Io mi chiamo Matteo Marchi, ho 34 anni, pochi capelli e tanta barba; di mestiere faccio il fotografo (o perlomeno così dice la gente), e sono alla mia seconda Olimpiade. Ho seguito qui a Rio “solo” i tornei di basket maschili e femminili, ma vi posso assicurare che basta e avanza, come impegno. Se per voi 46 (QUARANTASEI) partite in 2 settimane sono poche….. alzo le mani.
Faccio foto di basket da una vita, grazie alla grande famiglia Ciamillo-Castoria, e nel mio palmares ho 2 Olimpiadi, 4 Europei maschili, 3 Europei Femminili, 2 Mondiali maschili, 2 Mondiali femminili, 30 Europei giovanili e tanto altro. Il mio sogno è di diventare un fotografo NBA… un po’ come tutti voi che sognate di trombarvi Scarlett Johansson a bordo di una Opel Vectra nera. Le probabilità che succeda davvero sono le stesse.
Terminata questa patetica introduzione, eccomi qua a rendervi partecipi di tutto ciò che mi è capitato a Rio de Janeiro. Ecco, FERMI TUTTI. MA PROPRIO FERMI EH. So a cosa pensate. State pensando esattamente “che culo che ha, è stato a Rio 21 giorni, tra caipiriGNE, spiagge, culi di lusso, alberghi sodi, transessuali di dubbio gusto, insomma tutto ciò che farebbe un appassionato di basket a Rio!”.
VI SBAGLIATE DI GROSSO.
Sono riuscito nel clamoroso record di non vedere una fava di niente, se non Ipanema per 15 minuti il giorno del rientro a casa.
La giornata tipo (e che ve lo dico a fare…) era CAMERA HOTEL-COLAZIONE HOTEL-PULLMAN-PALAZZO-PULLMAN-CENA HOTEL-CAMERA HOTEL.
Soprattutto grazie al fatto che il Parco Olimpico è stato costruito abbastanza lontanino dal centro di Rio e da Copacabana (come se le Olimpiadi fossero a Bologna e le strutture sportive a Parma, per intenderci), era impossibile poter fare anche solo del normalissimo turismo sessuale, senza contare il fatto che l’ultima simpatica partita aveva inizio alle simpatiche 22.30 locali, per scelta dei simpaticissimi americani della NBC TV.
A questo punto, direte voi, basta lamentarti! Lo faccio ancora solo per due minuti, giuro: organizzazione generale, trasporti, affidabilità, c***i e mazzi….la riassumo con una frase sola:
Ragazzi, in Brasile andateci in ferie, non a lavorare.
Nel caso doveste lavorare, armatevi di santa pazienza. In carriera ho fatto tornei in Africa con meno difficoltà.
Vogliamo parlare un po’ di basket? Ma si dai… cosa volete che vi dica, parliamo di essere a bordocampo e vedere i migliori giocatori del mondo da un metro: cose che avevo già visto tante volte eh, ma non ti abitui mica mai! Poi soprattutto ai Giochi Olimpici, dove tutto cambia, l’atmosfera è diversa. Eccovi un piccolo riassunto a puntate su quello che è successo; l’ordine delle cose è sia temporale che alla dick of dog…della serie l’articolo è mio e me lo gestisco io!
- Arrivo a Rio l’1 Agosto, quasi una settimana prima dell’inizio del torneo: ovviamente i trasporti fanno vomitare e quindi l’autobus ci porta all’hotel sbagliato, che aveva le stesse stelle che può avere una favela. Superato lo shock, ci porta in quello giusto, dopo una trattativa di 3 ore. Cominciamo bene…ho pensato
- I giorni precedenti all’inizio delle partite li spendiamo per fare i ritratti a tutte le squadre, maschili e femminili: tutto più o meno bene a parte le senegalesi che non avevano le maglie di gioco (eh cosa vuoi che sia….mica servono alle Olimpiadi), e un nigeriano che non aveva il numero nella maglia (eh però anche tu…i numeri? Perfezionista). I croati solita simpatia travolgente, brasiliani carichi con Giovannoni che dice di voler tornare a Bologna e Marcelinho pure…anche se con intenzioni diverse (per info citofonare Saverio Montanari). Tra le altre squadre bello Pau Gasol che mi saluta in italiano (quindi sa che esisto…soddisfazioni) e JC Navarro che mi ringrazia sempre, senza che io abbia fatto niente. Sarà che vedo più loro che i miei genitori….
- La giornata prima dell’inizio trovo i biglietti per andare a fotografare la cerimonia di apertura. Andare al Maracanà è qualcosa da raccontare ai nipotini, arrivarci….anche. 2 ore di bus + 2 ore di fila all’ingresso stampa. Grazie al cielo le bestemmie sono state assorbite dalla bellezza dell’evento, in cui gli ideatori hanno messo insieme tutte le eccellenze del Brasile, dalla musica, al ballo, alla tradizione, a Gisele Bundchen….si proprio lei. La sua camminata in mezzo allo stadio ha lasciato parecchie lingue a livello suolo, mia compresa. Gisella, per me è si!
- Iniziano le gare, e io sono suddiviso tra torneo maschile e torneo femminile. Gli uomini giocano alla Arena Carioca 1, palazzo bellissimo nel cuore del Parco Olimpico, mentre le donne giocano a Deodoro, ex base militare trasformata in mega campo base per le discipline più entusiasmanti come tiro a volo, hockey su prato e briscola. Zanzare 5 stelle extralusso che come hostess ti indirizzavano verso l’ingresso. Tutto molto bello.
- Torneo Maschile: momento dell’anno la partita Brasile-Argentina della prima fase. Voi direte..per i due supplementari? Per l’atmosfera da stadio? Ma vaaaaaa!!Per il tentativo di omicidio nei miei confronti da parte di Facundo Campazzo! Questo salta direttamente dal campo alla mia postazione fotografo….e grazie a Dio mi evita per un soffio! Ovviamente la cosa non sfugge ai telecronisti Rai che mi menzionano addirittura in diretta…e in quel momento il mio telefono scoppia di messaggi il cui contenuto varia da dei sobri “ahahah” a dei piu pesanti “UAHUAHAUAHUAH”. “Dev’essere successo qualcosa” esclamo ignaro di quello che poteva essere successo. Vengo informato dal mio ufficio stampa, e cioè Emanuela Gatti in arte mia madre, dell’accaduto. Farfuglia qualcosa tipo che è orgogliosa di me. Non mi azzardo a chiederle per quale motivo. Ai posteri l’ardua sentenza.
VIDEO CAMPAZZO VS MATTEOMARCHI
- Playoff: i quarti di finale femminile sono molto equilibrati e interessanti, e si risolvono allo scadere. A questo proposito vorrei ancora ringraziare l’arbitra che ha avuto la brillante idea di mettersi millimetricamente davanti a me proprio nel momento del tiro della spagnola Cruz, sostituendo cosi una delicata foto del suo deretano a quella più banale di un buzzer beater in un quarto olimpico. Inutile dire quanti santi e quante madonne posso aver scomodato…dico solo che per confessare ed espiare quei peccati sono stato convocato direttamente in Vaticano. L’affare si ingrossa.
- I quarti maschili, invece, dovevano essere il redde rationem, la giornata del secolo, una festa del basket…….e invece no. Tutte partite con grandi scarti, zero pathos, insomma come direbbe Dan Peterson una rottura di coglioni.Semifinali bene ma non benissimo….finali non ne parliamo. Quasi tutti dei blowout (nota dell’autore, un blowout è un tanto a poco eh…secondo me alcuni di voi lo hanno confuso con un’altra cosa molto più gradevole)
- La sensazione è stata che nel girone eliminatorio KD e compagnia non avessero ancora capito che l’aria poteva farsi pesante…e sono stati costretti ad usare parecchio l’acceleratore, per evitare una sconfitta e quindi una figura di guano mostruosa. Spagna invece che parte piano e finisce forte come sempre. Pau Gasol giocatore del millennio a mio parere, americani fisicamente di un’altra galassia.
- Il momento più emozionante in assoluto dell’esperienza è stato vedere Emanuel Ginobili salutare tutti alla fine del quarto di finale contro Team USA. Un concentrato di classe, timidezza e rispetto per il gioco che mi ha lasciato con la pelle d’oca nel mentre e anche per una buona mezz’ora dopo. Quando hai la netta sensazione che stai fotografando un momento storico, qualcosa che ti rimarrà per sempre. Un personaggio a cui tutti noi dovremmo dire grazie per anni e anni ancora. Vederlo uscire dal campo, a testa quasi bassa per nascondere le lacrime, col pallone di gara sottobraccio….mi emoziono anche adesso a scriverlo
- Un altro momento super toccante è stato vedere piangere un mio collega come un bambino. Il mio amico Hervè, Fotografo francese che lavora per la Federazione, vedendo perdere la sua amata Equipe National contro la Spagna nei quarti, ha realizzato che era la fine di un ciclo. Io stavo andando da lui per chiedergli una cosa, e lui si è girato verso di me con gli occhi gonfi; non ho saputo fare altro che abbracciarlo forte senza dire niente, pensando a quanto questo sport possa regalare emozioni, in un modo o nell’altro. Quello forse è stato il più bel piccolo-grande momento di questa grande storia.
Menzione speciale per Sergio Scariolo, ovviamente non per meriti cestistici ma solo per avermi permesso di saltare la fila cosmica che c’era all’Aeroporto prima di partire per casa, e portandomi con lui ai controlli.
Voto 13 ai tifosi argentini, che hanno dominato la sfida del tifo. Inno nazionale? Pelle d’oca. Cori di gruppo? Pelle d’oca. Fighe argentine al palazzo? Pelle d’oca.
Premio fair play ai brasiliani che ad ogni coro degli argentini fischiavano e facevano “booooooo”, davvero atmosfera olimpica. Più o meno.
Voto 11 agli italiani nel mondo, e per una volta mi ci metto anche io.
Siamo i più belli, sotto tutti i punti di vista. Mancava solo una cosa per essere tutto perfetto… voi tutti sapete di cosa sto parlando.
E se non lo sapete ve lo dico io: NO, NON E’ ADRIANA LIMA.
Scritto da Matteo Marchi: Pagina FB, Profilo Instagram
Bravo Bravo Bravo Bravo.
Punto.
A capo.
Altro eroe/giornalista/filantropo/dotto da aggregare ai grandi giornalisti della Giornatatipo!
ps. pagherei fior di sesterzi per provare un minuto delle emozioni descritte dal buon Matteo..
Complimenti e, per quanto hai scritto e le emozioni che ci hai regalato, Grazie!!!
Semplicemente un grande! Mi hai emozionato come nessuno negli altri blog olimpici…ci vediamo a Tokyo fra 4 anni…Campazzo mi ha già detto che ti aspetta per completare l’opera!! Un salutone da Imola
Bellissimo e divertente racconto, fantastico Matteo ! Testimone di vita
Hai dimenticato la VERA fotografia che hai fatto ma per il resto hai raccontato benissimo il Tuo lavoro e il Tuo lavoro a Rio. Dunque: Grazie
Memorabile post, grazie per le immagini e le emozioni condivise!