Avete presente quella strana sensazione che si prova talvolta osservando qualcosa in natura che all’apparenza sembra non essere stata concepita per portare a termine un determinato compito, ma in cuor proprio, sotto sotto, si sa già che non c’è e non ci sarà nessuno in grado di eseguire quello stesso incarico in maniera migliore?
Quella descritta potrebbe essere una reazione comune per chi si trovi ad ammirare per la prima volta il fenomeno ‘Le Roi’: a giudicare dalla posa di collo, ginocchia e caviglie, limitandosi solo all’apparenza ed alla staticità di un singolo fotogramma come quello qui sopra, si potrebbe addirittura pensare che il giocatore in questione sia sgraziato, così come le sue movenze.
Nulla di più lontano dalla verità: Antoine Rigaudeau nasce a Cholet il 17 Dicembre del 1971 e, nel corso della sua carriera cestistica, di bocche aperte ne lascerà a miriadi.
Tre le cose che saltano all’occhio da questa foto legata alla sua infanzia:
- il fatto che la palla sia nelle sue mani – non perché sia un mangia-palloni, anzi… Semplicemente perché, averla lì è decisamente nell’interesse di tutti,
- il fatto che si trovi a suo agio in quella posa – guardate la naturalezza, quasi regale oserei dire, con cui il giovane Antoine posa per questa foto. Confrontatela con quelle dei suoi coetanei… Stessa cosa? Come vedrete quando verranno forniti video a corredo, il tutto si ricollega al discorso accennato pocanzi: la relatività delle apparenze ed il sembrare quasi inadatto in determinate situazioni per poi risultare la “perfect fit” per scenari impensabili per gli altri,
- l’espressione e, nello specifico, l’inclinazione del collo – osservate le facce spaurite ed impacciate dei suoi pari età, e poi concentratevi su “Antonio”: notate per caso qualche differenza?
Nel corso degli anni, alcuni di questi aspetti saranno una costante, come potete dedurre voi stessi da quest’altra foto di repertorio, scattata qualche anno dopo:
Il collo inclinato da un lato diverrà un vero e proprio marchio di fabbrica: segnale del fatto che il nostro sta sempre processando informazioni e costantemente studiando l’avversario, prevedendone già le prossime due o tre mosse.
Cestisticamente parlando, Rigaudeau nasce e cresce nello Cholet, squadra precedentemente a molti sconosciuta (o quanto meno in Italia!) e che grazie a lui finisce sul radar e sulla mappa della pallacanestro continentale.
D’altronde, uno alto 2.01 m. che gioca da playmaker difficile che passi inosservato, soprattutto se fa cose così:
o così (con tanto di fallo subito):
Realizzatore quando serve (con un tiro apparentemente fuori equilibrio ma a dir poco impeccabile), Antoine è un playmaker nel corpo di un’ala.
Un suo futuro allenatore, attualmente secondo di Popovich agli Spurs, dirà di lui: “nella sua atipicità del play sopra i due metri, ha il passo per aprire e chiudere il gioco proprio come faceva Magic”.
Maniaco dei dettagli, dotato di un enorme senso di squadra, per quanto possa sembrare paradossale rispetto a quanto viene spesso menzionato rispetto al suo tiro ed alle sue affascinanti movenze, dovessi scegliere un unico termine per definirlo, opterei per equilibrio: raramente ho visto un giocatore sapersi destreggiare così bene sul ‘filo’, senza mai sconfinare nell’eccesso ma oltrepassando la linea il giusto per portare a casa la vittoria. “Ma cosa si intende per ‘filo’ in questo contesto?” vi starete giustamente chiedendo. La risposta è multipla: la capacità di saper forzare quando è necessario ma di assicurarsi che il resto del quintetto abbia ben chiaro il motivo di quella scelta ed una fiducia assoluta nel suo comandante, l’aver in mente quanto sia incredibilmente importante il saper giocare di squadra ma al tempo stesso la consapevolezza di quanto sia cruciale mettere ogni singolo compagno nelle condizioni di vincere il duello da singolo con il proprio diretto marcatore e dirimpettaio, e potrei andare avanti a lungo… Fino a menzionare l’abilità di non far mai capire del tutto se l’atteggiamento nei confronti dell’avversario (collo inclinato e sguardi rifilatigli compresi) sia frutto di arroganza o meno. La mia personale opinione è il ‘meno’, e dello stesso avviso sembra essere Ettore Messina che lo definisce “un gentleman, dentro e fuori dal campo”.
Dopo gli anni a Cholet ed il passaggio al più titolato Pau Orthez, infatti,
il nostro sbarca alla corte delle V Nere, folgorate dopo averlo visto segnare 34 punti in scioltezza da avversario diretto, con la ciliegina sulla torta dell’aver messo a referto tutti e 16 i punti della propria squadra al supplementare: irreale.
Obiettivi perfettamente allineati: Le Roi cerca una squadra che gli offra la possibilità concreta di portarsi a casa l’anelato trofeo, la Virtus di coach Messina, dal canto suo, assicuratasi il rientro dello Zar Danilovic dalla NBA, cerca l’ultimo tassello in un mosaico – composto tra gli altri da Nesterovic, Savic, Sconochini, Picchio Abbio e Gus Binelli – assemblato con l’unico obiettivo di vincere l’Eurolega.
Così sarà: solo 3 sconfitte nelle prime due fasi, ed una cavalcata vincente fino alla finalissima con l’AEK di Atene, nella quale il nostro è top scorer con 14 (che costituiscono anche il doppio dei punti del top scorer nella compagine avversaria). Non solo una regia come non se ne vedranno per anni a venire, ma anche la capacità di essere decisivo in maniera disarmante: unico nel suo genere.
I trionfi in canotta nera non finiscono lì: nel 2000-2001 arriva il bis europeo, in un’annata indimenticabile che porta al Grande Slam, che senza il suo canestro della vittoria in Coppa Italia contro Siena non sarebbe stato possibile. In quella compagnie delle meraviglie è a dir poco fondamentale il suo ruolo, consistito nel lasciare i gradi da playmaker a Marko Jaric (bisognoso di conferme e di trovare la propria dimensione) e nell’agire da ‘point forward’, regista dietro le quinte dallo spot di ala piccola nonché chioccia, dispensando saggezza ed infondendo sicurezza a una banda di giovani talentuosissimi (Ginobili, Smodis, Jaric stesso, David Andersen) ma ancora bisognosi d’aiuto e ‘guidance’.
A livello di Nazionale, senza scendere nei dettagli di una cronistoria della sua carriera (cosa che questo articolo, o presunto tale, non vuole essere), scegliendo quindi di non soffermarsi sulla scelta ovvia dell’argento storico di Sydney 2000 che porta la sua firma, una partita degna di nota è quella della vittoria a Novi Sad contro la Serbia e Montenegro paese ospitante agli Europei del 2005. Con un rientro in Nazionale a sorpresa, e poco prima di annunciare il definitivo ritiro nonostante un ulteriore anno di contratto con il Valencia, il condottiero Antoine guida la banda transalpina ad una vittoria (71-74), in casa loro, contro campioni del calibro di Bodiroga, Jaric, Rakocevic & co, farcendo la sua prestazione con 14 punti.
Nonostante la tendenza della Francia negli anni successivi a fallire appuntamenti intercontinentali importanti nonostante l’abbondanza di stelle NBA e di giocatori di indiscutibile talento si sia interrotta ed invertita nell’ultimo biennio, ciò non toglie che nella Gallia d’un tempo si stiano ancora tutti chiedendo se e quando arriverà il prossimo Le Roi…
Non se lo stanno chiedendo invece negli USA, in cui il nostro si affaccia nella stagione 2002-2003 per una breve (solo 11 gettoni) e sfortunata avventura: compiuto il salto a 32 anni, Antoine non ha trovato altro che garbage time ad aspettarlo e, presone atto, ha preferito tornare immediatamente nel vecchio continente.
In Europa questa esperienza a stelle e strisce breve e fallimentare non ha intaccato la considerazione nei suoi confronti, anzi… Ai nostri occhi, di parte, lo ha reso quasi più speciale: un talento che gli americani non hanno saputo vedere, che per loro era e sarebbe stato sprecato.
Se avete ancora qualche dubbio, magari legato ad antipatie sportive nei confronti della Francia oppure ad una fede fortitudina, relativamente al fatto che un giocatore così meriti il vostro rispetto e la vostra ammirazione, vi domando: quanti giocatori di questo calibro si presenterebbero come se fosse la cosa più normale del mondo al Cierrebi di Bologna per una partita CSI?
Antoine Rigaudeau, che ai giorni d’oggi allena e siede sulla panchina di Parigi (Levaillos), è uno dei Signori del nostro Basket, nonché uno dei più forti degli ultimi 20 anni.
E poi confessate… Se andate per la trentina (o più) volete dirmi che sulla linea della carità non avete mai (consciamente o meno) inclinato il collo da un lato in suo onore?
P.S.: io sì, con tanto di canotta dello Cholet #4 indosso
(disegno di Rigaudeau in copertina a cura di http://fanciullodelghetto.blogspot.it/)
Solo un appunto: il canestro della vittoria contro Siena in finale di Coppa Italia fu segnato la stagione successiva…