illustrazione grafica di Paolo Mainini
articolo di Marco Munno
Un palleggio con la mano destra, uno con la mano sinistra, un cambio di mano fra le gambe, di nuovo il ritorno sulla mano destra per ripetere la serie via via in modo più vorticoso, piegandosi sempre più sulle ginocchia; uno shake ‘n bake che anticipa l’esplosione, in orizzontale per una bruciante penetrazione o in verticale per una tripla in sospensione. Sempre che nel frattempo non si sia già liberato del pallone per andarlo a riprendere al termine di un backdoor, convertendo un’alzata di Micic in una schiacciata a canestro.
E’ questa la combinazione più temuta dallo scorso marzo dalle difese delle squadre nel Vecchio Continente, che ha permesso al sorprendente Efes della scorsa stagione di passare da squadra solida a contendente per il massimo alloro europeo. Non è un caso che quest’estate, mentre le migliori compagini di Eurolega foderavano i roster di nuovi arrivi, la priorità per la dirigenza turca sia stata quella di trattenere i protagonisti della scorsa annata. La missione è stata compiuta quando, dopo i prolungamenti già messi in cassaforte di Micic e Moerman, a luglio è arrivata la firma sul nuovo contratto di quello che è riduttivo definire solo come attuale miglior realizzatore d’Europa: Shane Larkin.
Per il nativo di Cincinnati arrivare all’attuale successo, raggiunto attraversando tutte le varie tappe del percorso, non è stato affatto semplice.
La difficoltà principale non è stata però creata da una presenza ingombrante in casa come quella del padre, quel Barry Larkin Hall of Famer dopo una carriera da All Star ultradecennale nella MLB (dove si esibì anche lo zio Stephen). Tra l’altro con il baseball ci provò anche lo stesso Shane, con le due stelle compagne di squadra del babbo, Pete Rose e Tony Perez, a consigliarlo durante gli allenamenti estivi; le parole di un coach giovanile, che bollò come totalmente sbagliato quel tipo di addestramento, lo portarono però a lasciare la disciplina.
Decise così di dedicarsi all’altro sport legato ai Larkin: la pallacanestro, in cui lo zio Byron fu il primo realizzatore dalla taglia ridotta in famiglia crivellando le retine a Xavier University, dove diventò il miglior realizzatore e l’atleta più decorato (nonchè il primo mai nominato All-American) della storia dell’ateneo.
L’ostacolo più grande davanti a lui aveva una diversa natura.
Ogni mattina in cui il piccolo Shane si alzava dal letto non segnava solamente l’inizio di un nuovo giorno in cui migliorare sul campo, ma anche quello di un bombardamento di stimoli esterni, dal quale sarebbe emerso il “numero del giorno”. Quella selezionata casualmente dalla sua testa sarebbe diventata la cifra che avrebbe caratterizzato la giornata; avrebbe indicato la serie di ripetizioni che il cervello gli avrebbe imposto negli atti quotidiani legati all’igiene personale, portata all’estremo dal terrore di contrarre germi in qualsiasi situazione. Era difficile per Shane comprendere cosa scattasse in lui quando andava a lavarsi le mani non una volta sola come gli altri bambini, ma tante quante ne suggerisse il numero del giorno. Sempre sperando che esso fosse basso; non come quando vide in tv su SportsCenter le immagini sulle 8 triple segnate da Ray Allen la notte precedente, finendo la giornata con le mani così consumate dagli 8 lavaggi eseguiti per volta da presentare ferite sanguinanti.
Le uniche occasioni in cui il disturbo ossessivo-compulsivo gli dava tregua era il campo da basket: la presenza di asciugamani sudati e divise sudicie non sfiorava neanche un pò il ragazzo, che continuava ad affinare le sue qualità cestistiche, portandolo dopo la Dr. Phillips High School di Orlando all’università di DePaul.
Anche se la diagnosi medica arrivò successivamente, mamma Lisa e papà Barry col passare degli anni furono costretti ad affrontare il problema di Shane. Lo fecero in due modi diversi: la prima cercando di assecondare le ossessioni del figlio; il secondo cercando di “sfidarlo”, ad esempio non lavandosi le mani di proposito per poi prendergli il braccio e mostrargli come non accadesse nulla di irreparabile. Quando però l’ex campione fu costretto a diversi spostamenti dopo l’assunzione come analista per il programma Baseball Tonight di ESPN, con la figlia trasferitasi in altra casa e Shane appena spostatosi a Chicago in attesa dell’inizio delle lezioni universitarie, Lisa si trovò più spesso sola. Le preoccupazioni per il figlio presero il sopravvento su di lei. Iniziarono gli attacchi di panico. Conseguentemente i disturbi di Shane, a sua volta preoccupato per la madre, divennero più marcati; arrivare anche a fare cinque docce di seguito ancor prima dell’inizio dell’annata scolastica ne fu un segno evidente.
Si rese necessaria una riunione di famiglia. Al ritorno di Shane ad Orlando, papá Barry non potè che riconoscere che la sua dipartita da DePaul non fosse un capriccio e che la situazione andasse affrontata seriamente (oltre a scoprire di soffrire anch’egli di disturbi simili, così come lo stesso Ray Allen dalla nota maniacalità nella preparazione prepartita).
La prima terapia, a base di medicinali, venne abbandonata da Shane per l’eccessivo rilassamento provocato, che ne toglieva competitivitá in campo; quella successiva, legata alla meditazione, cominciò invece a sortire effetti positivi. Per restare vicino a casa e continuare le cure, Larkin richiese il trasferimento alla University of Miami per motivi medici alla NCAA, cosí da non essere obbligato a saltare il suo anno da freshman. La situazione migliorò: il ragazzo potè finalmente concentrarsi di nuovo sul percorso per coronare il sogno di diventare un giocatore professionista. Nel corso del primo anno, partito da riserva, si conquistò il posto da titolare. Nel secondo si prese la squadra sulle spalle: primo dei suoi nei totali di punti, assist e triple (delle quali migliorò anche la percentuale di realizzazione di un abbondante 8%) nell’annata migliore della storia degli Hurricanes, conclusa alle Sweet 16 con gloria individuale per Larkin, votato miglior giocatore della AAC dai coach.
Fra gli highlight agli Hurricanes l’alley-oop per Kenny Kadji contro North Carolina, sotto gli occhi di un duo che di alzate simili a Miami se ne intendeva, come LeBron & Wade
Arrivò il Draft 2013 e la selezione con la 18esima assoluta da parte degli Hawks, che nella stessa notte lo spedirono ai Mavericks (insomma, la mossa dello scambio del playmaker sull’asse Atlanta-Dallas aveva dei precedenti rispetto a Luka). Dopo un anno di spola fra Lega principale e quella di sviluppo, rientrò nel pacchetto destinato ai Knicks per ottenere Tyson Chandler e Raymond Felton. Nella franchigia della Grande Mela non visse un periodo fortunato, finendo scaricato dopo un anno da Phil Jackson. “Mani piccole” per controllare adeguatamente il palleggio, disse il coach Zen; sistema del triangolo offensivo a lui poco adatto per le mancate caratteristiche da tiratore piedi a terra (come i predecessori di successo nel suo ruolo Kerr o Fisher), disse Larkin: il divorzio si rese inevitabile. Riconosciuta comunque la migliorata capacità nei tagli, Shane cambiò metà di New York firmando durante la free agency per i Nets.
Con la nuova divisa Larkin registrò 7.3 punti, 4.4 assist e 1.2 rubate di media, terminando la stagione nel quintetto base per gli ultimi 12 match; ciliegina sulla torta il match contro i Wizards, chiuso con 20 punti, 6 rimbalzi e 7 assist nello score personale. Convinto di poter capitalizzare sulla positiva chiusura dell’annata nonostante il pessimo rendimento di squadra, uscì dal contratto; le cose non andarono però come pianificato e ad agosto il ragazzo si ritrovò senza squadra.
Alla ricerca di un’occasione per rilanciarsi, optò per l’approdo in Europa; scelse il Baskonia per poter fungere, nonostante la presenza in roster nel corso dell’anno di Ledo, Bargnani e Budinger, da principale opzione offensiva come non gli capitava dai tempi del college. Abbracciò totalmente il ruolo: in Liga ACB risultò il migliore della squadra per punti segnati (14.2), assists realizzati (4.9) e palloni rubati (1.4), guidando il team al secondo posto in stagione regolare e alle semifinali dei playoffs, eliminati solamente dal Valencia poi campione. Simili sono i numeri che mise su in Eurolega, dove registrò 13.1 punti e 5.7 assist ad allacciata di scarpe, contribuendo alla decima qualificazione ai playoffs su dodici partecipazioni alla competizione dei baschi.
Canestro da una parte e rubata dall’altra: sue le due giocate con cui il Baskonia superò i campioni in carica del CSKA a 4 turni dalla fine della stagione regolare
Ai suoi servizi si interessò il Barcellona, che tentò di fare l’accoppiata di acquisizioni dal Baskonia con Adam Hanga; dopo la turbolenta trattativa, che vide il pareggio dell’offerta contrattuale catalana da parte dei baschi, per l’ungherese si trovò l’accordo per il passaggio in blaugrana, mentre Larkin decise di testarsi nuovamente al di là dell’Oceano.
L’occasione la forniva un contesto più organizzato dei precedenti, quei Celtics che sotto la guida di Brad Stevens stavano risalendo le gerarchie della Lega proprio valorizzando talenti provenienti dal sommerso. Shane si aspettava un ruolo da riserva alle spalle di Isaiah Thomas, ma Danny Ainge piazzò la trade con cui sostituì il beniamino della tifoseria dei verdi con Kyrie Irving. Così il ragazzo si ritrovò a dover rubare i trucchi del mestiere non ad uno scorer sotto taglia simile a lui, ma al miglior ball handler sulla piazza (Stephen Curry permettendo) che già andava a veder palleggiare con le palline da tennis dopo i suoi allenamenti alla University of Miami (facendo successivamente sua la stessa routine di allenamento). Dopo aver raggranellato 14.4 minuti a gara con 4.3 punti di media in 54 match di regular season, Larkin mantenne uno spazio simile durante i playoffs, vista anche la serie di problemi fisici che tormentarono i bostoniani; infortuni che colpirono però anche lui, che terminò la postseason fermandosi dopo il colpo alla spalla in gara 4 del secondo turno contro i 76ers.
Cercarsi in campo coi suoi compagni di squadra gli veniva sicuramente meglio rispetto al disegnarli
Nuovamente, la discreta annata non vide franchigie NBA avere fiducia in lui, ma lo riportò in Europa: viaggio in direzione Turchia, con un’Efes desiderosa di rilanciarsi in ambito continentale a metterlo sotto contratto.
Dopo la stagione precedente conclusa all’ultimo posto della regular season di Eurolega, la compagine turca risollevò le proprie sorti, risultando una delle sorprese della competizione; tuttavia fra la regia di Micic, l’atletismo di Beaubois e le giocate decisive di Simon, l’estro di Larkin faticava ad emergere con continuità.
Quando però l’otto marzo, a cinque turni dal termine della stagione regolare, incontrò proprio quel Barcellona di cui avrebbe potuto essere parte anni prima, Shane esplose. Iniziò a colpire a raffica i blaugrana, guidando i suoi al largo successo per 92-70 con una prestazione eccezionale. Chiuse il match con 19/22 al tiro e 43 di valutazione, arrivando a quota 37 punti che in Eurolega non veniva toccata da Andrés Nocioni nel 2014.
La gara rappresentò il preludio di ciò che avrebbe messo in piedi nella serie di playoffs proprio contro il Barça: cosí come nella partita di regular season risultò per altre due volte MVP del match, nelle gare 3 e 5 di una serie chiusa con 19.8 punti di media, il 64.7% da 2 e il 50% da 3 (con 18 triple a segno a rappresentare il massimo mai realizzato in un playoff di Eurolega), permettendo all’Efes l’accesso alle Final Four.
In quel di Vitoria il suo show non era terminato, anzi: in semifinale nel derby di Turchia guidò i suoi alla vittoria sul favorito Fenerbahçe con 30 punti, 7 rimbalzi e 7 assist, registrando un 43 di PIR (sigla di Player Index Rating, un indice che sintetizza le prestazioni individuali), che rappresenta il più alto valore mai messo a segno in una gara di Final Four.
Nell’ultimo atto a Micic e soci non riuscì il colpaccio anche contro il CSKA; tuttavia Larkin si contraddistinse nuovamente con altri primati storici. 29 punti realizzati, record per una finale nell’era moderna dell’Eurolega; un totale di 59 nei due match, valore superato per una singola Final Four solo da Nick Galis, Bob McAdoo e Alexander Volkov nell’intera storia della competizione.
Il momento magico di Shane non si esaurì: a giugno, nell’ultimo atto del campionato l’Efes conquistò il titolo che mancava in bacheca dal 2009, battendo nuovamente il Fenerbahçe. Larkin rifilò alla banda di Obradovic 38 punti (massimo personale in Turchia) nella decisiva gara 7, intascandosi anche il titolo di MVP.
Nell’annata corrente, squadra e ragazzo erano attesi alla conferma; in questo inizio non hanno disatteso le aspettative, anzi le hanno addirittura superate.
Per l’Efes, attualmente il record nel campionato locale è di 11 vittorie e 1 sola sconfitta (ieri ha vinto il derby col Fenerbahce anche in campionato); soprattutto, dopo oltre un terzo della stagione regolare, in un’Eurolega dalla rinnovata competitività ai piani alti hanno conquistato 11 successi in 13 turni, con primato solitario annesso.
Nella massima competizione continentale la compagine è la migliore per offensive rating (106.8), per percentuale di tiro reale (62.1%) e per percentuale di assist distribuiti rispetto al numero di possessi (23%), basando quindi il suo successo principalmente su uno scintillante attacco, dove Larkin costituisce la punta di diamante.
Attualmente Shane con 22 punti ad allacciata di scarpe è il capocannoniere della competizione, giustificando la maggior Usage% del roster turco con un’efficienza stellare: è pienamente in ritmo per raggiungere il club dei 50-40-90 di Eurolega composto da De Colo, Sloukas e Gigi Datome, aggiungendo al 87.2% dalla lunetta il 54.5% da 2 punti e un superbo 51.3% da 3. Quest’ultimo valore lo rende quinto assoluto per percentuale dietro l’arco, dato reso ancor più straordinario dall’alto numero dei suoi tentativi da 3 punti (6.33 a gara, quarto del torneo).
In pratica, per continuità e precisione, per le difese non c’è minaccia peggiore di Shane in giro per i parquet del Vecchio Continente.
Aggiungendo i 3.8 assist smazzati e i 3.3 rimbalzi catturati a gara, non c’è quindi alcuno stupore nel trovare Larkin migliore del torneo per PIR con il suo 25.08.
Icona del suo momento di forma è la prova offerta contro il Bayern Monaco nell’undicesimo turno. Shane è andato a prendersi il primato di punti personali in singola partita di Eurolega con una prestazione mostruosa: per mettere a referto 49 punti gli sono bastati solo 31 minuti e 19 tiri dal campo, convertiti con il 78.9%, fra cui 10 triple a bersaglio su 12 tentativi (eguagliando il primato di tutti i tempi di Goudelock pur provando un tiro in meno).
Sommando i 2 rimbalzi, i 5 assist e il pallone rubato, il PIR risultante è stato pari a 53, il quinto migliore di sempre.
Quando nel corso del largo successo contro i tedeschi venne sostituito a 4 minuti e 21 secondi dal termine, a quota 38 punti messi a segno, Larkin chiese ad Ataman di rientrare per conquistare il primato. La risposta del coach fu quella di essere meno agitato rispetto agli ultimi due tiri forzati e rilassato nell’esecuzione dei giochi, che sarebbero stati chiamati per favorire le sue conclusioni, così da raggiungere il traguardo. Il lavoro su sé stesso è una pratica a cui ormai Shane è abituato; al rientro, con 4 tentativi mandò a bersaglio 3 triple e un sottomano. La storia fu riscritta, il record venne agguantato.
Al termine della prova alle celebrazioni individuali ha dato poco spazio, ricordando quale sia l’unico obiettivo: il trionfo.
Quando Itoudis chiamò l’ultima sospensione nella scorsa finale, 3 minuti e 58 secondi separavano Larkin dal primo trofeo vinto in carriera.
Come ha dichiarato, quei 3 minuti e 58 secondi gli sono rimasti scolpiti nella memoria: il desiderio di riscatto è accanito, la Coppa piú prestigiosa d’Europa è un pensiero fisso.
Dopo le sfide ben più ardue vinte da lui stesso, saranno gli avversari a dover fare i conti con l’ossessione per la vittoria finale di Shane.