), perde.

A proposito di blackout: dopo la vittoria con Legnano, la luce si spegna del tutto contro Cassino, alla prima giornata di ritorno. I padroni di casa, sul campo di Frosinone, sfruttano l’entusiasmo per la firma di Mike Hall che nel secondo tempo spiega due o tre cose di pallacanestro ma è Roma e la sua testa il problema: non c’è e questi due punti peseranno tanto nel corso dell’anno.

Nel frattempo Bergamo non molla ed aggancia la Virtus Roma: Roderick sta guidando i lombardi in una cavalcata incredibile. Roma deve battere Bergamo se non vuole vivere di rimpianti: ma c’è Latina di mezzo, che è terza in classifica e ispirata offensivamente come nessun altra. Arrivano i pontini al Palazzo dello Sport e Roma vince e con entusiasmo attende Bergamo. Che arriva e perde Roderick per falli anzitempo, la Virtus ne approfitta e conquista due punti tra gli applausi di un pubblico molto numeroso.

Foto di Federico Rossini

Morto un Papa, se ne fa sempre un altro. E battuta Bergamo c’è un nuovo duo di avversari da tenere a bada: Rieti e Capo D’Orlando, che Roma deve affrontare. Alla sfida contro l’Orlandina, i romani ci arrivano con l’entusiasmo a mille, grazie al canestro allo scadere di Saccaggi contro Casale Monferrato.

Entusiasmo che alla sirena contro i siciliani non c’è: Brandon Triche ha gelato tutti nel finale e Capo D’Orlando ha vinto di uno.

Siccome repetita iuvant, dopo una siciliana eccone un’altra. La Virtus vola a Trapani e al termine di una partita stranissima, a causa di un ennesimo blackout, e con i siciliani senza un americano, esce sconfitta, ancora una volta di un punto. A Capo D’Orlando è festa grande, a tal punto che la stessa Orlandina sui suoi social network ringrazia la Pallacanestro Trapani.

Nel frattempo è tempo di volare in Coppa Italia, Roma è ancora prima in classifica. Vince agilmente con Verona, perde ma con onore con la Fortitudo Bologna, ma la testa è al campionato.

Nel frattempo Paolo Ronci ha salutato e la stagione riprende con la sfida contro Tortona: Roma ci mette tre quarti a domare gli avversari e la testa ora è diretta verso Rieti, per lo scontro che vale una stagione.

Il PalaSojourner è pieno ma Sims e compagni non sembrano sentire il rumore e macinano pallacanestro, una partita perfetta per tre quarti, poi il buio. Inspiegabile. Roma si fa rimontare un vantaggio di venti lunghezze e cade nel frastuono dell’impianto sabino, ora c’è paura. Tanta paura. Come può questa squadra riprendersi da una botta del genere? Come è stato possibile che si accaduto questo ed in questa maniera?

Un assist arriva fuori dal campo: Siena viene esclusa dal campionato ed in virtù di ciò verranno tolti i punti a chi li ha ottenuti contro i toscani. Rieti viene privata di 4 punti, Capo D’Orlando di due (ma dovrà riposare, come la Virtus), Roma a nulla vista la sconfitta all’andata contro la Mens Sana.

C’è chi grida al complotto, chi dice che i poteri “forti” vogliono Roma in Serie A, comprensibile e giusta delusione da parte delle tifoserie delle squadre che obiettivamente hanno visto falsato il loro cammino e quello che avevano ottenuto, ma non per colpa di Roma ma per colpa di Siena, che proprio a Roma qualcosa in passato ha levato.

Nel frattempo, per sopperire all’infortunio che aveva colpito Daniele Sandri, Roma decide di firmare Prandin, vittima del disastro di Siena e lo scorso anno protagonista della promozione con Trieste.

La Serie A è là, mancano quattro partite: Agrigento, Treviglio, Scafati e Legnano.

Con Agrigento arriva la vittoria ma con Treviglio, proprio nel momento più delicato dell’anno e dopo anche la fortuna che ti ha aiutato, arriva una sconfitta difficile da comprendere. Ancora una volta.

L’Orlandina vince e si porta in parità in classifica ma per gli scontri diretti, per la differenza canestri, Roma è avanti. Arriva Scafati al Palazzo dello Sport, Capo è impegnata a Latina, ma seppur tutti invochino la contemporaneità, per esigenze televisive, Roma gioca un’ora dopo rispetto ai siciliani, che battono Latina, come Roma batte invece i campani. Manca una partita, l’ultima, a Legnano.

E’ una giornata calda, forse la prima davvero calda dell’anno. Un pullman di tifosi si è organizzato per raggiungere la Lombardia e con loro, in formazione singola, tanti altri si muovono da soli. Si evitano parole in preda alla scaramanzia ma gli occhi ed i gesti trasudano agitazione.

I Knights sono matematicamente ai playout ed in via precauzionale lasciano a riposo Thomas, Laganà e Bozzetto, ma c’è Raffa. L’ex della partita sembra avere il dente avvelenato e dal primo possesso ha gli occhi e l’andatura che a Roma conoscono bene, è in una situazione di vera e propria trance agonistica che lo porta a sfidare Massimo Chessa con risate e sguardi. E’ una bella partita, le squadre si rispondono colpo su colpo e l’equilibrio regna sovrano, al canestro di una, risponde l’altra: Legnano brucia il canestro a ripetizione da tre punti, Roma si affida a soluzioni ragionate.

E’ parità dopo i primi venti minuti ma nella ripresa Roma spinge sull’acceleratore. Roma ne ha evidentemente più e la tensione nervosa inizia a sciogliersi lentamente ed uno come Aristide Landi segna i canestri che per tutto l’anno, il pubblico di Roma ha visto vedergli segnare.

Tutto sembra ovattato, in un misto di ansia, in cui persino il rumore sembra non arrivare alle orecchie. Gli occhi si muovono in maniera frenetica tra il tabellone e il campo, le mani tremano e coprono gli occhi, canestro dopo canestro, secondo dopo secondo. Ma il tempo passa lento, lentissimo.

In un attimo però una magia: mancano sessanta secondi, manca un minuto e Legnano è tornata là. La palla carambola sotto canestro, la recupera la Virtus, Legnano prova a fare fallo ma non ci riesce. La palla si muove, il cuore batte incessantemente, le mani dei tifosi iniziano ad alzarsi, qualcuno si avvicina per un abbraccio, è finita: la Virtus Roma ha vinto, la Virtus Roma torna in serie A.

Chi lo sa qual è il modo giusto per festeggiare, forse non esiste: le lacrime si uniscono al sudore, gli abbracci diventano scariche di adrenalina, sfoghi di tensione, le spalle si alleggeriscono di quattro anni. E’ la felicità. E’ la follia. E’ un salire di cori e di canti. E’ che se c’hai messo l’acqua, noi nun te pagamo.

Ognuno ha un pensiero da buttare via, ognuno ha un sorriso ed una lacrima da dedicare. C’è chi la dedica a chi non è presente, c’è chi la dedica con un abbraccio, c’è a chi basta uno sguardo. Lo spumante vola e bagna tutto e tutti, è un giorno di festa.

E’ Pasqua. E come dice quel detto? “Essere felice come una Pasqua”? Beh gli occhi dicono che forse anche di più. E’ nel frattempo è anche Natale, quello di Roma.

E così il significato di una Pasqua si mischia con quello di un Natale e con lì sullo sfondo la città di Roma. E dopo ogni temporale torna sempre il sole e quello che i romani sanno è che quel sole, quello che spunta dopo una forte pioggia, a Roma, è il più bello. Crea arcobaleni, colora gli spazi grigi e persino una buca, diventata una pozza, illuminata da quel sole, sembra diventare uno specchio.

Roma è tornata in A1 e Roma vuole restarci. Il passato è andato, il presente è di gioia e di festa, ma adesso c’è un futuro da scrivere, c’è una città da far brillare.

Foto di Federico Rossini

 

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