Dal gioco alla dipendenza il passo é corto…. Quante volte l’avete sentita questa frase? Ma soprattutto: quanto é corto in realtà questo passo?

 

E’ sabato mattina presto, molto presto – troppo. Mentre le persone normali dormono sto per postare, come faccio tutte le settimane, uno o due link nella chat de La Giornata Tipo: ho appena concluso il mio peregrinare virtuale sulle “baie elettroniche” delle varie nazioni e segnalo quelle che a mio parere sono canottiere degne di nota. Si va da una Alapag delle Filippine, ad una Sabonis dell’URSS, da una Oscar Schmidt del Brasile ad una Real Madrid dei tempi che furono con tanto di sponsor Parmalat.

Ebbene sì: all’interno della banda, sono quello fissato all’inverosimile con le jerseys (e con i memorabilia ma di questo secondo argomento, semmai, parleremo un’altra volta).
Tale usanza ha radici profonde: ma come sono arrivato a tanto?
Proverò a raccontarvelo in questo articolo, che vorrei cominciare parlandovi di un pomeriggio di 17 anni fa, precisamente quello in cui acquistai la mia prima e tanto agognata canotta.
Ad onor di cronaca ne possedevo già una: un enorme completino (canottiera e pantaloncino) di Jordan ai Bulls – la versione nera con righine rosse – che ero riuscito a strappare come regalo dopo aver dovuto vincere numerose perplessità e solo a patto che la taglia fosse così grossa da restare utilizzabile almeno per un biennio a venire.

Come detto, pero’, trattavasi di un presente e quindi, in quanto non acquistata da me, non conta.

Tornando a noi: era un afoso pomeriggio di Giugno 1999 e, dopo una temprante corsa su un incandescente bus dell’Atac, mi trovavo a passeggiare in via del Corso, nel centro di Roma.

Dove oggi sorge un enorme Adidas store (piccola curiosità: lo sapevate che, pur avendo tal Michael Jordan come testimonial tra le mani, l’alta dirigenza aziendale tedesca pose un veto sulla firma del contratto di sponsorizzazione perché “troppo basso” e “chi potrebbe mai esserne attratto? Non é un centro, bisogna puntare sui lunghi…”),

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Come sarebbe stato MJ con le 3 stripes dell’Adidas

quando ancora i grandi brands non avevano i propri imponenti negozi posizionati capillarmente nelle zone più strategiche del territorio, sorgeva un ben più alla mano e “nostrano” Cisalfa.

Non lasciatevi ingannare dagli aggettivi pero’, in quanto il negozio in questione era top di settore: specializzato nella vendita di articoli sportivi per tutte le discipline, si snodava su più piani e si divertiva a riservare ben meno spazio di quello che ogni volta mi sarei aspettato allo sport per il quale tutti andiamo matti.

Al piano -1, bello nascosto, c’era un espositore con una ventina di canotte da basket: prevalentemente la classica Jordan ai Bulls e la Barkley ai Suns. In mezzo a tutto quel bianco pero’, a ben guardare, si scorgeva del blu: con mio grande stupore, c’era una jersey di Kevin Garnett ai T’Wolves (all’epoca lo ammiravo tantissimo, ho cambiato idea poi dopo averlo incontrato nel 2008…) che avevo in precedenza provato a cercare in un negozio specializzato il quale, data la sua rarità, se la faceva pagare cara.
La cosa più stupefacente era la differenza di prezzo: Chicago e Phoenix al prezzo standard di 50.000Lire, Minnesota solo 28.000Lire.

“28.000 Lire… Ma che, sul serio?” “Eh.”
“28.000 Lire… Ma che, sul serio?” “Eh.”

Invece di star zitto, per non rischiare la figuraccia alla cassa dove nel caso in cui il prezzo fosse stato sbagliato me ne sarei dovuto andare a testa bassa ammettendo di non poter acquistare l’oggetto, preferii giocare d’anticipo e controllare: “Scusa, mi puoi confermare il prezzo di questa?”, feci ad un commesso.
Fu allora che il dipendente, con fare alquanto spaccone, si girò verso di me e fece: “E certo! Che non lo sai? Le altre costano di più perché sono più recenti. Questa é quella più vecchia e perciò é scontata. Si vede che non ne capisci di NBA, eh ragazzì?”.

Senza battere ciglio, incassai la bullesca ma vantaggiosa risposta (Jordan e Barkley entrambi con le scarpe appese al chiodo, con le loro canottiere reperibili ovunque, mentre KG decisamente on the rise e con la stessa divisa in vendita altrove a più del triplo del prezzo) e mi portai a casa il primissimo pezzo di quella che poi sarebbe diventata una collezione un pelino esagerata.

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Fu quella la scintilla.

Mi sarebbe ovviamente piaciuto già da prima avere una collezione di jerseys (non aspettavo certo di dover incontrare un commesso spocchioso per decidermi!) ma in quel momento maturai la consapevolezza del fatto che, nonostante l’assenza di budget, con qualche espediente e con un po’ di oculatezza e lungimiranza, avrei potuto provare a “metterla su”.
Fu così che quindi che, negli anni successivi, misi su un sistema col quale avrei di fatto “trafficato” canottiere: comprando, scambiando e vendendo avrei dovuto incassare guadagni tali da permettermi di poterne tenere alcune per me (ovvero accumulare canotte senza di fatto andare in rosso).

Questi i principali espedienti o fattori per poterlo fare: l’introduzione delle carte di debito (avere a disposizione un simile mezzo per poter effettuare transazioni mediante Paypal o simili pur non avendo un conto in banca mio fu a dir poco cruciale) e la conoscenza del “mercato” (principalmente riassumibile nei seguenti due punti: cavalcare il fatto che in Italia l’unica marca disponibile fosse sempre e solo Champion, mentre negli USA brand che solleticavano maggiormente la fantasia dei tifosi come ad esempio la Nike erano già considerati vecchi in virtù degli avvicendamenti contrattuali, e similmente tentare di massimizzare il fatto che in Italia le canotte disponibili fossero sempre e sempre le stesse sia in termini di squadre che di giocatori).

Prima di proseguire con delle menzioni relative ai vari trends e diversi periodi di fissazione avuti nel corso degli anni (che possono darvi un’idea delle jerseys più strampalate in circolazione ed al contempo implicitamente sfidarvi nello sfoderarne e tirarne fuori una ancora meno comune voi stessi) ecco una sorta di decalogo, una carrellata in ordine sparso di alcune cose da tenere a mente nell’acquistare e tentare di reperire una particolare jersey:

 

  1. se adocchiate un pezzo che vi interessa ad esempio su una famosa piattaforma di aste on-line e se cedete alla tentazione di risparmiare sul costo ed accordarvi col venditore (che così facendo vuole evitare di dover pagare commissioni) fuori dalla piattaforma stessa, tenete sempre a mente che state prendendo un rischio: una simile scelta, per transazioni di questo tipo, vi inibisce la possibilità di avere una terza parte a garanzia nel caso in cui qualcosa vada storto, e le possibilità di ricevere l’oggetto si assottigliano,
  2. similmente, è sconsigliato pagare ricaricando direttamente una carta di debito: è un metodo apertamente proibito dalla quasi totalità dei siti ed è quello che di fatto azzera le vostre chances di recuperare il maltolto dovesse qualcosa non andare per il verso giusto,
  3. se scegliete come metodo di spedizione ‘Posta Prioritaria’, essendo una tipologia che non prevede alcuna ricevuta o evidenza di avvenuto invio, rischiate di non ricevere niente e non potervi appellare a nulla: il consiglio è di optare sempre come minimo per ‘Posta Raccomandata’,
  4. il fatto che esista un NBA Store Europeo (http://www.nbastore.eu/) non significa che dall’Italia e dall’Europa si debba acquistare obbligatoriamente su quello e non lo si possa fare direttamente da quello Americano (http://store.nba.com/) che, per una serie di ragioni, dispone di una gamma ben più vasta,
  5. canottiere di squadre e giocatori NBA si trovano spesso anche altrove on-line a cifre “sensibilmente” (…) più modiche di quelle ufficiali ma, guardando il prezzo medio, fossi in voi, mi chiederei il perché della differenza col mondo reale… (sullo stesso argomento, si veda il punto 6),
  6. sempre in tema Lega a stelle e strisce, per tutti coloro che ogni tanto chiedono: “ma il sito cheapoutletnbajerseysfake.stocazzo (nuovo famosissimo tld) ha cose originali? Avete esperienze?”, la combo tra le fattezze del sito medio e soprattutto la presenza di parole chiave come ‘cheap’, ‘fake’ & co. nei nomi di dominio dovrebbero dirvi già più di qualcosa,
  7. se volete avventurarvi nell’acquistare invece una canotta “indossata in partita” o “game worn”, ci sono una serie di cose che potete verificare per provare ad appurare la veridicità della provenienza: cose basilari per evitare di farsi abbindolare sono taglia (ex: canotta indossata da George Muresan… taglia S) e presenza di stemmi della Lega in questione (Legabasket, ACB/Endesa, etc.) al posto giusto (se ci sono non vuol dire ancora nulla, ma se non ci sono…), ma soprattutto fattezza e carattere di nome e numero – chiedete ulteriori foto se in dubbio e guardate attentamente se gli stessi sono stati apposti in un secondo momento (ex: termo-adesivizzati)…
  8. sempre relativamente alle cosiddette “match worn”, il fatto che nell’inserzione ci sia scritto da qualche parte C.O.A. (ovvero Certificate of Authenticity) non è garanzia di nulla di per sé: a meno che il certificato non sia stato prodotto da professionisti del settore (es: Steiner), vale quanto un attestato di castità di Dennis Rodman. Il ritrovarvi tra le mani un pezzo di carta amatoriale con quella sigla incisa sopra è non serve a nulla, a quel punto possiamo farvene pervenire uno noi scritto a penna su carta igienica,
  9. abbiamo favellato a lungo di NBA, ma se volete invece acquistare canotte delle Nazionali, la vostra best bet è quella di armarvi di pazienza e di translator ed imparare come si dice “Shop” o “Store” nelle varie lingue: way to go sono i siti delle rispettive Federazioni Nazionali (dall’Islanda alla Slovenia, dalla Germania alla Finlandia, etc.) – esempio: ,
  10. se invece, infine, “FIBA is your thing”, oltre a provare sui siti ufficiali delle società (solo la minoranza però dispongono di merchandising) ci si può affidare ad un paio di siti rispettabili on-line, come ad esempio http://www.madbasket.es/ oltre sempre sottovalutato o poco reclamizzato (dal mio punto di vista) store ufficiale dell’Eurolega https://www.euroleaguestore.net/.

 

Sperando che questi consigli vi siano utili, e tornando ai vari periodi e relative “fisse”, l’esempio probabilmente più emblematico é quello di Manu Ginobili: con le pseudo-tecniche appena citate, importai la prima canottiera degli Spurs con il #20 mai vista sulla ‘baia elettronica’ italiana e, con la differenza guadagnata nel rivenderla, potei permettermene una anche per me.

Diciamo che quando si tratta di questo giocatore in particolare, mi sono abbastanza dato da fare (da notare quella rarissima dell’All Star Game di Denver 2006, quando sia io che lui disponevamo ancora di una folta chioma):

Giusto qualche canotta di Ginobili…
Giusto qualche canotta di Ginobili…

Sicuramente un mio grosso pallino é sempre stato quello dei giocatori di scuola FIBA poi sbarcati nella lega a stelle e strisce. Oltre all’ovviamente già citato argentino di Bahia Blanca, esempi più classici di canotte di questo stampo delle quali “non ho potuto fare a meno” sono quella di re Juan Carlos Navarro a Memphis, Sarunas Jasikevicius ad Indiana e Scola a Houston (mentre sempre dei razzi mi cruccio di non avere la numero 10 di un tale Vassilis Spanoulis).

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Inutile segnalare come poi a maggior ragione, una volta sdoganata la presenza dei nostri connazionali nella National Basketball Association, le relative canotte siano state subito un must: la primissima “Bargnani” a Toronto comparsa negli USA (una modica taglia 56 americana, utilizzabile tranquillamente come tovaglia per il tavolo esteso per il pranzo di Natale), già più facile da reperire in virtù della prima chiamata assoluta al draft, seguita poi da un vero e proprio capolavoro, ovvero la primissima canottiera di Golden State di Marco Belinelli. Presunta throwback, arrivata dritta dritta dall’Asia già in Agosto, si rivelò autentica quanto gli incontri di wrestling in cui han preso parte il Postino ed il Verme e me la dovettero sostituire perché arrivo con una “L” di troppo, come potete vedere qui sotto.

Trova l’errore…
Trova l’errore…

Quando gliela mostrai  (quella giusta, con 3 “L” e non 4) in occasione dell’amichevole Italia – Grecia ad ingresso gratuito disputata al PalaLottomatica a fine Agosto a Roma, si sorprese non poco anche il diretto interessato (non ne aveva ancora mai vista una, e non ne avrebbe viste per qualche mese ancora). Quando poi capii l’andazzo di quante squadre avrebbe cambiato prima di trovare la sua dimensione definitiva da sperone, rinunciai per forza di cose all’obiettivo di avere una replica di ogni canotta indossata da un italiano nella NBA (non ci sarei riuscito in ogni caso d’altro canto, visto che quella del Rusconi nazionale non é mai stata riprodotta).

Va da sé ovviamente che, una volta affetti da un simile morbo, una delle deviazioni più scontate (prevedibile quasi come un “Non é un tiratore!” di Franco Lauro che, nel battezzare il nostro sconosciuto avversario di turno, ci condannava a due se non tre punti facili sul groppone) é quella di cercare un souvenir cestistico in ogni location che si visiti, nella fattispecie la canotta della nazionale o di un club: é stato così per me in Spagna (Barcellona e Real Madrid), Grecia (Hellas) e Germania (Deutschland).

Pur non avendo avuto modo di visitare né SloveniaBosnia, pero’, pareva brutto lasciar fuori dei simili gioiellini: come fare a meno della canotta Spalding bianca e verde mela fieramente targata Spar (lascio immaginare a voi le innumerevoli occasioni di gala in cui la si possa se non debba sfoggiare) o di quella del Mirza nazionale?

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Per concludere infine l’ultima tipologia di canotte, prevalente nel recente periodo come é fisiologico che sia dato che si iniziando ad avere una qual certa età, é quella dell’amarcord, nostalgica.

Ne fanno parte canotte come le seguenti: quella di Dejan della Jugoslavia, quella di Danilovic alla Virtus, quella di Myers dell’Italia 1998, quella di Pozzecco a Varese o addirittura del Baso a Reggio Emilia e persino Le Roi Rigaudeau allo Cholet.

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Siamo seri: chi potrebbe acquistare una canottiera simile se non affetto da qualche specifico “disturbo”?

[P.S.: se uno sta proprio fuori di testa poi, c’è tutto il capitolo dei #MemorabiliaTipo, che in questa sede vi risparmio…]

Nel frattempo a voi la parola: quale é la canottiera della quale andate più fieri? E quella della quale invece vi siete pentiti? Ma soprattutto: quale la jersey più ignorante che avete mai visto (e/o posseduto)?

Tenetevi pronti ad eleggere a furor di popolo la #CanottaTipo.

Nel caso in cui ve lo stiate ancora chiedendo, comunque, il passo di cui si diceva in apertura é corto, ma proprio corto corto.

 

di Valerio D’Angelo

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Valerio D'Angelo

Ingegnere romano malato di palla a spicchi. Lavoro a WhatsApp (ex-Google, ex-Snap, ex-Facebook) e vivo a Dublino, in una nazione senza basket, dal 2011. Per rimediare ho scritto il libro "Basket: I Feel This Game", prefazione del Baso. Ho giocato a calcetto con Pippen e Poz, ho segnato su assist di Manu Ginobili, ho parlato in italiano con Kobe in diretta in una radio americana e mi e' stato chiesto un autografo a Madrid pensando fossi Sergio Rodriguez.

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