di Roberto Gennari
copertina di BatMattz
Presente. Passato. Futuro. Flashback. Flashforward. Campi lunghi cinematografici. Primi piani di facce esultanti. Controcampi. Volti delusi. Volti impassibili. Volti da cinema. Movenze da ballerino. Vittorie memorabili. Sconfitte brucianti. Quando Dwyane Wade ha iniziato a farsi notare nel mondo del basket mondiale era il compagno di backcourt di Travis Diener a Marquette. Di Diener, i ricordi più nitidi che ho sono una partita di Sassari in cui AlaDiener distrusse Siena al PalaEstra con 33 punti e 6 assist, e lui che canta l’inno italiano un po’ alla meglio in una partita degli Europei. Se invece apro il libro dei ricordi di Dwyane Wade, scopro che è un fiume in piena, che mi accompagna da quando ero un giovane studente alle prese con la tesi di laurea, avevo un cellulare che non era uno smartphone, un modem a 56k, nei supermercati c’erano ancora i doppi prezzi in lire ed euro, Josh Beckett guidava i Florida Marlins ad una insperata vittoria nelle World Series, e nelle finali scudetto della pallacanestro italiana c’era praticamente sempre una squadra di Bologna. Così ho provato a metterli in fila, senza pretesa di esaustività, solo un modo come un altro per fissare – più che altro nel cuore – alcune cose di cui non mi vorrò mai dimenticare.
26 giugno 2003
È la notte del draft NBA. David Stern, con l’aplomb di sempre e i suoi bigliettini in mano, Chiama LeBron James. Darko Milicic. Carmelo Anthony. Chris Bosh. E infine lui, Dwyane Wade, scelto dai Miami Heat. Quattro di queste cinque prime scelte vinceranno l’oro olimpico cinque anni dopo. Tre di loro giocheranno insieme sette anni dopo, proprio agli Heat. Pat Riley, accanto a lui, ha l’aria soddisfatta di chi sente di aver fatto una gran presa.
28 ottobre 2003
18 punti, 4 rimbalzi, 4 assist, 8-18 dal campo, 2-3 ai liberi, 5 palle perse. Miglior realizzatore dei Miami Heat, che venivano da una stagione da 25-57, quarto peggior record della Lega. In quintetto con lui, schierato più o meno da point guard, Eddie Jones, Lamar Odom, Udonis Haslem e Brian Grant. Avversario spinoso per lui, al debutto: i Sixers di un Allen Iverson da 26 punti e 11 assist. Arriva la sconfitta, la prima di sette consecutive con cui si aprirà la stagione di Miami.
7 aprile 2004
Miami batte in casa i Boston Celtics e per la prima volta dal 6 novembre 2001 ha un record in parità. D-Wade segna 16 punti con 8 rimbalzi, tira 5-12 dal campo e 6-8 ai liberi. Continua ad essere una specie di point guard per gli Heat, ma mette insieme 4 assist e 6 perse. Gli Heat, comunque, stanno per tornare ai playoff dopo due stagioni di assenza.
18 aprile 2004
Miami Heat vs. New Orleans Hornets. Gara 1. 79 pari, 11 secondi da giocare. Miami non vince una partita di postseason dal 17 maggio 2000, quando nello starting five degli Heat c’erano Tim Hardaway (che non era ancora Hardaway Sr.), Dan Majerle, Jamal Mashburn, PJ Brown e Alonzo Mourning. Nessuno di quei giocatori veste la maglia degli Heat, adesso. Stan Van Gundy decide che l’ultimo possesso deve essere gestito dal rookie, alla sua prima gara di playoff. Isolamento di Wade contro Baron Davis, il 3 di Miami va verso destra, poi incrocia il palleggio e si butta a centro area, il Barone è sbilanciato e l’aiuto di Magloire è tardivo. Arresto e tiro di Wade. Quando la palla entra ci sono solo 1.3 secondi da giocare. Miami vince la partita. Il 4 maggio vincerà la serie playoff, la prima dal 2000.
23 dicembre 2005
A Miami è tornato Alonzo Mourning. Nel frattempo sono arrivati Shaquille O’Neal, Gary Payton, Antoine Walker, James Posey, Jason Williams. Con la sconfitta subita dai New Jersey Nets, però, gli Heat sono a 15-12. Van Gundy se ne va, in panchina torna Pat Riley che dopo la stagione da 25-57 aveva detto basta come allenatore. Vincerà 41 delle 61 partite rimanenti. Poco più di sei mesi dopo, Miami approderà alle prime finali NBA della sua storia, contro i Dallas Mavericks, anch’essi esordienti al gran ballo finale.
13 giugno 2006
Siamo a South Beach con Dallas avanti 2-0 nella serie e 89-76 con sei minuti e mezzo da giocare. Wade fa click sull’interruttore, spegne il cervello e diventa una macchina da basket. In questi sei minuti e mezzo segna 12 punti e ruba il pallone decisivo all’ultimo possesso. Miami vince 98-96, il tabellino dice 42 punti e 13 rimbalzi per il numero 3.
18 giugno 2006
Si gioca gara-5, gli Heat hanno rimesso in piedi la serie dopo aver perso le prime due: il più classico dei pivotal games, e infatti nonostante Dallas abbia tentato un paio di allunghi, si arriva a inizio quarto quarto sul +1 Mavs. La schiacciata di Dampier a 10 secondi dalla fine manda Dallas sul 93-91, ma D-Wade ha in mente un altro finale. Canestro del pareggio con 2.8 secondi da giocare. 2-2 dalla lunetta per i liberi del 101-100 finale a 1.8 secondi dalla fine del supplementare. Gli Heat vanno in Texas sul 3-2. Per il ragazzo da South Side Chicago, a referto 43 punti con 21-25 dalla lunetta.
21 giugno 2006. Mattina presto, ora italiana.
Apro NBA.com prima delle otto di mattina, prima di andare in ufficio. La home page si apre con una grafica che dice “Miami Heat 2006 NBA Champions”. I 15 strongce l’hanno fatta per davvero, e la prima volta non si scorda mai. Per Wade 36 punti con 10 rimbalzi e titolo di MVP delle Finals. L’Italia di calcio ha 4 punti nel girone con Ghana, USA, Repubblica Ceca. Grosso non ha ancora segnato contro la Germania, Zidane non ha ancora dato una testata a Materazzi, sportivamente però è un mondo già quasi perfetto.
12 aprile 2009
Nella partita casalinga degli Heat contro i Knicks, Wade mette sei triple. Su dodici tentate. Poi fa 11-12 dalla lunetta. e 13-18 da due. Il totale ve lo faccio io: sono 55 punti. Career high. Tre giorni dopo si laureerà capocannoniere della NBA.
12 giugno 2011
Quel che è dato è reso. Stavolta è Dallas a vincere il titolo a Miami, cinque anni dopo il trionfo degli Heat in Texas. Depenniamo Jason Kidd e Dirk Nowitzki dalla lista dei grandissimi senza un titolo. Aggiorniamo a 2 lo score di finali NBA perse da LeBron James. La sconfitta forse più cocente della carriera di Flash, in una serie equilibratissima e bellissima. Che lui gioca ad altissimi livelli: 26.5 ppg, 7.0 rimbalzi, 5.2 assist, 1.5 recuperi, 1.5 stoppate col 54% dal campo. Se l’avessero spuntata gli Heat, sarebbe stato lui e non LeBron l’MVP delle finali.
Interludio. 20 settembre 2011
La NBA è in lockout dal primo luglio. Dwyane Wade è in prima, primissima fila nei faccia a faccia serrati di quei giorni con David Stern, e una soluzione sembra lungi dall’essere trovata. Alle 19:19 ora italiana divento padre, quando ancora l’accordo sembra lontano. Tre giorni dopo verranno cancellati i training camp e la preseason. Il mondo però mi sembra un posto migliore. Pregusto già il momento in cui farò vedere a mio figlio il DVD dei 15 strong, magari in lingua originale. In questi giorni di lockout, ho un pensiero ricorrente. Ho da poco compiuto 32 anni e sono appena diventato padre: chissà se riuscirò mai più ad amare un altro giocatore come sto amando Wade. Probabilmente no.
14 giugno 2012
Gli Heat hanno perso gara-1 contro gli Oklahoma City Thunder. In gara-2, Miami parte forte (20-5 il parziale di inizio partita) e sta per lunghi tratti con un vantaggio intorno ai 15 punti. I Thunder rientrano fino al -4 sull’81-85 con 6 minuti da giocare. Wade segna il jumper del nuovo +6, segna di nuovo per il +7 a meno di 3 minuti dalla fine, poi assiste Bosh per la schiacciata del 98-91. Perde una palla sanguinosa che grazie alla tripla di Durant fa rientrare i Thunder sul -2, ma Miami la porta a casa, pareggia la serie e non si volta più indietro. In queste Finals tutti gli occhi sono su LeBron James, ma D-Wade disputa 5 gare in cui scrive 22.6 di media, 6.0 rimbalzi, 5.2 assist. Non è il primo violino della squadra, ma porta a casa il suo secondo anello al termine di una serie finale di altissimo livello.
13 giugno 2013
I Miami Heat di James, Wade e Bosh sono sotto 1-2 contro i San Antonio Spurs di Duncan, Parker e Ginobili. Si prospetta una serie lunghissima. In gara-4, Wade scrive 32. Di cui 10 nel quarto quarto. In un lasso di tempo di 4 minuti e mezzo. Si accende quando gli Spurs sono sul -5 e si rimette in standby coi neroargento a -15. in questi 4 minuti e mezzo vediamo il Flash delle Finals 2006. 10 punti con 5-7 dal campo, un rimbalzo, due recuperi, un assist.
18 giugno 2013
I San Antonio Spurs sono avanti 94-89. LeBron tira una mattonata da tre. Wade tocca due volte il pallone a rimbalzo offensivo, Mike Miller è il più veloce di tutti e la riconsegna a LeBron che segna da tre. 94-92. Kawhi fa 1-2 dalla lunetta al possesso successivo. Miami attacca e San Antonio non fa fallo. Sulla tripla sbagliata da LeBron è Bosh a catturare il rimbalzo e servire Ray Allen per QUELLA tripla che tutti sappiamo, con la palla che frusta la retina e cade ai piedi di Wade. Overtime, vittoria Heat, si va a gara-7.
20 giugno 2013
Può un singolo canestro cambiare le sorti di un’intera stagione? Certo che può, le finali 2013 ne sono la prova. Grazie anche ai suoi 23 punti e 10 rimbalzi, Dwyane Wade e la truppa dei Miami Heat si mettono al dito l’anello di campioni NBA per il secondo anno consecutivo. Il terzo della franchigia.
19 marzo 2016
Nella vittoria degli Heat contro i Mighty Cavs, Wade raggiunge quota 20.000 punti segnati, tutti con la franchigia della Florida. Meno di quattro mesi dopo firmerà coi Chicago Bulls, la squadra di cui era tifoso fin da bambino. Ci resterà un anno soltanto.
27 settembre 2017
Il suo amico LeBron James è tra gli artefici del suo passaggio in maglia Cavs. Se ne va da Cleveland prima dell’All-Star Game dopo appena 46 partite giocate a 11,2 punti a partita. L’8 febbraio decide che per lui la cosa migliore da fare è tornare a South Beach, dove tutto ha avuto inizio. A Miami non la prendono affatto male, tanto che la Contea di Miami-Dade viene ribattezzata dai tifosi Miami-Wade County.
25 novembre 2018
Wade è il sesto uomo dei Miami Heat che faticano non poco in questo avvio di stagione, complice l’assenza sua e di Goran Dragic per quasi la metà delle partite. Contro i Raptors, decide che è giunto il momento di regalarsi un’altra notte da Flash. Uscendo dalla panchina, gioca 34 minuti e segna 35 punti. E 5 rimbalzi. E 6 assist. Gli infortuni gli hanno tolto gran parte dell’esplosività che aveva qualche anno fa, ma il talento non ne è intaccato, anzi, visto che non può più battere gli avversari uno contro uno in ogni possesso, si inventa tiratore. In questa partita e nella successiva, mette insieme un 10-13 da tre.
I canestri in acrobazia. Il palleggio arresto e tiro. Gli assist. Le stoppate, in quantità insospettabile per un giocatore della sua taglia – addirittura 106 nell’anno in cui vinse anche il titolo come miglior realizzatore. Il palleggio in mezzo alle gambe per sbilanciare il difensore, per sua stessa ammissione ispirato al movimento con cui Michael Jordan decise di mandare al bar Bryon Russell e segnare un canestro di una certa importanza contro gli Utah Jazz nel 1998. Il trentesimo posto nella classifica dei migliori realizzatori di ogni epoca, davanti a Clyde Drexler. Il decimo posto nei marcatori dei playoff. I 20670 punti in maglia Heat in 889 partite disputate con quella casacca, uniti a 5048 assist e 4245 rimbalzi. I 31357 minuti giocati con quella maglia addosso. Miglior realizzatore di Team USA alle Olimpiadi del 2008, con 27 punti in 27 minuti nella finale contro la Spagna dei Gasol Bros, di Juan Carlos Navarro, Ricky Rubio, Rudy Fernandez. Per me tifoso degli Heat da quando decisero di portare Sasha Danilovic in NBA, Wade e Alonzo Mourning sono già nel Pantheon degli dèi, dove staranno seduti insieme a sorseggiare ambrosia ricordandosi dei bei tempi andati.
Io non lo so se sono pronto a una pallacanestro senza la poesia nei movimenti di Dwyane Wade.
Forse non lo sarò mai.