Ciao La Giornata Tipo, ho una storia da raccontarvi, non si tratta di NBA o di serie A o B nazionale. E’ la storia di un campionato minore, femminile. Il basket per noi è anche questo.
Sardegna – Finale Campionato basket serie C femminile.
Premessa: L’azzurra basket femminile di Oristano milita da sempre nel campionato di Serie B regionale della Sardegna. Quest’anno però, a causa degli impegni lavorativi, universitari e scolastici abbiamo deciso, tra una pizzata di squadra e l’altra, che forse non era il caso di far sostenere alla nostra società l’ingente costo dell’iscrizione al campionato di serie B dato che, per i motivi sopra descritti, l’avremmo finita a fare gli unici due allenamenti della settimana in 5 ed arrivare a metà campionato con organico decimato.
Ci ritroviamo quindi in un pomeriggio quasi estivo, il 10 maggio 2015. Una classica giornata da ombrellone e mare. Dal finestrino della macchina, che mi porterà al punto di incontro per la partenza, vedo persone spiaggiate come se fosse un 10 agosto qualsiasi. Punto di incontro per dove? Finale del campionato di serie C. Abbiamo una finale da disputare, la prima della nostra “brillante” carriera sportiva. Non importa che sia un campionato di bocce, di hockey su prato tra anziani o di palla avvelenata. E’ una finale. Occorre essere tutte presenti. Dopo la vittoria in casa in gara 1 per il rassicurante punteggio di 72-35, ci apprestiamo a giocare gara 2 ovviamente in trasferta, destinazione Uta (se ve lo state chiedendo, è un sì, quasi come Utah.. proprio a Salt Lake City). Oristano-Uta, tempo stimato in macchina: 45 minuti circa. Un’ora e mezza è invece il tempo impiegato dal pullman che, per l’occasione, abbiamo deciso di affittare con lo scopo di costringere qualche disgraziato ad accompagnarci e avere così il numero sindacale minimo per vantare di avere al seguito qualcosa che somigli, almeno lontanamente, ad una tifoseria, nonostante i 35 gradi all’ombra che scoraggerebbero anche il tifoso più fedele e coraggioso. Quando si gioca in casa nostra solitamente il pubblico si aggira numericamente tra le cinque e le quindici persone, senza considerare che spesso alcuni sono lì perché giocano dopo di noi nella serie D maschile.
Capirete dunque come per noi l’aver affittato un pullman sia un traguardo quasi inarrivabile. Per onor di cronaca va segnalato che il folto gruppo di t-r-e-n-t-a-s-e-i malcapitati è composto da 12 giocatrici mentre i restanti si dividono tra genitori – che ancora non hanno abbandonato, probabilmente per compassione, le figlie ormai più che maggiorenni nelle trasferte – parenti, ragazze dell’under 15, una dirigente, un accompagnatore-co-allenatore-co-tutto storico che da ben 15 anni ci fa anche da autista e ben due coach, il primo è un neo acquisto arrivato proprio per questa stagione, l’altro ci ha conosciuto nel 2008, doveva rimanere solo in fase pre-campionato per la preparazione e invece è rimasto incastrato e non ci ha più lasciate.
L’autobus arriva: ma non è quello da 36 posti che avevamo deciso di noleggiare, all’ultimo non più disponibile. Arriva quello da 56. Va beh almeno stiamo comode.. Orario di partenza concordato: 16:45. Orario effettivo della partenza: le 17. Il ritardo accademico è una deformazione professionale. Autobus deserto pronto, manca solo la palla di fieno che rotola. Partiamo dal “Pala-Sa Rodia” di Oristano in 15 circa e poco dopo l’autista (palesemente infastidito e agitato per il quarto d’ora di ritardo) effettua una piccola sosta in un paese vicino, Marrubiu, per recuperare il resto della squadra, alcuni genitori, parenti vari e figli al seguito. Il viaggio scorre veloce, si fa per dire, perché l’atmosfera è quasi quella di una gita scolastica con in più una mamma, ingaggiata come fotografa, che passa tra i sedili ad offrire cibo per tutte. Del resto non si può mica giocare a digiuno. Arrivo un po’ problematico. Le dimensioni dell’autobus creano più di qualche difficoltà in una via poco vicina a quella della palestra. Alcune signore, molto divertite, ci salutano entusiaste, convinte forse di avere nel paese qualche squadra di prestigio.
Nel dubbio, gesticolando aiutano l’autista a fare manovra, probabilmente anche terrorizzate dal fatto che un errore avrebbe portato la fiancata del pullman (e noi) nel loro cortile.
Ingresso al palazzetto ore 18:15. Palla a due ore 19. L’entrata in campo è di quelle che rimangono impresse: ok la giornata estiva, ok che siamo in Sardegna, ok che iniziamo il riscaldamento… ma in questo posto non si respira. I gradi in palestra forse sono 30, percepiti 45. Neanche il tempo di fare l’urlo di rito vicino alla panchina (nonostante ci si metta d’accordo l’attimo prima, ognuna puntualmente, urla a caso quello che vuole. Il nome di Charlie, nostra compagna ferma causa crociato rotto, si capisce sempre) che la partita inizia.
Nei primi 2 minuti stranamente il coach non ci ha ancora insultato. Il pensiero di tutte è: stiamo giocando bene. Ci sbagliamo, e di molto pure. Nonostante il vantaggio, la partita è forse la peggiore, anzi leviamo il forse, è la peggiore mai giocata dall’inizio del campionato. Dal quarto minuto, è un susseguirsi di complimenti e dichiarazioni d’amore del coach. Si passa da incoraggiamenti come: “La sentite questa puzza di m***a? Siete voi che state facendo cagare”, all’incitamento per farci mantenere la calma “Cosa volete che gli arbitri ci fischino qualcosa a favore quando giocate in questo modo di m***a?”; per concludere – durante uno dei tanti minuti chiamati – con una verità solenne “Chiamo il minuto e non so cosa c***o dirvi, se giocaste da sole avreste più probabilità di perdere”.
L’mvp della partita è ovviamente l’arbitro, anzi gli arbitri, che, nonostante assegnino un fallo alla n°4, in realtà non al referto in nessuna delle due squadre, conducono un’ottima gara. Siamo sopra per tutti e quattro i tempi benché la partita sia “leggermente” distante dall’idea di spettacolare. Qualche parente tenta il suicidio in tribuna, qualcun altro cerca disperatamente un mezzo di trasporto per scappare e rientrare a casa anzitempo. Quelli che non hanno provato a levarsi la vita da sé, l’hanno rischiata a causa di un colpo di calore.
All’improvviso, fischio arbitrale. Il tabellone segna 38-48 per noi. No, non è la fine del secondo quarto come potrebbe sembrare, è finita la partita. Vinciamo il nostro primo campionato.
Le foto sono di rito così come l’esultanza al buio appena fuori dalla palestra con cori fai-da-te, video e tubi sparacoriandoli.
Il rientro ad Oristano è accompagnato da canzoni come Alghero, Fiki fiki, Maracaibo, Sugli sugli bane bane e altri grandi classici, insieme a circa dodicimila foto con parenti, allenatori e dirigenti che vengono presi in prestito per far finta di essere i genitori di alcune giocatrici, visto che alcuni dei veri si sono ben guardati dal voler intraprendere questa trasferta verso utaH.
Orario di rientro ad Oristano 22:45 e, ovviamente, ci sta la pizzata; la felicità dei camerieri che vedono arrivare 15 persone a quell’ora, è seconda solo a quella dello sportellista che vede entrare un cliente alle 13:29, quando l’ufficio chiude alle 13:30. Rientro a casa ore 01:00. La mattina successiva c’è chi si alzerà alle 5, chi poco più tardi, chi andrà a lavoro e chi a lezione.
L’anno prossimo non so se giocheremo la B, la C o se non saremo abbastanza per far fronte ad un’intera stagione, di qualsivoglia categoria, ma “indipendentemente dal discutibile livello del campionato (e anche del nostro) 22 vittorie su 22 parlano da sole. Siete state, siete e sarete sempre le migliori compagne che si possano desiderare.
Grazie Francesca Eleonora Adelasia Silvia Martina Elena Ilaria Carla Giulia Daniela Beatrice Manuela Federica Fabio Roberto e Bruno
scritto da Francesca Fois
Mi ricorda qualcosa…
Belle!
Belle e Brave 🙂
Belle e Brave 🙂