Amo viaggiare, lo faccio per piacere e lo faccio per lavoro. Quello che più mi rimane sono gli odori e le luci di una città, il senso di familiarità che alcune strade o alcuni luoghi possono trasmettere.
In poco più di una settimana sono stato a Berlino, a Bruxelles (di passaggio, per una notte) e a Lille. You know why.
Se a Berlino avevo la sicurezza di trovarmi in un luogo dove andrei a vivere senza esitazioni, per quell’aria cosmopolita e all’avanguardia che regna sovrana e un’apertura mentale anticonformista che allontana qualsiasi pregiudizio e lascia spazio alla creatività, ho contato i giorni per la trasferta a Lille.
Città mai vista, Paese per cui nutro la stessa simpatia che posso provare per la fila in autostrada, ma soprattutto un nuovo concetto di evento legato alla pallacanestro.
Il basket dentro ad uno stadio da calcio, qualcosa che avevo visto finora solo nel College Basket o in occasione di un All Star Game a Dallas; stadi da football americano in questi casi.
Venerdì 11 Settembre, partenza da Bologna per Charleroi con la affidabilissima Ryan Air: per ogni nuvola una turbolenza, appena si chiude un occhio e Morfeo chiama, ecco il carrello delle bevande, quello del cibo (non fate come me qualche anno fa, non provate MAI l’hamburger), il gratta & vinci, i profumi.
La trombetta per festeggiare l’arrivo in orario suona come beffa, gli applausi per l’atterraggio fa sperare nei Maya.
Macchina a noleggio e via per Bruxelles, una notte per godersi le vie del centro, l’abbraccio della Grand Place, il cioccolato e la birra. Tanta birra.
L’indomani la sveglia suona alle 7.30, la notte prima ho commesso l’errore di seguire le semifinali degli US Open in condizioni rivedibili. 3 tazze di caffè americano aiutano, l’attesa per arrivare a Lille cancella ogni traccia di stanchezza residua.
Un’oretta e mezza dopo siamo in hotel, davanti alla stazione centrale: alla reception noto il timetable per le partenze verso lo stadio con il Pullman VIP. Mi guardo subito d’attorno come un Enrico Papi qualunque in cerca di qualche volto famoso, niente da fare.
Ore 11.15:
lo stadio Pierre Maroy dista 15 minuti di macchina dal centro di Lille, si presenta come un’enorme astronave ultramoderna. Il parcheggio nella zona più vicina costa 15 euro al giorno, se penso che a Bologna per una partita della Virtus se ne spendono 5…
Bandiere francesi, bandiere francesi ovunque anche se i transalpini giocheranno tra 9 ore. Sul lato lungo dello stadio, all’esterno, sfilano uno attaccato all’altro Subway (famosissima catena americana di panini, che consiglio vivamente) e altri negozi di specialità mangerecce. Birra a 4 euro, sloveni ubriachi prima di tifare la propria squadra.
Camminiamo rapidamente verso l’ingresso del nostro settore, non so perchè ma ogni volta che sto per entrare “al palazzo” mi emoziono. Sulla sinistra, appena dopo il controllo della sicurezza, un giochino della BEKO: devi fare canestro in secchielli simil-lavatrici. Non si vince NIENTE, ecco perchè non c’è mai fila.
A pochi metri un negozio con in vendita le riproduzioni delle maglie di Francia, Serbia e Finlandia (quelle sponsorizzate Peak insomma) oltre ai palloni ufficiali del torneo, anche in versione mini.
I bar sono ovunque, servono le bevande in un bicchiere stupendo litografato per l’occasione. In due giorni ne ho presi così tanti da rifarmi l’ ”argenteria”.
La prima sensazione che provo una volta scostato il sipario è…disorientamento. E’ enorme, onestamente è abbastanza impersonale ma è normale. Non è un palazzo dello sport. 2 giga schermi su ogni lato lungo, uno sul lato corto, il tabellone (piccolo) in mezzo. Il campo da basket illuminato a giorno e le tribune al buio.
Fa freddo.
Non sto a parlare qui delle partite, tanto le abbiamo viste tutte e ci siamo fatti le nostre idee. Parlo più volentieri dei tifosi:
- LETTONIA: pochini, esultano abbastanza composti. Sulla vittoria però impazziscono tutti tirando fuori bandiere da ogni dove.
- SLOVENIA: sorprendentemente pochi, oggettivamente ci credevano poco e la trasferta comunque costicchia. Quei pochi che ci sono bevono come se non ci fosse un domani.
- GRECIA: tanti, non credevo onestamente. Vicino a me si siedono 3 ragazze greche di bell’aspetto. I controlli all’interno dello stadio sono rigidissimi, è impossibile scendere in parterre o sul lato lungo (noi eravamo dietro il canestro in tribuna alta). Le ragazze vanno dalla maschera, che sorride…10 minuti dopo le vedo in prima fila a fare selfie con Papanikolau dietro. Hanno vinto loro.
- BELGIO: c’è nessuno…uno..uno..uno…
- SPAGNA: tutti davanti alla tv a casa loro (dati che superano sempre i 2 milioni), in Francia giusto una cinquantina. E’ sempre così, anche in Slovenia erano più turisti che tifosi.
- POLONIA: fanno baldoria con tutti, l’alleanza con la Lituania è come vedere il Dream Team degli ubriaconi. Tutto il palazzo intona i loro cori perchè tra Francia e Spagna non corre proprio buon sangue.
- FRANCIA: penso ci sia poco da dire, la marsigliese canta da 26mila persone sventolando altrettante bandierine è un’emozione che non dimenticherò mai. E’ un Paese intero che trascina una squadra già forte verso la vittoria. Dura fermarli.
- TURCHIA: tutti rimasti a Berlino e Istanbul.
La sveglia della Domenica è un pelo più accomodante, fatto sta che alle 11 ci troviamo di nuovo dentro allo stadio, è come se fosse una gigantesca calamita che non ci permette di fare altro.
Se per il primo giorno l’emozione che mi ha trasmesso il pubblico francese è stata travolgente, per la domenica è la simpatia dei tifosi lituani a rendere la giornata assolutamente indimenticabile. Andiamo con ordine però:
- CROAZIA: ci sono, ci credono, ci credono sicuramente più dei loro giocatori. Nonostante tamburi e cori fino alla fine, la tristezza di una disfatta inattesa (ma non impronosticabile dopo il girone) fa spazio tra la torcida croata.
- REPUBBLICA CECA: non tanti ma “tamburo.dotati”, si vede che le gesta di Vesely e Satoransky hanno colpito gli appassionati. La loro squadra non li delude, dalla fine della partita a tarda serata ne ho sempre visti almeno 2 al bar.
- FINLANDIA: mi aspettavo l’invasione, sono rimasto delusissimo. OK che la loro squadra contro la Serbia era spacciata, ma da Montpellier (dove erano in 5mila) a Lille speravo nell’esodo. Idolo il tifoso col gilet aperto a torso nudo che ha urlato tutto il tempo.
- SERBIA: almeno in 2mila, consapevoli di poter star lì una settimana intera. Contro la Finlandia hanno fatto le prove generali di tifo (che si è visto bene a Berlino). Dalla prossima fase, o forse ancora di più dalle semifinali, me ne aspetto il doppio.
- ITALIA: magnifici i ragazzi da Brindisi in prima fila, tanti altri tifosi sparsi per il palazzo, Uno stalker che sa dove alloggiano i ragazzi, a che ora escono, fanno colazione…un pazzo insomma. Domenica ce n’era un centinaio probabilmente, chissà se….
- ISRAELE: una decina ad esagerare, presenza anonima sugli spalti così come sul campo.
- GEORGIA: una cinquantina, quasi tutti in parterre (alla faccia della crisi). Tifano e sono rumorosi, applaudono i loro beniamini anche dopo la sconfitta.
- LITUANIA: mi sono tenuto il meglio per ultimo. La domenica fuori piove e fa freddo, il centro commerciale a pochi metri dallo stadio è chiuso. La gente si guarda in giro persa, ma non i ragazzi lituani. Un gruppo è fradicio, e non certo per la pioggia, dentro ad un ristorante prospicente ad un ingresso. C’è una band che suona i tamburi, loro non ci mettono molto a creare un trenino molestissimo intonando le note di “Seven Nation Army”. All’inizio del match sono ovunque, ci dobbiamo spostare perchè nessuno si mette a sedere.
- Barcollano tutti. Il colpo d’occhio è più “verde” che mai: ci saranno 5mila tifosi. Come scrivevo prima, i controlli sono molto rigidi, ma ai lituani non interessa: provano in mille modi a scavalcare per scendere in parterre. Due tifosi si mettono d’accordo: uno distrae la maschera,l’altro passa. Niente da fare, ma quante risate. La partita finisce, la Lituania vince e tutti al KFC a poche centinaia di metri dallo stadio a smaltire la sbornia.
Lunedì è tempo di partire, c’è il tempo di fare un giro per il centro. Città che offre pochino se non ristoranti, qualche via pittoresca e una cattedrale abbastanza anonima. Incontriamo tutti i giocatori della Serbia a far colazione, un Petrucci disperato per la noia di una giornata di transizione, il coach della Lettonia affamato, Janicenocks e Blums che bevono un caffè.
La Fan Zone davanti al Museo di Arte Moderna però è notevole: due campi da basket col cesto di palloni in mezzo per fare due tiri a ogni ora, un maxischermo che trasmette le partite e i servizi sulle squadre, uno stand che vende la maglia della Francia e alcuni per mangiare e bere. Basta poco per soddisfare un appassionato.
Finisce così una 4 giorni indimenticabile, un clash di emozioni cestistiche e non, tra odori e colori di una città e delle nazioni degnamente rappresentate dai propri tifosi. Un clima di festa e di grandissima educazione che rende merito ad uno sport nobile di per sè.
Non si sa ancora dove sarà Eurobasket 2017, ma state pur certi che il sottoscritto ha già la valigia pronta.