Ve lo ricordate il “triplazo” col quale 10 giorni fa Alex Abrines regalò supplementari e vittoria al Barcellona contro l’Unicaja Malaga, oltre a togliere qualche anno di vita al nostro Mario Castelli?
Quella sconfitta per Malaga era solo la terza in una prima parte di stagione trionfale in Liga Acb. I malagueni non erano riusciti nell’impresa nemmeno nella stagione del titolo datato 2005/2006, con Sergio Scariolo al timone e il professor Jorge Garbajosa a dare lezioni in campo al Tau di Pablo Prigioni e Luis Scola.
L’unico frammento di quella che fu l’unica squadra capace di inserirsi negli ultimi 16 anni nel triumvirato Real-Barcellona-Baskonia è rappresentato da Kostas Vasileiadis. Ma se quella versione di Malaga aveva talento e tonnellaggio per duellare con le big (oltre a Garbajosa, Pepe Sanchez e Walter Herrmann, Daniel Santiago e Marcus Brown, Carlos Cabezas e Berni Rodriguez), questa ha filosofia decisamente più operaia.
Perso in estate il suo backcourt titolare, con Earl Calloway ingolosito dai kebabdollari del Gaziantep e Zoran Dragic volato a Phoenix a stirare le magliette del fratellone Goran, coach Joan “40 anni vergine” Plaza non si è perso d’animo.
Assemblando la squadra in estate, la parola d’ordine è stata: “fame”:
- Quella di emergere di Jayson Granger, molto positivo nel ruolo di vice Calloway l’anno passato e grande lettore del pick’n’roll (ha madre e passaporto italiano; biglietti per Berlino ne abbiamo?), e Ryan “Dave Grohl” Toolson, usato non solo come specialista del tiro da tre ma dandogli la libertà di creare anche dal palleggio, entrambi promossi in quintetto in pianta stabile, ma anche quella di Mindaugas “l’angelo del presepe” Kuzminskas, che Plaza ha portato con sé tornando due anni fa da Kaunas e che Lakers e Jazz seguono con attenzione dopo i 15 punti e 9 rimbalzi con i quali si era messo in mostra contro Team Usa agli ultimi Mondiali.
- Quella dei nuovi arrivati, giocatori messisi in luce nell’anno passato e pronti al salto di qualità soprattutto sotto canestro. E quindi la pesca in Italia di Caleb Green (da Sassari) e Will Thomas (da Avellino) per dare fisicità ed atletismo al posto del partente Nik Caner-Medley e puntare forte su una delle sorprese della passata stagione europea, quel Vladimir Golubovic che dopo una carriera da giramondo si è finalmente consacrato ad Ankara, chiudendo una roboante stagione in Eurocup come miglior pivot della competizione a 19,5 punti e 10,1 rimbalzi di media.
- Quella della vecchia guardia per dimostrare di valere ancora il massimo livello in Europa. E allora ecco la rinnovata fiducia a Carlos Suarez, all around imprescindibile per intensità difensiva, rimbalzi e “cojones”, e Fran Vazquez, di cui a Orlando si sono dimenticati da quando in mezzo all’area è arrivato Vucevic ma che da queste parti sotto canestro si fa sentire eccome. Chiedere ad Anderson Varejao:
Senza clamori e senza la pressione di dover far bene a tutti i costi con un roster di fatto ridimensionato, Plaza ha plasmato una squadra camaleontica, capace di adeguarsi ai ritmi degli avversari e quindi giocare indifferentemente partite ai 110 punti, come quella col Barça di cui sopra, o ai 60 punti, come spesso può capitare quando la posta in palio si fa alta. Una squadra che non eccelle in nessun aspetto del gioco, che non dà punti di riferimento ma che sa sfruttare al massimo le caratteristiche dei suoi singoli.
Non troverete il triangolo di Tex Winter, la Princeton Offense, gli elevator screens o altre alchimie seguendo e analizzando le partite dell’Unicaja. Plaza le ha lasciate agli scienziati del gioco, badando a costruire una struttura offensiva basata su movimenti semplici e distribuzione delle responsabilità su tutta la sua lunghissima rosa:
- Doppi blocchi o tandem per liberare Toolson e Vasileiadis sull’arco. Risultato: Toolson miglior realizzatore della squadra a 13,7 di media in Liga tirando con un fantascientifico 56% da 3. Ok, Vasileiadis si ferma al 32%, ma qualcuna importante l’ha messa dentro:
- Blocchi diagonali dalla guardia al post basso del lato opposto per mandare spalle a canestro le ali piccole, Suarez o Kuzminskas, che vista la statura molte volte sono marcate da giocatori più bassi di loro.
- Ricerca del gioco interno, sia in post up che nel cuore dell’area, di Golubovic, pivot con le qualità tecniche e la mano dolce per far male nel pitturato. Un giocatore che per caratteristiche lo scorso anno non c’era, se paragonato a Vladimir “Mentadent” Stimac o Rafa Hettsheimer.
- Responsabilità diffuse, dicevamo. Toolson è l’unico in doppia cifra per punti di media, ma l’11°, Stefan Markovic, ne mette 4,3 con pure 3,8 assist ad allacciata di scarpe. Il mormone che a Montegranaro mandavano in tribuna un paio di file sotto al seggiolino del sottoscritto è colui che si prende più tiri con appena 8,8 di media, mentre ancora l’ex Treviso, uno dei segreti del Mondiale d’argento della Serbia, è 11° con 3,9. Vazquez è il miglior rimbalzista con appena 5,9 carambole di media, ma il 7° in squadra, Caleb Green, ne arpione 3,2. Dimenticavo: Toolson è anche un sublime realizzatore di nodi per cravatte, ne fa anche per i compagni di squadra:
Più importante dei dettami tattici, però, è stata la solidità mentale e la continuità che ha trovato la squadra anche nelle sconfitte. Se in Liga, infatti, la strada è stata appena vallonata da piccoli incidenti di percorso (impreziosita, però, dallo scalpo del Real fatto al Martin Carpena), in Eurolega la squadra ha sofferto di più, centrando solo 4 vittorie a fronte di 9 sconfitte. Ma non ha mai ceduto di schianto. Il -10 subito a Mosca contro un Cska che al momento è per distacco la miglior squadra del continente (e con Khryapa ancora da inserire) è stata la peggiore della campagna europea degli andalusi. Partita dove, peraltro, i malagueni, privi di Suarez, avevano avuto la forza pure di rientrare a -5 a 3’ dalla sirena, prima che Weems e Fridzon mettessero i chiodi sulla bara spagnola.
È la rivincita della classe media quella dell’Unicaja. Una squadra che gioca bene ma non come il Real (3° attacco in Acb con 82,3 punti, 2° negli assist a 17,2 di media ma anche 4° nelle palle perse con 12,5 a sera), che difende bene ma non come il Barcellona (5° difesa con 74,8 punti subiti a partita, solo 12° per palle rubate a 7,2 a partita), ma che alla fin fine fa tutte quelle piccole cose che poi alla fine ti fanno uscire dal campo a braccia alzate. Non a caso l’unica statistica di squadra nella quale spiccano i verdi d’Andalusia è quella della valutazione di squadra, con un roboante 95,7.
Le difficoltà europee sono la cartina tornasole di una squadra che, ovviamente, non riesce a competere al massimo livello su due fronti. Resta da capire quanto le fatiche nelle Top16 incideranno sul cammino in patria. Il primo banco di prova sarà la Coppa del Re di metà febbraio, competizione che l’Unicaja ha vinto solo una volta, nel 2005, nella sua storia poco più ventennale.
Una storia nata da un caso che in Italia sarebbe inconcepibile: la fusione delle due realtà cittadine che, nel 1992, militavano entrambe nella massima serie per metterne in piedi una sola che sfidasse il duopolio di Barcellona e Real. Sarà proprio un barcellonese ex Real (non 40enne e, speriamo per lui, non vergine) a centrare l’obiettivo?