Come iniziare un articolo che racconti la storia di uno dei giocatori più emblematici, inebrianti, magnetici e rappresentativi dell’intero movimento FIBA (e non solo) nell’ultima decade e mezzo?

Ci sarebbero in questo caso davvero centinaia se non migliaia di canestri da citare, video da inserire, foto cui fare riferimento… Non é però da cose così che voglio partire: vorrei soffermarmi invece sul carattere e sulla personalità di Juan Carlos Navarro, al secolo “La Bomba”.

Il campione in questione é una delle persone più “private” che ci siano nell’ambiente, esempi ne siano il fatto che, dopo tutti questi anni, dentro di sé, é ancora un pò a disagio quando un fan gli chieda di scattare una foto insieme (ci terrei a sottolineare il termine “foto”, e non “selfie”) e non sorrida mai nelle istantanee in questione, oppure il fatto che poco dopo essersi fatto convincere ad avere un proprio sito ufficiale (e nonostante un notevole numero di click ed introiti tramite merchandising) ci abbia ripensato ed abbia preferito tirarlo giù. Questa componente é parte integrante del personaggio, come lui stesso ha voluto sottolineare energicamente quando, anche lì non dopo aver titubato, abbia accettato di scrivere la prefazione al libro (“Hablando en plata”) di Sergio Scariolo, suo coach in camiseta roja, nella quale evidenziava come fosse una persona estremamente privata e stesse facendo davvero una grandissima eccezione a figurare nel libro, dal momento che meno fosse comparso fuori dal parquet e meglio sarebbe stato.

Juan Carlos Navarro é uno di quei giocatori che ci ha abituato troppo bene: lo abbiamo sempre sentito nominare e si ha l’impressione che ci sia sempre stato. Credo che onestamente, su due piedi, almeno per una parte di noi (con ovvie differenze dovute alle fasce d’età delle persone in questione), sia difficile collocarlo a livello temporale.

Se vi faccio vedere questo video suo e di Pau Gasol che giocano nella cantera del Barcellona contro il CB Alcudia, che anno pensate che sia?

Qualche indizio cestistico: relativamente alle squadre, Siena si chiamava Fontanafredda e Roma era la Calze Pompea (quando ancora questi nomi “accattivanti” ci facevano strano e non ci eravamo abituati e/o rassegnati), mentre in termini di giocatori un giovincello all’epoca sconosciuto stava lasciando Bahia Blanca per la prima volta per tentare la fortuna a Reggio Calabria.

Non cestistici? A Mai dire Gol c’era Claudio Bisio, che col suo personaggio denominato “Micio” (losco procuratore di calciatori) faceva anni ed anni prima uno spaccato di ciò che sarebbe stata poi Calciopoli, e veniva lanciato un volto nuovo: tal Maurizio Crozza.
In estate si sarebbero tenuti i mondiali di calcio, Giorgio Napolitano faceva il ministro ed in tv passava il celebre spot “Martini Boy”, che suscitava scalpore per il suo mostrare parzialmente e per pochi attimi le terga di una Charlize Theron di marilyniana memoria.

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Avrete capito: era il 1998.

Nei 16 anni trascorsi da allora, l’ascesa del giovan Juan Carlos, che sarebbe ben presto divenuto il re cestistico di un’intera nazione, é stata costante e continua.

Con lo stesso compagno di merende, quel Pau Gasol che all’epoca si vedeva soffiare il cibo dal fratellino che era grosso più del doppio, il nostro avrebbe infatti nel 1999 vinto la medaglia d’oro ai Mondiali Juniores, dando il via ad una carriera con la quale si sarebbe tolto innumerevoli soddisfazioni a tinte azulgrana e non.

Da lì in poi, il palmares fa davvero impressione e parla per sé: 2 Euroleghe e 1 Korac, 8 scudetti, 6 coppe del Re, 4 supercoppe a livello di club; 2 argenti olimpici, un oro ai Mondiali, due ori, due argenti ed un bronzo Europei in nazionale.

A livello di riconoscimenti personali non ne parliamo poi: 7 inclusioni nell’Euroleague First Team nonché nell’Euroleague 2001-10 All Decade Team, 10 titoli di MVP nelle varie competizioni e 3 volte All-Europe Player of the Year.

Un giocatore così dominante in area Eurolega e FIBA, può non aver attirato le attenzioni degli scout a stelle e strisce?”, vi starete chiedendo.

La risposta é: “Certo che no!”. Selezionato alla numero 40 nel 2002 dai Washington Wizards, però, non se la sentì di affrontare il salto.

La titubanza ed i dubbi in tal senso furono vinti solo 5 anni dopo quando, conclusa la stagione come miglior marcatore dell’Eurolega, si fece convincere dallo stesso compagno di merende di una vita (sì, quel Pau Gasol di cui sopra, che nel frattempo si era evoluto nella versione che ricordi l’imitazione di Alberto Angela ad opera di Neri MarcoRé) a raggiungerlo in quel di Memphis, rinunciando ad una quantità quasi incresciosa di soldi per dimostrare che gli europei avrebbero potuto reggere botta in NBA non solo sotto le plance ma anche fuori dalla linea da 3.

Nell’agosto del 2007 infatti Juan Carlos firmò un contratto di 540.000$ (anche a causa dell’esosa clausola prevista dal Barcelona), circa il 70% in meno di quello che avrebbe potuto incassare in Catalogna (considerate il cambio con l’€ in tal senso), che lo collocava nella particolare top 10 dei giocatori meno pagati in NBA assieme a gente del calibro di Jamario Moon, Brandon Wallace, Cheick Samb, Sammy Mejia, Nick Fazekas, Josh McRoberts e Taurean Green.

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Come detto però, e come potrete facilmente immaginare, non furono certo i soldi il motivo per cui Juan Carlos decise di attraversare l’oceano e calcare i parquet a stelle e strisce. Le motivazioni erano ben altre, e lo portarono a riuscire a togliersi diverse soddisfazioni: esordio assoluto con 21 punti a referto, media punti in doppia cifra (10.9 per la precisione), il record eguagliato di triple messe a segno in una partita per un rookie (8 contro New Orleans), la standing ovation del Madison Square Garden, la partecipazione all’ASG per le matricole (14pt+4reb+4ass), l’inclusione nell’All-NBA Second Rookie Team e qualche altra.

 

Qualcosa però mancava tremendamente: non i soldi, non i minuti, ma la possibilità di giocare per vincere. La diversa competitività ed il numero di sconfitte, accettato quasi come se rispetto a potersi forgiare di una W non cambiasse poi granché, segnarono in negativo l’esperienza agli occhi della Bomba. Come se non bastasse e come se di motivi ne dovessero servire degli altri, arrivò poi la notizia che Pau sarebbe approdato presso nuovi lidi. Dopo aver dimostrato che avrebbe potuto dire la sua, re Juan Carlos decise di togliere il disturbo: ritorno a Barcellona (a cifre astronomiche, che non guastano) e rinuncia da parte di Memphis alla qualifying contract offer inizialmente offerta, con possibilità di far spazio per l’ingaggio di Allen Iverson.

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Tutti contenti quindi, no? Facile insinuare che sia tornato per motivi economici, ma, conoscendo il personaggio, si é più inclini a credere che quando abbia dichiarato che sarebbe tornato per fare la storia col Barcellona dicesse il vero. D’altronde, amichevole o no, uno così gioca per vincere.

Se oltreoceano non lo avevano capito a pieno e se, da quelle parti, qualcuno si fosse fatto sfiorare dall’idea che la Bomba avesse ripreso la strada di casa a causa di una presunta inadeguatezza, il nostro mise subito le cose in chiaro, alla prima occasione utile: il 18 ottobre 2008 allo Staples. I Lakers di Kobe Bryant (finalisti NBA nella precedente stagione) si imposero ma si ritrovarono sommersi da una pioggia di canestri di uno scatenato Juan Carlos, che in scioltezza ne mise a referto 34. Inadequate who?

Per i curiosi del caso, la stessa sfida avrebbe avuto luogo 2 anni dopo stavolta in un Palau San Jordi delle grandi occasioni, in cui i gialloviola freschi vincitori di anello avrebbero perso contro il Barcellona, guidato ancora una volta da La Bomba sugli scudi (25 per lui). Serve altro?
Negli anni a venire poi, come promesso, la storia l’ha fatta: altri titoli, altre soddisfazioni, altre magie, tutto col giusto senso della misura e senza mai un eccesso.

Le apparizioni ai #MondialiTipo potrebbero essere state le ultime occasioni di ammirarlo con indosso la canottiera della nazionale, che ha contribuito a rendere tra le più forti al mondo.

Come detto, Juan Carlos Navarro é uno di quei giocatori che ci ha abituato troppo bene: lo abbiamo sempre sentito nominare e c’é il rischio di darlo per scontato.

Riteniamoci fortunati ogni qualvolta possiamo godere degli arcobaleni disegnati dalle sue parabole (la famosa “lacrima” che tanti avversari si sono ritrovati a piangere al cospetto del re) o delle sue triple abituate ad accarezzare solo la retina (due suoi marchi di fabbrica).

 

Per concedere la sua partecipazione (per altro muta) ad un video ufficiale dell’Eurolega c’é stato bisogno di un evento eccezionale come l’esser diventato il giocatore con il più alto numero di presenze della storia nella manifestazione.

Come detto, godiamocelo finché possiamo.

3, 2, 1… Boom: Triplazo de La Bomba!

Signore e signori: Re JUAN CARLOS NAVARRO.

 

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Valerio D'Angelo

Ingegnere romano malato di palla a spicchi. Lavoro a WhatsApp (ex-Google, ex-Snap, ex-Facebook) e vivo a Dublino, in una nazione senza basket, dal 2011. Per rimediare ho scritto il libro "Basket: I Feel This Game", prefazione del Baso. Ho giocato a calcetto con Pippen e Poz, ho segnato su assist di Manu Ginobili, ho parlato in italiano con Kobe in diretta in una radio americana e mi e' stato chiesto un autografo a Madrid pensando fossi Sergio Rodriguez.

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